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  • I Ferrinis danno voce a chi parte senza spezzare il legame con la propria terra

    Si può essere lontani, ma mai davvero distanti. Alcuni legami resistono al tempo, ai chilometri e ai cambiamenti. “Aspettami”, il nuovo singolo dei Ferrinis, è il racconto di un viaggio, di una promessa mantenuta nonostante le partenze. Il duo forlivese, che ha conquistato pubblico e critica con un sound dinamico e testi che sono lo specchio della società in cui viviamo, torna con il terzo estratto dal loro prossimo album “Twins”.

    Se con “Coca e Malibù” hanno denunciato l’ossessione per l’apparenza e il senso di vuoto generato dalla cultura dell’immagine, e con “Lussuria e Desiderio” hanno affrontato senza filtri il tradimento, non limitandosi a evocare passioni proibite ma restituendo una fotografia lucida di una crisi relazionale diffusa e documentata, Maicol e Mattia, con “Aspettami”, cambiano registro, senza rinunciare alla loro cifra stilistica: si concentrano sulla resistenza degli affetti, sul valore di chi resta e di chi va via senza dimenticare da dove viene.

    Più che una semplice ballata, “Aspettami” è il ritratto di una generazione in movimento, alla ricerca di nuovi orizzonti con un filo invisibile che la riporta sempre a casa. Una generazione che, dati alla mano, continua a spostarsi, ma sceglie di non recidere mai il legame con le proprie origini. Secondo un recente report dell’ISTAT, negli ultimi dieci anni il numero di giovani italiani che si sono trasferiti all’estero è aumentato del 30%, un fenomeno che racconta le ambizioni di chi cerca altrove opportunità che spesso mancano nel proprio paese, ma anche la nostalgia di chi parte portandosi dietro il peso – e la bellezza – delle proprie radici.

    Lontani per necessità, ma vicini per volontà. Il viaggio, in “Aspettami”, non è solo una decisione, ma una condizione sempre più comune. Se un tempo vivere altrove significava chiudere un capitolo, oggi la distanza non spezza, ma ridefinisce i rapporti. I giovani italiani che scelgono di trasferirsi non si allontanano davvero: restano legati alla propria terra, la portano con sé nelle abitudini, nella lingua, nella musica. I Ferrinis raccontano questo bisogno di andare oltre senza dimenticare ciò che ci ha formati in uno dei versi più rappresentativi del brano: «Cresciuti in questo posto in periferia che ci sembrava stretto, sognando di cambiare tutto.» Un frammento di vita reale, il ritratto di chi guarda avanti senza perdere ciò che lo definisce.

    “Aspettami” è un’istantanea di questa realtà: il ritornello, «Aspettami dove sorge il sole, dopo una notte da ricordare, con una storia da raccontare» – racchiude l’essenza di una promessa. Quella di riconoscersi, nonostante la distanza, il tempo e i cambiamenti.

    Le comunità italiane all’estero crescono e si rafforzano, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione e alla volontà di mantenere viva l’identità culturale. Dall’aumento di festival italiani in giro per il mondo, alla crescita delle comunità digitali di expat, fino al ritorno alle tradizioni da parte di chi vive fuori, il senso di appartenenza si esprime in modi nuovi, più dinamici e consapevoli.

    E la musica, che è da sempre il linguaggio del dinamismo generazionale, è la forma d’arte perfetta per raccontare questo legame sospeso tra sogni e radici. Se in passato le canzoni di emigrazione raccontavano nostalgia e malinconia, ora si fanno portavoce di una nuova consapevolezza: quella di chi sceglie di esplorare nuovi sentieri, ma non si sente mai davvero lontano da quello originario. I Ferrinis riescono a tradurre questa condizione con un linguaggio immediato, privo di retorica, restituendo un’idea di distanza che non divide, ma unisce.

    Un brano come “Aspettami” non parla solo di chi va via, ma anche di chi rimane. Di chi aspetta un ritorno, di chi tiene vivo un legame anche quando le coordinate cambiano. È un messaggio che mai come oggi echeggia forte, in un’epoca in cui il concetto di “casa” è sempre più fluido e il senso di comunità non è più solo geografico, ma identitario.

    «Quando parti, pensi che tutto resti uguale – spiegano Maicol e Mattia Ferrini -, ma quando torni ti accorgi che anche le persone cambiano. Noi volevamo raccontare quella sensazione di straniamento, ma anche la certezza che certi legami restano indissolubili. Ci sono rapporti che vanno oltre il tempo e lo spazio: quelli che, anche a distanza, continuano a farti sentire a casa.»

    I Ferrinis non inseguono tendenze, ma percorrono un tragitto chiaro, basato su una cifra musicale riconoscibile e una scrittura che parla in modo diretto al pubblico. La loro capacità di unire melodia e storytelling li ha resi una delle realtà più interessanti del panorama musicale italiano, e “Aspettami”, non si limita a un discorso discografico, ma si fa linguaggio ed emblema di un’epoca, il punto di contatto con chi vive la propria evoluzione senza dimenticare chi è davvero, tra chi cambia e chi resta fedele a sé stesso.

    Il singolo, accompagnato dal videoclip ufficiale – girato al Misano World Circuit Marco Simoncelli sotto la direzione di Alessandro Murdaca e in uscita venerdì 28 marzo – anticipa “Twins”, secondo progetto full length del duo che raccoglierà dieci tracce, ognuna con una direzione ben definita. Un progetto che va oltre la semplice sequenza di brani, costruendo un percorso sonoro e narrativo in equilibrio tra elettronica e pop. Gli arrangiamenti non cercano la superficie, ma la sostanza, puntando a un impatto che resta anche dopo l’ultimo ascolto.

    «Con “Twins” vogliamo raccontare le nostre esperienze, le nostre sensazioni, il nostro modo di vedere il mondo – concludono i Ferrinis -. Ogni canzone è un pezzo di noi.»

    “Aspettami” è un manifesto di appartenenza, una canzone parla a chi ha vissuto il distacco, ma sa che certi legami non si dissolvono. Perché chi è parte di noi non se ne va mai davvero.

  • Il mare come metafora del cambiamento: Ninfea e il significato di “Oltremare”, un EP per la generazione che non si ferma

    In Italia, il 65% dei giovani si sente in un periodo di transizione, sospeso tra sogni e paure, tra opportunità e incertezze. È un’intera generazione che cerca il proprio posto nel mondo, divisa tra il desiderio di stabilità e la necessità di reinventarsi. Un equilibrio fragile, che Ninfea cattura nel suo nuovo EP “Oltremare” (1901Studio). Sei tracce che ci portano all’istante esatto in cui smettiamo di guardarci indietro e scegliamo di partire. Un momento preciso in cui il peso delle ombre si dissolve e rimane solo il richiamo del mare. Non un punto di arrivo, ma un nuovo inizio.

    La giovane cantautrice calabrese d’adozione bergamasca, che ha incantato il pubblico ed è stata definita dalla critica “una voce angelica”, torna con la sua scrittura diretta e priva di retorica per raccontare storie in cui riconoscersi. Questo progetto ha il suono del cambiamento, ed è composto da brani che ci guidano, esortandoci ad attraversare il confine tra ciò che è stato e ciò che sarà, tra la paura di rimanere ancorati alle aspettative – proprie e altrui – e il coraggio di seguire i nostri desideri e le nostre ambizioni. La trasformazione, il passaggio tra chi si era e chi si vuole diventare. Senza artifici, Ninfea restituisce emozioni e paure del “diventare grandi”, rendendo tangibile il viaggio di crescita, un viaggio unico che non finisce mai ed accompagna ogni nostra scelta.

    Secondo un recente studio dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, il 65% della popolazione italiana tra i 18 e i 30 anni si sente in bilico tra possibilità e insicurezze, in cerca di una direzione chiara. Incertezze che si riflettono nelle scelte di vita, lavorative e personali, in un contesto sociale ed economico sempre più fluido, dove i giovani cercano nuovi modi per esprimere la propria identità e sentirsi rappresentati. Ninfea si dimostra capace di tradurre questa necessità in musica: in “Oltremare”, ogni canzone diventa una finestra aperta su emozioni reali, rese con una delicatezza che non rinuncia alla profondità. L’artista dà voce a una condizione collettiva, quella di chi sente di appartenere a un tempo che ancora non è definito.

    “Oltremare” è un concetto, una meta, una ripartenza: «Guarisco dalle ombre che ho qui dentro, luna piena. Sotterro tra le ceneri, illusi demoni», canta l’artista nella title track dell’EP, consegnando alla musica il potere di curare, di sciogliere i nodi del passato per lasciare spazio a una nuova direzione. Non è solo un viaggio, ma un rito di passaggio. Il peso delle ombre svanisce, lasciando spazio a una spinta inarrestabile: quella di proseguire, di andare avanti.

    «”Oltremare” è il mio punto di svolta – racconta Ninfea -. Ogni traccia è un frammento di strada percorsa, un passaggio che mi ha portata fin qui. Per molto tempo ho avuto la sensazione di essere sospesa, bloccata in un limbo tra ciò che ero e ciò che volevo diventare. Questo disco è la mia presa di coscienza, il momento in cui ho smesso di farmi domande e ho iniziato a camminare. Spero che chi lo ascolta possa ritrovarsi tra queste storie, sentirsi compreso e trovare il coraggio di scegliere la propria direzione.»

    Sei capitoli, un’unica storia, in un percorso tra memoria e futuro, dove ogni brano lascia all’ascoltatore la libertà di riconoscersi nelle sue sfumature. Sei prospettive diverse su quando tutto cambia e si è chiamati a scegliere: restare immobili o seguire il richiamo di qualcosa di nuovo, di sconosciuto, di inesplorato.

    Il disco, scritto e composto dalla stessa Ninfea in collaborazione con Mirko Bruno, prodotto da FJD (Francesco James Dini) e Luca Belotti e registrato presso la 1901 Factory di Alzano Lombardo (BG), si apre con “Oltre il Tempo”, dove l’amore si fa eterno e attraversa le epoche: «È cucito nell’universo questo nostro passaggio che non passa mai». Prosegue con “Viaggio Astrale”, un invito a lasciarsi andare e credere nelle possibilità del cambiamento: «Se ci credi tutto può accadere, come in un viaggio astrale». La title track, “Oltremare”, è accompagnata dal videoclip ufficiale e rappresenta il punto di svolta, il momento in cui si sceglie di andare avanti: «Mi vedo correre, ho bisogno di sentire, di volere e poi volare libera». Il percorso continua con “Stelle da Dipingere”, una riflessione su come il buio possa rivelare nuove prospettive, nuove possibilità di trasformare il dolore in una leva per proseguire il proprio cammino: «È solo grazie al buio se ho imparato che siamo stelle ancora da dipingere». “Dolceamara Eufonia” racconta la delicatezza di un addio, il confronto tra chi resta e chi sceglie di partire: «Tu che negli occhi mi specchi a metà e non vedi la mia fragilità». Infine, a chiudere il viaggio, “Elettrica (Demotape)”, una scarica di energia ribelle che porta con sé la sensazione di un nuovo inizio: «La tua iride è magnetica, ogni tuo sguardo mi solletica».

    “Oltremare” è un EP che suona come un atto di consapevolezza, raccontato attraverso una voce che non ha paura di mettersi a nudo e che non si limita a raccontare la sua storia, ma accompagna tutti coloro che ne stanno scrivendo una propria.

    A seguire, tracklist e track by track del disco.

    “Oltremare” – Tracklist:

    1. Oltre il tempo
    2. Vaggio Astrale
    3. Oltremare
    4. Stelle da dipingere
    5. Dolceamara Eufonia
    6. Elettrica (Demotape)

    “Oltremare” – Il disco raccontato dall’artista:

    Oltre il Tempo: questo brano racconta un amore che sfida le regole del tempo, un legame che esiste oltre le epoche. È una ballata intensa, che si muove tra ricordi e speranze future.

    Viaggio Astrale: un’immersione in un mondo sospeso tra sogno e realtà. Le sonorità eteree accompagnano un testo che invita a lasciarsi trasportare dalla propria intuizione, senza resistenze.

    Oltremare: il cuore dell’EP, un manifesto di cambiamento. Rappresenta il momento della svolta, quando si sceglie di ricominciare.

    Stelle da dipingere: un inno alla capacità di trovare luce anche nei momenti più bui. La produzione delicata enfatizza il contrasto tra oscurità e speranza.

    Dolceamara Eufonia: Un dialogo tra passato e presente, tra chi resta e chi sceglie di andare. La dolcezza della memoria e l’amarezza di ciò che non è stato si susseguono su una melodia a mezz’aria tra malinconia e incanto.

    Elettrica (Demotape): l’EP si chiude con una scarica di energia, un brano che celebra la libertà e l’istinto. Un pezzo diretto e vibrante, che lascia un senso di movimento e cambiamento.

    “Oltremare”, impreziosito dalla partecipazione dei talentuosi musicisti Marco Morabito, Luca Belotti, Francesco Dini e Valerio Baggio, fonde introspezione e carisma, confermando Ninfea come uno dei talenti più raffinati del panorama cantautorale contemporaneo. Ogni brano dell’EP racchiude un frammento di vita, un istante di crescita e consapevolezza, regalando all’ascoltatore la possibilità di rivedersi e riconoscersi. Non si tratta di un semplice concept, di un raccoglitore di tracce unite da un fil rouge, ma è qualcosa di diverso: è una direzione, una scelta, una nuova partenza.

  • “Non mi sono mai arreso”: DannyZ, il rapper che ha imparato a camminare due volte, e la forza di trasformare le difficoltà in musica

    Ci sono storie che non si spiegano, si attraversano. Storie che diventano musica, perché l’unico modo per farle arrivare lontano è scriverle nero su bianco, intrecciarle al ritmo, inciderle e dar loro un suono. DannyZ, lo sa bene. Nato prematuro di 25 settimane, ha trascorso l’infanzia tra interventi chirurgici, fisioterapia e tutori per imparare a camminare. Ogni passo, una conquista. Ogni metro in più, una sfida vinta. Oggi, a 20 anni, percorre chilometri a piedi senza mai fermarsi. Con i suoi tempi, ma ci arriva. E con la stessa mentalità affronta la musica. Il suo nuovo singolo, “Sempre Più Su”, non è il classico banger, è una dichiarazione. A se stesso, al pubblico, a chiunque abbia mai pensato di mollare.

    Difficilmente si può parlare di rap senza parlare di strada. DannyZ racconta la sua, fatta di ripartenze e ostacoli superati, con una direzione ben chiara. In “Sempre Più Su” canta: «Sto correndo su una linea fra’, non guardo giù. Tutto quello che cercavo ora è sempre in più. Non è un caso, sono sogni e notti svegli, ogni passo mi avvicina al mio successo». Non è retorica, è vita vissuta. Ogni singola barra è figlia di un’esperienza reale, il risultato di anni di lotta. “Sempre Più Su” non parla solo di lui, ma di tutti coloro che, davanti a un ostacolo, non lo aggirano: lo affrontano, lo superano, e vanno avanti.

    Per DannyZ, la disabilità non è mai stata un confine, ma un punto di partenza. E il suo percorso capovolge le convenzioni, aprendo una riflessione più ampia: quali sono i limiti che esistono davvero e quali, invece, sono solo il frutto di costrutti mentali? Quante persone, senza alcuna difficoltà fisica, rinunciano semplicemente perché non vedono risultati immediati?

    «Molte persone, senza alcun impedimento motorio o di altro tipo, mollano solo perché incontrano qualche battuta d’arresto e non vedono subito i risultati – dichiara l’artista -. Io no: anche se ci metto più tempo, arrivo fino in fondo. Questo è il mio messaggio.»

    Ed è proprio qui che “Sempre Più Su” smette di essere un semplice racconto personale e diventa una provocazione. Non è un brano sulla resilienza, è un invito all’azione. A non fermarsi, a spingersi oltre, a cambiare mentalità.

    L’infanzia e l’adolescenza di DannyZ sono state scandite da interventi, terapie e strumenti che lo hanno costretto a reimparare a camminare da zero. Nonostante piccoli problemi di equilibrio, oggi percorre lunghe tratte a piedi, con i suoi tempi, dimostrando che la determinazione è più forte di qualsiasi impedimento. “Sempre Più Su”, racconta proprio questo: lo switch mentale che separa chi si arrende da chi sceglie di andare avanti, perché non importa da dove parti, conta dove scegli di arrivare.

    «Da bambino camminavo sulle punte – racconta -, poi a 11 anni il primo intervento, i tutori, la fisioterapia fino ai 14. Ho dovuto reimparare a camminare, ma questo mi ha fatto rinascere. Oggi ho solo piccolissimi problemi di equilibrio, ma mi ritengo molto fortunato. Il limite è solo quello che scegli di vedere.»

    Il panorama urban italiano è saturo di racconti di rivalsa. Ma la storia di DannyZ ha una voce nuova, un peso diverso, perché non nasce da una formula, ma da un percorso reale, fatto di conquiste quotidiane. Dopo i singoli “Non Ti Riscriverò” e “Ricordi Bruciati”, il giovane artista capitolino si spinge in un territorio ancora poco esplorato nella scena: quello della crescita personale vissuta senza filtri.

    Non è un caso che le playlist dedicate alla motivazione e alla forza interiore stiano crescendo esponenzialmente sulle piattaforme di streaming: Spotify ha registrato un aumento del 30% nell’ascolto di brani a tema motivazionale negli ultimi due anni. Ma mentre tanti cantano la voglia di farcela, DannyZ lo dimostra.

    Ma il fenomeno non si ferma allo streaming. Sempre più giovani cercano modelli di ispirazione, figure in cui riconoscersi al di là degli stereotipi tradizionali. Sui social, i contenuti motivazionali stanno registrando una crescita esponenziale: su TikTok e Instagram, video che parlano di determinazione e crescita personale accumulano milioni di visualizzazioni, segno di un bisogno reale di messaggi concreti, che vadano oltre le frasi fatte.

    Allo stesso tempo, il percorso di DannyZ apre una questione cruciale: quanto spazio ha la narrazione della disabilità e della forza di volontà nella musica? Il rap, che è da sempre il genere della rivalsa, raramente affronta le difficoltà fisiche e il superamento dei propri limiti con questa prospettiva, ma ha tutte le carte in regola per farlo. DannyZ porta qualcosa di nuovo: non racconta solo il desiderio di farcela, ma il cammino effettivo di chi, ogni giorno, trasforma quelli che solitamente vengono considerati limiti in nuove traiettorie.

    Questa prospettiva lo distingue nel panorama italiano. Mentre tanti raccontano la strada, lui racconta la scalata personale, portando nel genere un punto di vista diverso, più intimo e concreto. Non è un dettaglio secondario, ma una chiave di lettura che rende la sua voce unica e necessaria.

    DannyZ non vuole essere visto come un’eccezione, né cerca compassione nel raccontare la sua storia. Il suo obiettivo è un altro: ispirare le persone ad andare oltre le difficoltà, indipendentemente da quali siano. Non un modello irraggiungibile, ma un esempio tangibile di come, con dedizione e tenacia, sia possibile dare il massimo e superare le proprie barriere, senza cercare scorciatoie o alibi.

     «Se posso farcela io, può farcela chiunque. La differenza non sta nelle difficoltà che affrontiamo, ma nella scelta di superarle.» – DannyZ

  • Quando l’amore stringe troppo, non è più amore: Mariateresa torna con “Maledetto Cuore”

    Non tutto ciò che chiamiamo amore lo è davvero. Mariateresa, la voce pantesca che ha già emozionato pubblico e critica con la sua finezza interpretativa, lo sa bene e nel suo nuovo singolo, “Maledetto Cuore”, ci regala un’istantanea di tutte quelle storie in cui il confine tra passione e possesso diventa pericolosamente sottile.

    Già presentato a Sanremo Giovani 2025 attraverso il percorso di Area Sanremo, il brano porta la firma della stessa Mariateresa, del cantautore e produttore Massimo Galfano e del maestro Giuseppe Denaro. Un trio di talenti siciliani che ha dato vita a una narrazione cruda e penetrante, in cui la musica si intreccia con la verità più scomoda dei sentimenti, restituendo un’immagine nitida e disillusa di ciò che accade quando l’amore smette di essere luce per trasformarsi in ombra.

    «Maledettissimo amore, maledettissimo cuore. Io che ho creduto in questo amore», un verso che incide come una ferita aperta, lasciata da una relazione tossica, dominata dal controllo e dalla dipendenza emotiva, con un lui descritto come un principe estroverso, misterioso e benestante, che trattiene la sua lei in una prigione dorata, ma pur sempre una prigione.

    «L’amore non può essere catene, né compromessi soffocanti – dichiara Mariateresa -. Deve essere scelta, fiducia, respiro. Ho voluto raccontare il momento esatto in cui una persona prende coscienza di questo e decide di riprendersi la propria libertà.»

    Dopo aver conquistato una lunga serie di recensioni e feedback positivi dalle principali testate di settore con il precedente singolo “Strada Vuota”, rimanendo stabilmente nelle classifiche italiane e indipendenti fino a entrare nella Top 10 pop/rock, Mariateresa si conferma con “Maledetto Cuore” tra le voci più eleganti ed espressive della nuova scena italiana femminile. La sua presenza alla prima edizione del Festival Internazionale Voci dal Mediterraneo di Pantelleria, dove ha ottenuto il terzo posto nella categoria inediti, e le apparizioni su Rai 2 e Rai Radio 2 hanno reso evidente il suo crescente impatto sul panorama musicale che guarda al futuro.

    Con questa traccia, l’artista va ben oltre il racconto di una storia, una storia personale in cui è facile identificarsi, accendendo una riflessione su quei rapporti che si mascherano da amore, ma che in realtà feriscono e consumano, lasciando dietro sé lividi, macerie e un profondo senso di vuoto. Un tema che oggi assume un peso ancora più rilevante, in un’epoca in cui si parla sempre di più di relazioni tossiche e della difficoltà di riconoscerle prima che sia troppo tardi.

    «Vorrei che chi ascolta questa canzone trovi la forza di chiedersi: “sto vivendo un amore che mi rende felice o che mi imprigiona?” – conclude l’artista -. A volte si rimane intrappolati in dinamiche che sembrano normali, ma che logorano lentamente. Se anche solo una persona, ascoltando questo brano, troverà il coraggio di guardare la propria storia con occhi diversi, allora avrò dato un senso a questo pezzo.»

    “Maledetto Cuore”, accompagnato dal videoclip ufficiale diretto dalla Eventi e Management Italia, è un brano che si insinua sottopelle, che si fa ascoltare e rileggere più volte, perché nella sua narrazione non c’è solo l’esperienza della sua interprete, ma un frammento di vita condivisa da molti. Ma soprattutto, è un promemoria necessario: l’amore non è possesso, e chi ama davvero non trattiene, ma lascia libero.


  • Il 40% degli adolescenti italiani crede ancora nei vecchi ruoli di genere: Luca Fiocca spiega perché

    Un architetto innamorato dell’arte e della cultura, uno scrittore che racconta con ironia e intelligenza il mondo delle relazioni interpersonali: Luca Fiocca è tutto questo e molto di più. Il 2 aprile 2025, in occasione del trecentesimo anniversario della nascita di Giacomo Casanova, verrà presentato ufficialmente il suo saggio “Se è tortora all’acqua torna”, un compendio semiserio che affronta con acume e leggerezza il tema della seduzione contemporanea. La data coincide con il lancio internazionale dell’edizione in lingua inglese, “If It Is Turtledove To Water Back”, segnando un nuovo traguardo per un progetto che sta già catalizzando l’attenzione del pubblico e dei media.

    Quella di Fiocca è un’idea che lo stesso definisce essere “nata dal disagio del maschio contemporaneo”. Il saggio prende spunto da una realtà che in pochi osano raccontare: il maschio latino, un tempo emblema di sicurezza e fascino, oggi sembra attraversare una crisi. I dati di un recente studio condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (2020) ha rivelato che il 40% degli adolescenti italiani ritiene ancora che debba essere l’uomo a mantenere la famiglia, e un maschio su quattro pensa che l’uomo debba comandare in casa.

    Questi dati allarmanti dimostrano come stereotipi di genere persistano tra i giovani, evidenziando non solo il riflesso di una mentalità anacronistica, ma anche un ritardo culturale preoccupante, che ostacola una visione più equilibrata e paritaria delle relazioni tra uomini e donne.

    La situazione si presenta anche nelle dinamiche relazionali degli adulti. Un’indagine condotta da Ipsos per Save The Children nello stesso anno, ha evidenziato come questa realtà stereotipata influenzi le opinioni e i comportamenti degli adolescenti italiani, con una significativa porzione che associa determinati comportamenti e capacità emotive al genere femminile, mentre le competenze logiche e assertive vengono percepite come più equamente distribuite tra i generi. Questa rigidità nei ruoli può portare a difficoltà nelle relazioni interpersonali, rendendo la seduzione un’arte da riscoprire con nuove regole e una sensibilità aggiornata ai tempi moderni.

    Una visione che contribuisce a una crescente timidezza e mancanza di iniziativa nelle dinamiche sentimentali e sociali.

    Anche la star internazionale Charlize Theron ha recentemente evidenziato questa problematica con una dichiarazione che ha fatto discutere: “Sono single da dieci anni. Qualcuno dovrebbe farsi avanti! Sono scandalosamente disponibile”. Un’affermazione che, più che un caso personale, sembra un sintomo di un cambiamento epocale nelle dinamiche di coppia: se anche un personaggio iconico e di spicco come lei, riconosciuta a livello globale come una delle donne più belle, eleganti e sensuali fatica a trovare uomini disposti a prendere l’iniziativa, è evidente che qualcosa nel modello maschile tradizionale si sia incrinato.

    È proprio in questo contesto che “Se è tortora all’acqua torna” si inserisce con lucidità e ironia: non un manuale di seduzione nel senso classico, ma un invito a riscoprire l’incontro nella sua accezione più autentica e pura, oltre gli stereotipi, con sensibilità, consapevolezza ed una prospettiva fortemente inclusiva.

    Luca Fiocca non è solo un teorico della seduzione, ma un vero interprete del suo tempo. Durante la recente Milano Fashion Week, ha collaborato con la stilista Carmela Luciani e il sarto Geza Berez di Dress Meand You nell’iniziativa benefica collegata all’evento “Fashion for Good” – diretto da Alex Belli e condotto da Marianna Miceli di Mad Mood Milano -, presentando uno show e contribuendo alla donazione di 20 parrucche all’ospedale Humanitas. Un gesto che unisce il mondo dell’apparenza a quello dell’essenza, sottolineando il valore della bellezza, nel suo significato più intimo e nobile, anche in contesti di difficoltà e sofferenza.

    La riflessione di Fiocca ha già conquistato i media italiani. Per sei mesi, Novella 2000 ha dedicato una rubrica settimanale al suo saggio, con articoli che spaziano dai consigli pratici alle analisi psicologiche dell’arte della conquista. Gianni Ippoliti ha dedicato un siparietto su Rai 1 nella sua rassegna stampa di Uno Mattina in Famiglia, consacrando il manuale come un caso editoriale capace di unire cultura pop e ricerca sociologica.

    L’idea alla base del titolo del saggio è profondamente radicata nella cultura salentina: la tortora che torna all’acqua simboleggia il ritorno di un amore autentico, un legame che supera le difficoltà e ritrova la sua strada. L’antico detto della Terra d’Otranto, “Ci è tòrtura all’acqua li tocca”, descrive proprio questo: una tortora che, per istinto, torna sempre alla sua fonte, così un sentimento sincero valica ostacoli e distanze. Questo concetto si trasforma ora in un vero e proprio brand, con il lancio di una linea di t-shirt che riportano la frase sia in italiano che in inglese, “If It Is Turtledove To Water Back”. Un gioco dal significato importante, tra passato e modernità, che conferma il desiderio di Fiocca di rendere il suo messaggio qualcosa di tangibile e quotidiano.

    Perché la seduzione non è solo un’arte del linguaggio, ma anche un modo di porsi nel mondo, di esprimere un’identità. Ed è qui che entra in gioco Palascia, il marchio di occhiali interamente made in Salento, nato per raccontare tradizione, artigianalità e carattere. Disegnato da Margherita Plenilunio, che con il marito Valerio Furone guida F & P OcchialiPalascia rappresenta un’idea di eleganza che affonda le sue radici nella cultura salentina, esattamente come il libro di Fiocca.

    L’evento di presentazione del 2 aprile sarà solo il primo passo di un percorso di approfondimento su un tema che continua a evolversi con la società. Luca Fiocca non si limita a scrivere: con la sua capacità di osservare e reinterpretare la realtà con eleganza e ironia, sta costruendo un nuovo modo di parlare d’amore e di relazioni, adattandosi perfettamente ai cambiamenti sociali e alla sensibilità del pubblico contemporaneo. La sua figura si delinea come un vero e proprio punto di riferimento per chiunque voglia comprendere e vivere con stile l’arte dell’incontro.

    «In un mondo in cui l’amore sembra aver perso la leggerezza del gioco e la profondità del sentimento, ritrovare il coraggio di guardarsi negli occhi è il primo passo per riscoprirsi.» Luca Fiocca.

  • High in the Sky” vola ancora: Adrian e DJ Ramezz e il ritorno della dance ’90

    Il fascino intramontabile della dance anni ’90 incontra le tendenze sonore di oggi. Adrian e DJ Ramezz, dopo aver conquistato le radio europee con il remix di “Because the Night” – reinterpretato in tre versioni distinte, Radio Edit in stile Eurodance, Extended e una speciale Italo Disco pensata esclusivamente per i club italiani – firmano “High in the Sky” (Milleville Music), riportando al centro della scena il cult di Carl del 1999. Un brano che torna con una linfa rinnovata, ancora più energica e carica di magnetismo. Una traccia che, proprio come promette il titolo, porta in alto, alzando il volume dei ricordi e intrecciandoli a vibes contemporanee.

    Perché “High in the Sky” e perché proprio ora? Il brano arriva in un momento in cui la nostalgia degli anni ’90 domina le classifiche e le tendenze, come vero e proprio fenomeno globale. Secondo un recente report di IFPI – International Federation of the Phonographic Industry (Marzo 2024) -, la riscoperta delle hit dance di quell’epoca è in forte crescita, con un +35% di streaming rispetto all’anno precedente, segno di un’ondata nostalgica che domina classifiche e playlist. Un revival che non si limita alla musica: dalla moda alle serie TV, gli anni ’90 stanno vivendo una seconda giovinezza. Adrian e DJ Ramezz si inseriscono in questo trend globale, offrendo però una proposta unica e contemporanea: la loro versione di “High in the Sky” non si accontenta di omaggiare il passato, ma lo reinventa, attraverso arrangiamenti sofisticati e un sound attuale, pensato per conquistare sia i nostalgici che le nuove generazioni.

    A confermare la forza del progetto, i numeri delle loro recenti produzioni parlano chiaro: oltre 25.000 passaggi radiofonici in 90 paesi e migliaia di visualizzazioni per il remix di “Because the Night”, che è diventato rapidamente uno dei brani più trasmessi nel circuito dance europeo. Con “High in the Sky”, i due DJ producer puntano a superare questi traguardi, proponendo un immaginario, una dimensione ritmica, che non si limita a seguire le tendenze, ma punta a ridefinirle, fondendo memoria e modernità in un’unica esperienza sonora destinata a trasformare ogni ascolto in movimento.

    “High in the Sky” parla il linguaggio del presente e il suo ritorno racconta una storia, quella di una generazione che non smette di ballare. Adrian e DJ Ramezz hanno scelto questo brano per la sua capacità di evocare e trasmettere spensieratezza e libertà, valori che, oggi più che mai, tornano ad essere essenziali in un mondo che ha bisogno di leggerezza e positività.

    «Abbiamo voluto dare nuova vita a un brano iconico, senza stravolgerne l’essenza, ma aggiungendo il nostro tocco per renderlo attuale e connesso al presente – racconta Adrian -. La musica dance ha il potere di unire e far sognare. Con questa versione vogliamo regalare un momento di leggerezza e libertà.»

    DJ Ramezz aggiunge:

    «La sfida era quella di creare qualcosa che parlasse a chi ha vissuto gli anni ’90 e a chi li sta scoprendo ora. Crediamo che questa nuova versione abbia la forza per farlo.»

    Il valore del progetto “High in the Sky” va ben al di là della cover, diventando un ponte tra generazioni: porta con sé un messaggio di libertà, di evasione e leggerezza, temi che oggi trovano nuova espressione attraverso la musica. Adrian e DJ Ramezz dimostrano come il passato possa dialogare con il presente, generando qualcosa di nuovo, attuale e in grado di catturare l’attenzione del panorama dance internazionale.

    Con “High in the Sky”, Adrian e DJ Ramezz firmano un ritorno che profuma di passato ma segue il ritmo del presente. Un progetto che conferma come la musica dance possa essere senza tempo, capace di parlare a generazioni diverse con la stessa, inarrestabile, voglia di ballare.

  • Alessandro Rossi, il DJ marito di Francesca Cipriani, torna con “Rica Morena”

    Alessandro Rossi, imprenditore edile, DJ e marito della showgirl Francesca Cipriani, torna sotto i riflettori con “Rica Morena”, un singolo rivoluzionario che combina sonorità internazionali e tradizione italiana in un remix unico nel suo genere. Il pezzo, rivisitazione del celebre brano afro del 2007 di DJ Stefan Egger, contenuto nell’album “Cosmic Evolution”, porta con sé la volontà di far sorridere e alleggerire il cuore di chi lo ascolta, parlando con semplicità e immediatezza a tutte le generazioni.

    “Rica Morena” cattura l’attenzione per l’uso inedito della fisarmonica, strumento simbolo della Romagna, terra che ha plasmato Alessandro con la sua ricca cultura musicale e folcloristica, sposandosi perfettamente con le sonorità house commerciali e il testo in lingua spagnola, interpretato da un talentuoso cantante madrelingua. Questo mix straordinario dà vita a un intreccio sonoro che trascina grandi e piccini in un’esperienza di festa e condivisione.

    Alessandro Rossi spiega:

    «Ho voluto creare qualcosa che portasse gioia e leggerezza, soprattutto ai giovani, che dopo la pandemia sembrano aver perso l’entusiasmo per le piccole cose. La musica è ancora una scintilla che accende emozioni, e con “Rica Morena” spero di regalare sorrisi e momenti di spensieratezza.»

    Alessandro, che ha ripreso in mano la sua carriera musicale dopo anni di pausa dedicati alla sua attività imprenditoriale, racconta come questo progetto sia stato il frutto di un lungo percorso di crescita personale e artistica:

    «È un brano che avevo nel cassetto da oltre dieci anni. L’esperienza maturata mi ha permesso di dargli la forma che sognavo: melodie ballabili, strumenti che parlano all’anima e una produzione curata nei minimi dettagli.»

    Ma le sorprese non finiscono qui. Francesca Cipriani, in un’intervista rilasciata a Monica Setta nel programma di Rai 2 “Storie di donne al bivio”, ha annunciato che la coppia sta lavorando a un brano insieme, la cui uscita è prevista per la prossima estate. Questo esordio musicale promette di fondere la solarità di Francesca con l’energia creativa di Alessandro, dando vita ad un intreccio di complicità e passione, pronto a diventare il simbolo di una sintonia artistica e personale. Il brano segnerà una nuova tappa nel loro percorso, consolidando la loro presenza nello show-biz italiano e regalando al pubblico una collaborazione che saprà sorprendere e conquistare.

    Intanto, con “Rica Morena”, Rossi tesse un filo conduttore tra passato e presente unendo generazioni e culture, e ci esorta a riscoprire la bellezza dei piccoli momenti e a lasciarci trasportare dalla forza liberatoria della musica. Alessandro, che oltre ad essere un imprenditore è anche docente occasionale per i ragazzi delle scuole superiori, ha dichiarato di essere stato ispirato proprio dalle nuove generazioni:

    «Spesso vedo ragazzi tristi e demotivati, ma la musica è un linguaggio universale che può restituire loro la spensieratezza. Con questo brano ho voluto creare un momento di allegria e unione.»

    “Rica Morena”, oltre a segnare il ritorno di Alessandro Rossi sulla scena musicale, si diversifica dall’attuale produzione facendosi portavoce di una promessa. Una promessa di leggerezza in un mondo appesantito, un invito a ballare anche quando i passi sembrano pesanti, un’occasione per ricordare che tra le pieghe della quotidianità si nasconde ancora il ritmo della felicità. E se è vero che la musica ha il potere di trasformare un istante in un ricordo indimenticabile, allora Alessandro Rossi, con questo come back, ci ricorda che la vita non aspetta: va vissuta, cantata, ballata.

  • Un nuovo spazio per parlare di benessere femminile: F.L.Y. lancia “Quel giorno del mese”

    Quando la tecnologia incontra il cambiamento culturale, nascono iniziative in grado di trasformare la società. È il caso di F.L.Y. – Free Like You, startup FemTech nata nel 2024 con una missione chiara: creare una rete di supporto ibrida tra online e offline per migliorare l’accesso alla cura e al benessere femminile.

    Con un approccio innovativo e inclusivo, F.L.Y. lancia “Quel giorno del mese”, un format di eventi mensili pensato per anticipare il debutto della loro app ufficiale. L’obiettivo? Sradicare lo stigma sulle mestruazioni, creare consapevolezza e offrire strumenti concreti per contrastare la povertà mestruale, un fenomeno che, a livello globale, colpisce circa 500 milioni di persone.

    Un tema sempre più centrale nel dibattito pubblico, considerando che solo recentemente in Italia si è iniziato a discutere seriamente di tampon tax e accesso gratuito ai prodotti mestruali, seguendo l’esempio di Paesi come la Scozia, prima nazione al mondo a renderli disponibili gratuitamente per tutte. Con “Quel giorno del mese”, F.L.Y. intende portare questo dialogo nella vita quotidiana, offrendo soluzioni pratiche e creando spazi dove la salute mestruale non sia più un tabù, ma parte integrante del discorso sociale.

    Ogni appuntamento si articolerà in tre momenti distintivi:

    • Talk ispirazionali con esperti del settore e attivistə, per aprire un dialogo su salute mestruale, benessere psicofisico e sostenibilità.
    • Networking e DJ set per favorire connessioni reali in un ambiente rilassato.
    • Live performance di artiste emergenti, per sottolineare l’importanza della rappresentazione femminile nella cultura contemporanea.

    «Vogliamo normalizzare conversazioni che da troppo tempo sono rimaste marginali – dichiara Eleonora La Monica, Co-Founder e CEO di F.L.Y. -. Quel giorno del mese non è solo un evento, ma un punto di incontro per chi crede che il benessere femminile debba essere al centro del discorso pubblico.»

    Nell’ambito di questa iniziativa, il prossimo appuntamento sarà sabato 8 marzo, in occasione della Festa delle Donne, con un evento speciale a Roma: “Aperitivo in Rosso”, in collaborazione con Il Talento di Roma. Dalle 19:30, presso il Tartarughe Bar & Bottega (Piazza Mattei, 7), si terrà un aperitivo tematico dal forte valore simbolico, pensato per sensibilizzare sul tema della salute femminile, in un’atmosfera di condivisione e consapevolezza. La serata prevede un DJ set di Flaxsa, momenti di networking e riflessioni sui diritti e il benessere delle donne.

    Il format di eventi che accompagnerà il lancio dell’app F.L.Y. è un ecosistema digitale pensato per fornire supporto concreto alle donne, o, per citare la filosofa femminista Adriana Cavarero, “alle persone con utero”. Tra le sue funzionalità:

    • Calendario mestruale interattivo con notifiche personalizzate.
    • Mappa geolocalizzata dei dispenser F.L.Y. per accedere facilmente ai prodotti igienici.
    • Sistema di FLYCoin, valuta virtuale per ottenere sconti su visite specialistiche e servizi wellness.

    Un dato significativo sottolinea l’urgenza del progetto: 2 persone su 3 in Italia temono di non avere a disposizione prodotti mestruali al momento del bisogno, mentre il 95% del campione analizzato da Ipsos e WeWorld sostiene la distribuzione gratuita di tali prodotti nei luoghi pubblici.

    F.L.Y. si inserisce in un contesto internazionale in cui il settore FemTech sta rivoluzionando il modo in cui viene affrontato il benessere femminile. Se in Nuova Zelanda e Francia il dibattito sulla distribuzione gratuita dei prodotti mestruali ha portato a importanti riforme, in Italia il percorso è solo all’inizio. Con l’app F.L.Y., l’obiettivo è rendere disponibili oltre 500 dispenser nelle principali città italiane nei prossimi 18 mesi, a partire da scuole, coworking e spazi pubblici. Una risposta concreta a un’esigenza che non può più essere ignorata.

    Il FemTech al servizio dell’empowerment: il mercato globale del FemTech è stimato a 50 miliardi di dollari (2023) e si prevede in crescita tra il 12% e il 15% annuo. In questo contesto, F.L.Y. – Free Like You si posiziona come una delle startup italiane più promettenti, combinando tecnologia, educazione e impegno sociale.

    «Crediamo che benessere significhi accesso, informazione e libertà di scegliere – aggiunge Jacopo Leonardi, Co-Founder e Commercial Strategist di F.L.Y -. Con Quel giorno del mese e la nostra App vogliamo offrire non solo servizi, ma strumenti di emancipazione.»

    F.L.Y. – Free Like You affronta un tema urgente e attuale, in un Paese dove l’unica ricerca specifica sulla giustizia mestruale è stata condotta solo nel 2024. Un progetto che, attraverso un linguaggio diretto e accessibile, abbatte i tabù e promuove un cambiamento culturale necessario.

    “Quel giorno del mese” ci invita a ripensare il concetto di benessere, consapevolezza e inclusività. Perché parlare di mestruazioni significa parlare di uguaglianza, salute e diritti.

  • Naver e la simbologia di “530”: tra trap, vita e rinascita

    Dopo aver conquistato oltre 12 milioni di stream con “Via Libetta” ed aver collaborato con artisti internazionali come him$ e Street Active, Naver, ex membro della Shangai Blood, torna sulla scena musicale con “530” (Millenari), un intreccio di street culture e simbolismi che riflette l’essenza della sua generazione.

    In un’Italia in cui, secondo dati ISTAT, oltre il 20% dei giovani si trova in condizioni di inattività lavorativa o scolastica, intrappolato in una società che offre verdetti e poche possibilità, “530” si propone come la colonna sonora di chi non vuole più aspettare. Naver racconta la corsa di chi cerca riscatto, il confronto con giudizi costanti e la rinascita di chi sceglie di costruire il proprio destino.

    “530”, infatti, non è solo un titolo: è un manifesto generazionale. Un numero, tre capitoli della stessa storia. È un canto di battaglia urbana per chi vive in bilico tra sogni che spingono verso l’alto e realtà che tirano verso il basso. È la lotta per essere assolti da sentenze che non si meritano, la rivalsa di chi sceglie di scrivere il proprio percorso. Un progetto in cui sonorità trap innovative, curate dalla giovane promessa Shard, si intrecciano con testi taglienti e riferimenti che nessuno aveva mai osato unire prima.

    «”530” è un viaggio, una liberazione e una rinascita. È quel momento in cui capisci che il parere degli altri non può bloccarti. Devi andare, e basta.» – racconta Naver.

    “530” è un numero che racchiude in sé una molteplicità di significati e riferimenti: La Yamaha TMax 530 – scooter simbolo di libertà e velocità nelle metropoli, che è per Naver l’emblema della urban culture e della costante ricerca di movimento -, l’Articolo 530 del Codice di Procedura Penale – che riguarda la “sentenza di assoluzione”, rappresentando per l’artista la rivincita dai giudizi e dalle etichette imposte dalla società – e, il significato numerologico del 530, che, nella simbologia angelica, indica cambiamenti positivi, transizioni necessarie e incoraggiamento a intraprendere nuove strade, un segno di maturazione e crescita, perfettamente in linea con il percorso artistico e di vita di Naver.

    Tutti questi significati trovano la loro massima espressione nelle barre di “530”, nelle quali Naver mette a nudo le contraddizioni e le difficoltà quotidiane di chi vive al margine. Parole crude, ritmi serrati e immagini forti raccontano un microcosmo rapsodico e convulso, in cui fermarsi non è mai un’opzione.

    «Bevo finché non sto sobrio, fumo fino a che sto alto, corro finché non mi schianto»: “530” è il ritratto sonoro di chi vive sempre con il piede sull’acceleratore, senza tempo per un pit stop, con l’urgenza di trovare un senso tra sogni e realtà. Naver utilizza la velocità e l’adrenalina del TMax 530 come metafora della vita, quella di chi cresce in quartieri in cui ogni frenata può costare cara e l’unica possibilità è tenere il ritmo al massimo, senza voltarsi indietro.

    La produzione di Shard, avvolgente e pulsante, accompagna liriche dirette che raccontano una Roma notturna e inafferrabile, fatta di strade da percorrere e scelte da compiere. È il fotogramma di chi fugge dalle imposizioni per costruire un futuro, in una nazione che sembra non offrire alternative.

    Ma ogni corsa ha i suoi ostacoli. E quando le ruote smettono di girare, restano i volti, i giudizi e le condanne non scritte. Perché oltre la strada, quella culla dolceamara in cui il cemento custodisce desideri e delusioni, c’è il tribunale invisibile della società, pronto ad emettere sentenze senza ascoltare le storie di chi sta correndo.

    E proprio qui, “530” si fa confessione e sfida: nelle sue rime, Naver affronta a viso aperto le etichette e le aspettative preconfezionate da chi guarda senza conoscere: «Chiedo cosa commentate, uno che non conoscete? Non sapete nemmeno cosa combatte».

    Se il TMax 530 rappresenta la frenesia della vita, l’Articolo 530 del Codice di Procedura Penale introduce un tema ancora più profondo: il giudizio e l’assoluzione. In un tempo in cui il sistema sembra pronto a condannare tutto e tutti, Naver si schiera dalla parte di chi viene etichettato, processato senza appello.

    Con questa traccia, il rapper capitolino offre una riflessione lucida e attuale su questo aspetto, come lui stesso spiega:

    «”530 è per chi vive sotto giudizio, sotto accusa. Per strada, sui social, ovunque. Ma non sempre chi è accusato è colpevole. Questo pezzo è per chi cerca la sua assoluzione.»

    Un messaggio forte, privo di edulcorazioni, in linea con le discussioni contemporanee sulla cancel culture e sul diritto a una seconda possibilità, che rende “530” altamente rilevante e necessario.

    Naver si propone così come la voce di chi lotta per essere ascoltato in un mondo che preferisce voltarsi dall’altra parte e puntare il dito senza conoscere. Con “530”, racconta la quotidianità di chi è sospeso tra il desiderio di affermarsi e la battaglia per essere assolto da colpe che non gli appartengono. Un brano che non chiede permesso, ma pretende attenzione. Perché, a volte, essere assolti significa semplicemente essere compresi.

    Per Naver, questo brano, segna anche e soprattutto un momento cruciale di rinascita. Dopo la rincorsa frenetica e lo scontro con accuse costanti, arriva il momento di scegliere la propria strada: secondo la simbologia angelica, il 530 è un numero che invita al cambiamento, alla transizione e alla crescita personale. È un incoraggiamento a lasciare il passato alle spalle per intraprendere nuove vie. Un concetto che si lega perfettamente al percorso artistico e di vita del rapper:

    «Per me, 530 è un segnale – conclude -. È quel momento in cui smetti di correre per scappare e inizi a correre per costruire. È la strada che ho scelto.»

    Con “530”, NAVER supera il racconto della semplice sopravvivenza urbana e apre una nuova fase artistica, più matura e consapevole. La corsa diventa scelta, la fuga si trasforma in un viaggio verso qualcosa di edificante e desiderato. È qui che Naver si differenzia davvero: non è solo la voce della strada, ma di chi, dopo averla percorsa, sceglie di costruire qualcosa di duraturo.

    “530” diventa così l’inno di una generazione che non vuole più aspettare, che è pronta a prendersi ciò che le spetta. Senza scuse. Senza freni. Senza timori.

  • “Mon Cher”: il brano di Melissa, la vincitrice di The Voice Kids 2023, per chi vuole andare oltre i like

    A soli 14 anni, Melissa, all’anagrafe Melissa Agliottone, è già una delle voci più promettenti della scena musicale italiana. Dopo aver conquistato pubblico e critica vincendo la prima edizione di The Voice Kids su Rai 1, l’artista marchigiana ha avuto l’onore di esibirsi davanti a Papa Francesco allo Stadio Olimpico di Roma, di aprire concerti per icone come Loredana Bertè, Rettore e Rosa Chemical e di essere scelta come rappresentante italiana allo Junior Eurovision Song Contest. Ora, con il nuovo singolo “Mon Cher” (Keyrecords), prosegue il suo percorso artistico con una canzone che fotografa le relazioni basate sull’apparenza e il bisogno di autenticità in un mondo che spesso si ferma alla superficie.

    In un’epoca in cui le interazioni spesso si consumano tra notifiche e schermi, “Mon Cher” è un ritratto lucido della superficialità nei rapporti di oggi che racconta il vuoto, la sensazione di smarrimento, di chi cerca conferme negli altri senza mai trovare un reale sostegno, di chi colleziona attenzioni senza saper dare valore ai sentimenti. Avvolto dal magnetismo di un sound che alterna toni intimi e aperture più incisive, il brano immortala l’antitesi tra il desiderio di connessione e la leggerezza delle relazioni usa e getta. «Nemmeno uno sguardo, cosa vuoi da me? Se poi fai tutto questo con una, due o tre», canta Melissa in un ritornello che incalza e resta impresso, suggellato tra mente e cuore, mettendo a nudo il disagio di chi si trova a fronteggiare un amore fugace e inconsistente.

    Una riflessione generazionale su chi confonde il valore personale con il numero di elogi ricevuti, che la stessa giovanissima cantautrice spiega con queste parole:

    «Oggi sembra quasi che conti più essere notati che essere capiti. Con questa canzone ho voluto raccontare il punto di vista di chi non si accontenta di un legame superficiale, ma cerca qualcosa di vero, anche quando significa dover rinunciare a qualcuno.»

    “Mon Cher” parla alla Gen Z con un linguaggio diretto, contemporaneo, immediato. Il brano intreccia riferimenti internazionali e immagini di facile richiamo, come nell’ironia del verso «Hai la fila ma sembra diretta a Nizza, occhi azzurri, bionde e basse, ‘Je veux du ketchup sur ma pizza’», che sottolinea il contrasto tra l’apparenza e la sostanza dei rapporti moderni. Il titolo stesso, in francese, gioca con questa ambivalenza, accostando eleganza, significato e leggerezza. Un messaggio chiaro: dietro il fascino effimero si nasconde spesso il vuoto.

    Quello di Melissa è un percorso in continua crescita, che l’ha vista spaziare tra sonorità ed emozioni diverse. Dall’energia di “Africa” alla riflessione suggestiva di “Un Mondo Giusto” (feat. Ranya), fino all’allure malinconica di “Viole”, ogni brano ha rappresentato una tappa importante del suo viaggio artistico. Con “Mon Cher”, Melissa aggiunge un nuovo tassello alla sua identità musicale, dimostrando una consapevolezza sempre più solida, una padronanza vocale e scenica da vera professionista e una capacità interpretativa che va ben oltre la sua età.

    Dotata di un’abilità straordinaria per tecnica ed espressività, Melissa è una voce che emoziona e un talento che convince. Il cammino che l’ha portata alla musica è iniziato quasi per caso, come strumento per affrontare attacchi di panico, trasformandosi in una passione che l’ha rapidamente condotta sotto i riflettori.

    «Nonostante la mia età – conclude -, sento la musica come il modo più naturale per raccontare quello che provo e quello che vedo intorno a me. Con “Mon Cher” ho voluto dare voce a chi non si riconosce in un’idea di amore veloce e senza significato.»

    Con “Mon Cher”, Melissa dimostra di essere non solo una giovane artista con un potenziale straordinario, ma una cantautrice in grado di interpretare le emozioni della sua generazione con sincerità e forza comunicativa.