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  • Hanno lasciato il Sud per vivere di musica: i Numbers 22 debuttano con un EP che ha il suono del sacrificio

    ’è un momento in cui la passione smette di essere un sogno e diventa una scelta. Per i Numbers 22, quel momento ha coinciso con un trasloco di 700 chilometri: da Napoli a Treviso, passando per il luogo in cui sono cresciuti, Cassino (FR), tra le mani sporche di lavoro e intere nottate in sala prove, per inseguire un’unica certezza — vivere di musica, o non vivere affatto.

    Non li ha lanciati un talent né un algoritmo: il loro primo EP, “22”, è nato così: dalla passione, dalla distanza, dalla rinuncia. Lavorando di giorno e suonando di notte, la frustrazione si è trasformata in canzoni. E quelle canzoni, oggi, parlano per loro.

    “22” è il loro primo progetto alternative rock: cinque tracce come cinque incisioni sulla pelle, che raccontano cosa significa lasciare tutto – davvero – per inseguire un’idea. Un disco nato dalla fame, non solo in senso metaforico: quella che ti spinge a fare turni, risparmiare su tutto, e poi rinchiuderti in sala prove fino all’alba per registrare, scrivere, riscrivere, sbagliare, crederci.

    Il progetto nasce dal legame viscerale tra Luca (Cory) e Francesco (Mad), cugini cresciuti come fratelli. In piena pandemia decidono di lasciare il Sud e trasferirsi a Treviso per una scommessa: costruirsi da soli un futuro nella musica. Senza etichette, senza certezze, ma con una consapevolezza rara in una scena spesso distratta:

    «Abbiamo capito che se non ci credevamo noi, non l’avrebbe fatto nessun altro. Allora abbiamo messo tutto in discussione, tranne la musica», raccontano.

    “22” è il numero che li accompagna da sempre. È diventato il nome della band e, ora, anche quello dell’EP. Ma è soprattutto un simbolo: della loro unione, del punto di svolta, del codice di una generazione che non si riconosce più nei modelli preconfezionati, ma prova a inventarsi una strada alternativa. È un rituale, un segno ricorrente che torna nei momenti chiave. Il giorno di una decisione importante. L’orario di una telefonata. Il numero scritto su un muro, su una porta, su un biglietto. Un richiamo costante che ha segnato la loro storia — e ora ne scrive il suono.

    Durante la lavorazione dell’EP, al duo si uniscono Giordano (JJ) al basso e Iacopo (Papo) alla batteria, portando nuova energia e solidità alla band. Ma la direzione resta intatta: suonare e cantare la verità, anche quando fa male.

    “22” è un EP in inglese, scritto e interpretato da chi conosce bene la parola ricominciare, prodotto e curato in ogni dettaglio da soli: per il mercato indipendente italiano, una rarità.

    Il pop del Belpaese è tornato al centro e l’inglese è spesso visto come un vezzo da export: mentre gran parte della nuova scena nazionale rincorre la lingua madre o l’estetica mainstream con la speranza di aggiudicarsi like e playlist, loro fanno un’altra scelta, completamente controcorrente. Scrivere e cantare in una lingua non loro — non per moda, ma perché è così che pensano, parlano, si raccontano. Una forma di distanza che protegge, ma non filtra. Con un’identità che non simula nessuno.

    E soprattutto, perseguono una linea chiara: dai visual al concept, senza team, senza major, senza hype. Nessun team creativo, nessuna agenzia. Solo loro, uno per uno, a costruire un progetto coerente e preciso, che oggi sembra professionale, ma che è nato in un garage.
    In un tempo in cui il DIY è spesso un trend, i Numbers 22 lo incarnano sul serio: senza estetica “lo-fi”, senza storytelling estetizzante. Solo lavoro.

    E una convinzione granitica: la forma deve reggere il contenuto.

    Nel 2025, chi canta in inglese partendo dal nulla ha due possibilità: sembrare fuori tempo, o sembrare fuori posto. I Numbers 22 non sono nessuna delle due cose: sembrano fuori dagli schemi, ma dentro l’unico spazio che conta davvero, quello della sostanza.

    In “22” non c’è un brano scritto a tavolino, una hit guida imposta, ma c’è un’esigenza chiara: raccontare ciò che brucia, ciò che non si riesce più a tenere dentro. Pezzi scritti nei giorni in cui le parole servivano per stare a galla.

    È per questo che proprio “R U Looking?” — la traccia di apertura — è attualmente in rotazione radiofonica: perché funziona come manifesto del progetto. Un brano che dice quello che molti pensano ma pochi hanno il coraggio di chiedersi davvero:

    «Your eyes are open, but are you looking?»
    («I tuoi occhi sono aperti, ma stai guardando?»)

    Tra scroll infiniti e silenzi pieni di rumore, questa domanda è diventata il mantra della band.

    Il resto dell’EP prosegue con la stessa urgenza. Ogni traccia è un frammento vissuto, una storia vera. Non c’è un sentiero preciso, c’è solo un bisogno: dire quello che spesso si ingoia.

    Nessun tentativo di piacere, nessun effetto scenico. Solo cinque canzoni che stanno in piedi da sole. Cinque verità da affrontare.

    A seguire, tracklist e track by track del disco.

    “22” – Tracklist:

    1. R U Looking?
    2. Time Files
    3. Too Bad
    4. Goodbye
    5. Piece of Myself

    “16m²” – Track by Track:

    L’EP si apre con “R U Looking?”, una sveglia in forma di brano che interroga chi ascolta e denuncia il torpore della vita digitale. «Your eyes are open, but are you looking? The world spins fast, but are you moving?» («I tuoi occhi sono aperti, ma stai guardando? Il mondo gira veloce, ma ti stai muovendo?»). Una domanda scomoda in un’epoca che anestetizza, che riempie di rumore ma toglie il senso. Il pezzo rompe il vetro della bolla online e chiede un ritorno alla realtà, come un grido di battaglia che ha il coraggio di non essere accomodante.

    Segue “Time Files”, il cui tema cardine è la liberazione da relazioni tossiche e dinamiche di dipendenza affettiva. È il racconto dell’istante in cui si smette di rincorrere chi ferisce e si sceglie, finalmente, di stare dalla propria parte: «I don’t wanna play your game. This time I’m the one who decides» («Non voglio giocare al tuo gioco. Questa volta sono io a decidere»).

    Too Bad” è forse il brano più crudo dell’EP. Una battaglia interiore che non cerca facili soluzioni: «Say you won’t let go ‘cause we’ll never go back. This is too bad» («Dì che non mi lascerai andare perché non torneremo mai più indietro. Questo è un vero peccato»). La voce si spezza, si riflette nello specchio, chiede di non essere lasciata da parte. Qui, l’alternative rock della band mostra la sua vena più fragile, ma senza perdere la forza comunicativa e narrativa. C’è la paura di essere lasciati all’angolo, ma anche la rabbia di chi non vuole arrendersi.

    In “Goodbye”, invece, la scelta diventa definitiva: il saluto alla sicurezza, alla casa, all’abitudine. «Close the door behind me, I have to find myself at all cost» («Chiudi la porta alle mie spalle, devo ritrovare me stesso a ogni costo»), cantano, raccontando cosa significa andarsene per ritrovarsi, anche se il cuore resta dov’era.

    A chiudere l’EP, “Piece of Myself”, un brano che è quasi un testamento. Una forza quietamente devastante: reiterata come una formula, ma mai sterile. Una confessione frammentata, l’alternanza tra controllo e rottura, tra il dire e il non riuscire a dirlo fino in fondo. Un pezzo che non ha bisogno di rincorrere il climax: resta lì, immobile, come una ferita che non si rimargina.
    «In everything I do, I leave a piece of myself» («In tutto ciò che faccio, lascio un pezzo di me stesso»): è un pensiero che si ripete, ossessivo, come se ogni verso fosse un tentativo di dirsi la verità fino in fondo. Il racconto delle notti in cui non si dorme, delle fughe che non funzionano, della fatica di provare a cambiare e fallire. Perché c’è chi scrive per guarire, e chi scrive per restare vivo. Qui non si cerca conforto: si cerca solo di reggere. È la chiusura più onesta possibile di un disco nato per necessità.

    «Facciamo musica perché non sappiamo vivere altrimenti – concludono i Numbers 22 -. Questo disco non lo vediamo come un inizio, ma come una conseguenza. È il frutto di tutte le volte in cui ci siamo detti “non ce la faremo mai”, e invece siamo andati avanti.»

    In un momento storico in cui sempre più giovani scelgono di emigrare per inseguire una possibilità, il percorso dei Numbers 22 intercetta un tema attuale e trasversale: la disillusione, la rinascita, il valore del sacrificio.

    “22” non è un EP che chiede di piacere. È un disco che pretende di essere ascoltato. E che lascia addosso qualcosa, come un tatuaggio. Come un numero che ritorna. Come qualcosa che non hai scelto, ma che ti sceglie. Un disco che rimane, anche quando tutto il resto scorre. Un punto fermo. O un punto di rottura.

  • Jazz e contaminazioni: la ricetta vincente di Edoardo Baroni. Il tour mondiale lo porta in Giappone

    Dalla raffinatezza delle sue composizioni al riconoscimento internazionale, Edoardo Baroni continua a tracciare una traiettoria artistica che unisce tecnica, sensibilità e dedizione. Dopo l’uscita di “By Heart” (Clockbeats), il suo terzo album acclamato da pubblico e critica, il chitarrista jazz bresciano si prepara a partire per un tour internazionale che lo porterà a suonare in Svizzera, Bulgaria, Italia e, soprattutto, in Giappone, con sei date previste tra Tokyo, Osaka e altre città chiave della scena culturale nipponica.

    La data simbolo del tour sarà il 24 luglio, giorno in cui Baroni si esibirà all’Expo 2025 di Osaka, rappresentando l’Italia con un live che racchiude l’essenza del progetto: un dialogo intimo tra virtuosismo jazzistico, omaggi colti alla tradizione classica e un’estetica fortemente emotiva. Il tour conferma così il profilo internazionale dell’artista, già noto per le sue reinterpretazioni di Django Reinhardt, Bach e Wes Montgomery, e per la capacità di fondere improvvisazione e rigore con una cifra stilistica unica.

    «Suonare all’Expo è un onore e una responsabilità – racconta Baroni –. Porterò con me ogni nota di “By Heart” come se fosse un gesto personale, una carezza fatta musica, nella speranza che il pubblico giapponese possa sentirla per com’è nata: dal cuore.»

    Oltre al Giappone, il tour ha fatto tappa a Roma, Berna e Sofia, con nuove date in aggiornamento in Lombardia e Piemonte. In ogni città, il repertorio sarà centrato su “By Heart”, alternando brani originali come “Let off steam” e “Silvia” a rivisitazioni colte come “All the things you are” o il Preludio BWV 999 di Bach. Non mancherà il tributo a Reinhardt, figura chiave nella formazione musicale di Edoardo e oggetto della sua tesi di laurea.

    Il tour si accompagna a una narrazione visuale curata fin nei dettagli, dalla copertina dell’album firmata dall’artista serbo Ivan Bjorn, alla regia del videoclip ufficiale di “Let off steam”, presentato in anteprima su Sky TG24.

    Calendario ufficiale del “By Heart Tour 2025”:

    🇮🇹 30/05/25 – Lestro Restaurant, Brescia (IT)
    🇨🇭 01/06/25 – ONO, Bern (CH)
    🇮🇹 07/06/25 – Sarnico, Brescia (IT)
    🇮🇹 28/06/25 – Crash, Roma (IT)
    🇧🇬 09/07/25 – Schroedinger Bar, Sofia (BG)
    🇧🇬 11/07/25 – In the Mood, Sofia (BG)
    🇯🇵 22/07/25 – Taiyo to Tora Music Zoo, Kobe (JP)
    🇯🇵 24/07/25 – TEAM EXPO Pavilion, Osaka World Expo (JP) (AS)
    🇯🇵 24/07/25 – Hi Five, Osaka (JP) (ES)
    🇯🇵 25/07/25 – Cloud 9, Chiba (JP)
    🇯🇵 26/07/25 – Mogumogu, Tokyo (JP) (AS)
    🇯🇵 26/07/25 – Mogumogu, Tokyo (JP) (ES)
    🇯🇵 27/07/25 – Legacy Lounge, Tokyo (JP)

    (AS) = Afternoon Set — (ES) = Evening Set

    Il “By Heart Tour 2025” va ben oltre il concetto di tournée internazionale: è il percorso di un musicista che porta con sé un’idea precisa di bellezza, fatta di ascolto, radici e incontro. Un progetto culturale che attraversa confini, celebrando la musica come linguaggio senza traduzione, in grado di arrivare ovunque ci sia qualcuno disposto ad ascoltare.

  • A 46 anni pubblica il suo primo singolo: l’“Estate Infinita” di Sonia Vantaggio racconta il valore delle seconde possibilità

    Debuttare a 46 anni legando il proprio battito a quello di un’estate che sembra non finire mai. La luce del Salento che attraversa i ricordi e li trasforma in futuro. La voce di chi ha scelto, con consapevolezza e determinazione, di tornare a fare spazio alla propria musica, senza rincorrere mode o consensi. Così nasce “Estate Infinita”, il primo singolo inedito di Sonia Vantaggio, cantautrice salentina classe 1978, che dopo una lunga pausa dedicata alla famiglia, torna alla musica con una nuova consapevolezza.

    Disponibile su tutte le piattaforme digitali, il brano porta con sé un significato molto più intimo della leggerezza legata alla stagione, suonando come un vero e proprio inno gentile alle seconde possibilità.

    Dopo anni passati tra piano bar e serate nei locali del Sud, Sonia aveva messo da parte la musica per dedicarsi alla vita privata. Ma l’arte, come il mare che torna sempre a riva, ha ripreso a bussare.

    La scelta di tornare alla propria passione, debuttando non con una cover, ma con un brano scritto e composto interamente da sé è, di per sé, controcorrente. In un contesto musicale dominato da esordi in giovanissima età e che spesso fatica a dare spazio alle voci femminili – soprattutto se over 40 -, la storia di Sonia offre un esempio virtuoso: la musica non ha scadenza, né età.

    Nata a Tricase e cresciuta a Salve, la Vantaggio è profondamente legata al Salento, non solo come cornice, ma come luogo dell’anima. E proprio da lì riparte, con un progetto interamente autoprodotto, fatto di sincerità e indipendenza creativa. Un progetto che racconta la leggerezza non come evasione, ma come partecipazione attiva, partendo da una domanda:

    Cosa significa, oggi, scegliere la leggerezza?

    Non quella superficiale, di chi ignora il peso delle cose, ma quella di chi ha imparato a portarle con grazia, lasciandosi attraversare dalla bellezza. Sonia ha fatto proprio questo: è tornata a sé attraverso le cose semplici — la sabbia che scotta sotto i piedi, un tramonto, una festa che non ha bisogno di luci artificiali per cominciare.

    «“Estate Infinita” è la mia rinascita – dichiara -. Ho scritto questa canzone una notte d’estate, guardando il cielo e ascoltando il rumore del mare. Mi sono chiesta cosa mi mancava davvero. E la risposta era semplice: la musica. Ho pensato a tutto ciò che mi faceva sentire viva: il mare, il vento, i sorrisi. Dopo tanti anni, ho sentito che era il momento di riprendermi il mio spazio. E il mio spazio è, da sempre, la musica.»

    Tra i fuochi accesi e i gabbiani in volo, il Salento diventa il simbolo delle radici, quelle che ci ricordano sempre chi siamo, da dove veniamo, quelle che non tradiscono. Sonia Vantaggio attinge al suo vissuto più intimo per raccontare un’estate che non è solo una stagione, ma un tempo sospeso, fatto di suoni, colori e libertà. L’immaginario salentino percorre tutto il brano come un fil rouge, dalla spiaggia sognata «col mio amor, fino all’alba» al «volo di gabbiani che volano lontani», emblema di un orizzonte che si allarga ma resta sempre connesso alla terra d’origine.

    L’estate cantata da Sonia non è quella da cartolina, ma quella reale e concreta che molti italiani vivono ogni anno: quella dei rientri nei paesi del Sud, delle sagre e dei falò, dei ritmi che rallentano e dei pensieri che si fanno più lievi. Un’estate che oggi, nel post-pandemia, ha acquisito un nuovo valore: quello di una possibilità di ritrovarsi — non in senso spirituale, ma relazionale, familiare, identitario.

    Il suo progetto si distingue per una maturità che non ostenta e una scrittura limpida, capace di parlare a più generazioni. “Estate infinita” è una canzone senza tempo, scritta e interpretata da chi ha deciso di ripartire da ciò che conta davvero. Senza rincorre l’estate perfetta, ma raccontandola per quello che può essere: un luogo interiore da cui ricominciare.

    «Non si smette mai davvero di essere ciò che si è – prosegue l’artista -. Avevo messo la musica in pausa, non via. Quando ho scritto questo brano, ho capito che era arrivato il momento di farle spazio di nuovo, senza aspettarmi nulla se non il piacere di condividere.»

    È proprio in questo che “Estate Infinita” trova la sua forza narrativa: in una stagione in cui si moltiplicano hit scritte a tavolino, il brano di Sonia Vantaggio colpisce per la sua semplicità, senza forzature. Non c’è pretesa di stupire, ma la volontà di condividere.

    Una canzone “scritta a voce alta”, con un lessico immediato e immagini che scorrono come flashback di un tempo leggero, ma non per questo meno denso. Dai «baci rubati» al «cuore che batte», dai cori che si alzano «fra sogni lontani» alle onde che «urlano e ci vogliono dentro», ogni strofa è ideata come una piccola scena vissuta in prima persona. L’arrangiamento pop, fresco ma non scontato, accompagna le parole senza sovrastarle. La produzione, volutamente essenziale, lascia spazio al racconto e alla voce di Sonia, capace di restituire quel senso di verità che spesso manca nei tormentoni estivi.

    Nel pieno di un dibattito pubblico sempre più affollato da cronaca, tensioni e instabilità, c’è un valore nel parlare di leggerezza. Ma serve farlo con consapevolezza, evitando l’evasione e scegliendo invece l’evocazione. È quello che riesce a fare la cantautrice pugliese, riportando al centro l’estate come spazio simbolico, dove tutto sembra ancora possibile, dove le giornate sembrano durare di più e le promesse non sono ancora scadute.

    Sonia parla a chi decide di ricominciare. Non per rincorrere un sogno rimasto in sospeso, ma per affermare la propria presenza. E il proprio desiderio di esserci, in un tempo in cui l’industria musicale sembra premiare solo l’istantaneità.

    Con “Estate Infinita”, accompagnata dal videoclip ufficiale girato a Marina di Pescoluse (LE) sotto la direzione di Samuele Del Colle con la produzione di Luciana Negro Supersano per Hybridstudio, Sonia Vantaggio apre uno scenario più ampio. Non una “carriera da iniziare”, ma una voce da ritrovare e una storia da raccontare, a modo proprio. Ed è proprio questo il senso di un’estate che non finisce mai: non il perenne alternarsi dei tormentoni, ma il tempo scelto per tornare a sé stessi. Con una canzone, con la propria voce, con un cuore che batte ancora.


  • Gianni Negri e Patrizia Kolombo raccontano l’amore liquido “Ai Confini dell’Urbano”

    Nel nuovo singolo “Ai Confini dell’Urbano” (PaKo Music Records/Believe Digital), il cantautore e musicista partenopeo Gianni Negri e l’autrice milanese Patrizia Kolombo mettono in musica l’attrazione inafferrabile, i legami sfiorati e mai vissuti, la linea sottile tra presenza e assenza. Un acquarello dipinto tra sogno e realtà, le cui sfumature sonore attingono da una tavolozza attualissima, quella della cultura delle connessioni frammentate.

    Una donna sfuggevole, una metropoli che diventa quinta teatrale di apparizioni notturne, e una voce pura, cristallina – quella di Gianni Negri –che narra senza sovrainterpretare, descrivendo l’evanescenza senza ingabbiarla e provando a trattenere ciò che, per natura, non può essere fermato. È Milano, stavolta, il luogo simbolico in cui prende vita questa storia: «Mi baci e scappi via… lontano. Poi ritorni ancora sotto il cielo di Milano. In ogni tuo sospiro tra sacro e profano.»

    Tra il sacro e il profano, come la dimensione in cui si muove non solo la figura femminile al centro del brano, ma anche il linguaggio con cui viene citata, chiamata in causa, celebrata: una danza a mezz’aria tra istinto e distanza, tra l’impulso di afferrare e la resa all’inafferrabile. In questo spazio intermedio – dove la città non giudica, ma assiste – trova forma una riflessione più ampia sul desiderio contemporaneo: quello che non cerca conferme, ma esperienze; che non domanda garanzie, ma libertà. È lì che Milano diventa il fondale ideale per una storia che non cerca risposte, definizioni o certezze, ma resta nella sospensione, nel passaggio irrisolto tra presenza e mancanza.

    Il brano, scritto e composto a quattro mani da Gianni Negri e Patrizia Kolombo e prodotto da Francesco De Rosa, segue la fortunata scia inaugurata con “Così Non Finirà”, brano in cui la coppia artistica incoraggiava ad amare oltre la paura, oltre ogni differenza. Ma stavolta lo sguardo si sposta: da ciò che è duraturo a ciò che fugge, da ciò che si crea con il tempo a ciò che si consuma nell’istante.

    “Ai Confini dell’Urbano” è l’attrazione mai tradotta in una storia. L’incontro che sfiora ma non attraversa, che lascia nel cuore non impronte, ma graffi. Una metafora che rispecchia, in modo limpido, il modo in cui oggi, molto spesso, si vivono i rapporti: tra dating app e contatti intermittenti, sempre più legati all’intensità del momento che alla continuità del sentimento.

    Oggi cresce il numero di persone che vivono storie brevi, intense e non necessariamente definite, mentre le relazioni stabili appaiono sempre più difficili da raggiungere per molti giovani adulti. Una dinamica che si riflette nella cultura e nella musica, dove la narrazione dell’incompiuto – del quasi amore – si fa specchio di una generazione. Inoltre, Una ricerca condotta da YouGov per Tinder ha evidenziato come oltre il 70% della Gen Z italiana preferisca “connessioni fluide” rispetto a relazioni etichettate. Un trend che prende sempre più spazio nel racconto degli incontri mancati, dei legami in bilico, delle presenze sfuggenti.

    «Nel brano, io e Gianni Negri, raccontiamo un’attrazione che non è stata una storia, ma qualcosa che ha lasciato un segno dentro – racconta Patrizia Kolombo –. È come inseguire un’idea, una possibilità. E spesso, le possibilità che non diventano reali sono quelle che restano più vive nella memoria.»

    Le atmosfere sonore – tra pop elegante e suggestioni cinematografiche – accompagnano la voce di Gianni Negri in un percorso fatto di attese e rincorse. Il ritornello, ipnotico e dolente, è reiterato come un mantra:

    «Sei qui, sei qui, sei qui ma poi tu voli via…»

    «A volte non serve vivere qualcosa fino in fondo per capirne l’intensità – conclude Gianni Negri – Questa canzone nasce da un incontro che non è mai diventato niente di concreto. Eppure, proprio per questo, è rimasto con me. Come tutte le cose che non finiscono, perché non iniziano mai davvero.»

    Il titolo stesso del brano – “Ai Confini dell’Urbano” – si presta a una doppia lettura: da un lato richiama la geografia di un incontro marginale, ai bordi della città e della realtà; dall’altro, suggerisce lo spaesamento di chi si muove tra il dentro e il fuori, tra l’attesa di una presenza e la certezza di una distanza.

    Con questo nuovo singolo, Gianni Negri e Patrizia Kolombo dimostrano ancora una volta la loro affinità artistica e la capacità di dar voce a tematiche spesso taciute. Dopo il successo di “Così Non Finirà” – disponibile anche in una versione in napoletano, “O’ ssaje nun po’ fernì” –, la coppia torna a collaborare su un progetto che racconta l’attrazione senza promessa, l’indefinito come scelta e la bellezza di ciò che non si può possedere, ma solo vivere.

    Perché il desiderio, la passione, l’amore… non hanno bisogno di chiedere definizioni. E sanno benissimo come muoversi “Ai confini dell’urbano”.

  • Non una semplice love song: “Last Time” è un brano necessario

    C’è sempre un momento in cui ci diciamo che sarà l’ultima volta. Che sapremo resistere. Che non cederemo più. Poi, come in un riflesso familiare, torniamo indietro. Basta uno sguardo, un ricordo, una mancanza. E quel “mai più” si trasforma in “ancora una volta”. “Last Time”, il nuovo singolo di OARA – nome d’arte di Eleonora Albrecht, attrice, modella, cantautrice e DJ con base tra Roma e Parigi – nasce proprio da questo cortocircuito tra cuore e ragione. Disponibile in doppia versione (original e remix a cura di KeeJay Freak), il brano racconta quel punto di rottura in cui il desiderio prende il sopravvento sulla volontà.

    Una traccia che affonda nelle zone grigie dell’affettività, in una dinamica relazionale spesso taciuta: la forza irrazionale dell’attrazione, il ritorno ciclico verso ciò da cui sappiamo di doverci allontanare. Non c’è redenzione, solo la consapevolezza amara di un copione che si ripete, sempre uguale, anche quando proviamo a sottrarci, intrappolati tra ciò che vorremmo e ciò che sappiamo non potremo mai avere.

    Con un sound che richiama le cromature internazionali di Purple Disco Machine e le geometrie pop di Dua Lipa, OARA distilla una storia personale in un pezzo che unisce l’eleganza della scrittura all’efficacia della pista. “Last Time” è una canzone che parla d’amore, ma anche di autocoscienza: racconta la sensazione di impotenza che si risveglia quando ci si innamora della persona sbagliata, e la lucida cognizione che anche la passione più grande può diventare un vicolo cieco.

    Un brano estivo ma malinconico, che tratta un tema antico con uno sguardo attuale: la dipendenza affettiva. L’illusione di poter gestire qualcosa che, per sua natura, sfugge.

    «L’ho scritto pensando a tutte quelle situazioni che ci attirano come calamite, anche se sappiamo che ci faranno male. Quelle storie in cui sappiamo benissimo che non potrà esserci un futuro, ma restiamo comunque lì – racconta OARA –. Ci diciamo che non accadrà più, ma spesso è solo una promessa a metà. È un loop da cui è difficile uscire, eppure è lì che impariamo a conoscerci meglio.»

    È proprio qui che si riconosce la cifra stilistica di OARA: una punta di nostalgia nelle parole, intrecciata a sonorità ballabili che non cercano la leggerezza a tutti i costi, ma sanno contenerla. Un equilibrio misurato e prezioso, in cui scrittura e ritmo dialogano senza annullarsi.

    “Last Time” è ispirato anche a storie vissute da chi le è vicino, tra cui quella di una sua amica innamorata di un uomo già impegnato:

    «Sapeva di non poter costruire nulla con lui, ma non riusciva a lasciarlo andare. In questi casi, bisogna ritrovare la forza in sé stessi. Non per orgoglio, ma per sopravvivenza», aggiunge l’artista.

    Da qui nasce anche uno sguardo più ampio, una riflessione sul ruolo delle donne all’interno di queste dinamiche:

    «Voglio che chi ascolta si senta capita, ma anche spronata – conclude OARA -. Non siamo destinate a restare ferme in ruoli che non ci appartengono: possiamo scegliere di rimetterci in cammino, di rialzarci. Prima che diventi l’abitudine, o il timore di rimanere sole, a scegliere al posto nostro. Lo dico a me stessa, e alle mie amiche, ogni volta che serve.»

    Secondo uno studio pubblicato nel 2024 dalla rivista State of Mind, la dipendenza affettiva patologica riguarda circa il 12% della popolazione adulta italiana in terapia psicologica, con una prevalenza femminile significativa. Una cifra che, seppur circoscritta al contesto clinico, suggerisce un fenomeno molto più esteso e spesso invisibile, che attraversa ogni fascia d’età e condizione sociale. Un dato che fotografa parzialmente il problema: la dipendenza affettiva resta infatti in larga parte sommersa, vissuta in silenzio da chi non riconosce o non dichiara il proprio disagio. In molti casi, si tratta di relazioni in cui uno dei partner fatica a interrompere legami che generano sofferenza, pur riconoscendone la natura disfunzionale. Le implicazioni psicologiche sono ampie: dall’ansia da abbandono all’abbassamento dell’autostima, fino a forme di isolamento emotivo che possono durare anni.

    È un tema ancora poco raccontato, ma sempre più diffuso, come dimostrano anche le crescenti richieste di supporto presso centri psicologici e consultori. In questo contesto, canzoni come “Last Time” contribuiscono a portare alla luce dinamiche molto personali che spesso restano in ombra: storie in cui riconoscersi è il primo passo per uscirne.

    Anche quando si veste di suoni pensati per il dancefloor, il brano non tradisce la sua natura più intima. Il remix di KeeJay Freak, produttore noto nel panorama dance europeo, rilegge la struttura originale e le conferisce un respiro da club estivo. Ma dietro il ritmo, il pezzo continua a portarsi dietro le domande da cui è nato, senza alleggerirne il senso: lo sposta altrove, ma non lo dissolve.

    Lo stesso vale per il testo, co-scritto da OARA in sinergia con un team di autori fidati, che alterna immagini sensuali a momenti di resa:

    «You’re gonna crush another soul. Move your body let it go. I just wanna lose control»
    Stai per schiacciare un’altra anima. Muovi il tuo corpo, lascialo andare. Voglio solo perdere il controllo»)

    Un verso che cristallizza la dinamica affettiva alla base del progetto: non è la mancanza di volontà a renderci fragili, ma l’illusione di poter gestire il desiderio come fosse razionale. La volontà che cede, il corpo che anticipa il pensiero, la solitudine che sopravvive all’amore.

    Quella di OARA è una carriera che spazia tra moda, cinema e club. Nata come attrice e modella, con una formazione internazionale tra Parigi, Londra e Los Angeles, ha fatto il suo esordio musicale nel 2022 con “Sono in vacanza”, affermandosi come cantautrice capace di unire immediatezza radiofonica e sensibilità narrativa. Dal 2023 suona anche come DJ, portando nei suoi set un mix di elettronica, pop e atmosfere retrò, ispirandosi a icone internazionali come Kylie Minogue.

    Negli ultimi due anni ha pubblicato singoli come “Un bacio blu”, “Je danse” e “Odette”, brano dedicato alla madre – ex étoile del Teatro dell’Opera – e alla bellezza della danza classica. Il suo universo musicale è un intreccio di esperienze e identità: italiano e francese, cinema e musica, palco e pista da ballo.

    Ma è con “Last Time” – accompagnato dai due videoclip ufficiali, dedicati rispettivamente alla versione originale e al remix e presentati in anteprima su Sky TG24 – che OARA tocca un tema trasversale, attuale, intergenerazionale: quello dell’amore sbilanciato, del desiderio che sfugge al controllo, e del bisogno di ritrovare se stessi fuori dalla dipendenza affettiva. In una contemporaneità in cui le relazioni si consumano spesso tra messaggi vocali e notifiche, la sua è una voce che invita a fermarsi e a fare i conti con ciò che davvero ci lega – e ci libera.

  • La musica dei ColliMare tra spoken word e cantautorato

    Cosa succede mentre aspetti una risposta sullo schermo? A volte, una canzone. “Sta scrivendo…” è il nuovo singolo del collettivo ColliMare, disponibile su tutti i digital store per Watt Musik. Il brano prende il titolo dall’indicazione che compare quando qualcuno sta per risponderci in chat. Ma anziché raccontare l’amore nato online, o il cuore spezzato da messaggio letto e mai risposto, fotografa l’attimo prima del coraggio. Quel momento in cui decidiamo se aspettare, scappare o finalmente esporci.

    Un modo nuovo di raccontare quello che proviamo, quando non sappiamo come dirlo. Una canzone nata da un gesto qualunque. E da una domanda che ci riguarda tutti.

    «Volevamo partire da una cosa minuscola, quotidiana – dichiarano i ColliMare -. Quei tre puntini che ci fissano e ci fanno immaginare mille risposte. O mille silenzi. Da lì è nato tutto.»

    Loro sono il duo BellaNotte, Slat ed Edgar Allan Pop: quattro artisti attivi da anni tra musica, teatro e sperimentazione. Hanno deciso di unire le forze e fondare il collettivo ColliMare, un progetto nato tra le colline e il mare della Romagna. Non una band, ma una formazione a geometria variabile che fa della diversità stilistica un punto di partenza. Lo stesso nome, suggerisce anche l’intenzione di far collimare differenze: geografiche, artistiche, personali. Senza etichette, senza classificazioni. La vera idea di collettivo: non quella che unifica, ma quella che tiene insieme. E in cui le singole identità non si annullano, ma si arricchiscono a vicenda.

    Nessuna forma prestabilita da rispettare, nessun algoritmo da assecondare.

    «Veniamo da ambienti diversi e da linguaggi non sempre riconosciuti – affermano –. Ma vogliamo suonare insieme, senza snaturarci e senza forzature. In fondo, anche i nostri live sono così: spontanei, mai uguali.»

    Il brano, registrato negli studi Atomic di Longiano (FC) e prodotto da Enrico Zavalloni, fonde scrittura cantautorale, spoken word e beat elettronici, senza rincorrere o incasellarsi in una scena o un genere.

    “Sta scrivendo…” è un ibrido sonoro essenziale, che accoglie i piccoli timori contemporanei e li trasforma in ritmo, immagine e narrazione.

    Al centro, un’inversione di senso, uno scarto semantico che somiglia al modo in cui ci parliamo oggi: veloce, ironico, ma pieno di cose non dette.

    «Tu sei l’influenza che voglio prendere»

    Un verso che parla di una scelta: quella di lasciarsi attraversare, anche da ciò che fa paura. E in fondo, è questa la direzione che prende tutto il brano: rimanere dove normalmente si evita di stare.

    Secondo Statista (2023), più del 70% delle comunicazioni sentimentali tra under 35 in Italia avviene via messaggio. Una connessione continua, che però non toglie le incertezze. I ColliMare partono proprio da qui: dal paradosso di essere sempre connessi, ma ancora incapaci di dirsi le cose davvero.

    «La nostra generazione si racconta a pezzetti, in chat, in note vocali, in like. Ma ogni tanto serve qualcuno che raccolga quei frammenti e li metta in musica, anche con un beat sotto.»

    “Sta scrivendo…” parte dall’idea che la canzone d’autore possa ancora essere una forma di pensiero – anche nel mondo digitale. Senza nostalgia, solo con il coraggio di restare in quel momento sospeso, prima che le parole arrivino.

    La copertina del singolo richiama l’estetica delle app di messaggistica, ma in controluce: come se qualcosa stesse per succedere, ma non ancora.

    Nel testo si parla di ansia, crescita, distanza e disattenzione. Ma anche di unione, di passaggi generazionali, e di libertà.

    In un’estate piena di canzoni che parlano di leggerezza, “Sta scrivendo…” sceglie di aspettare un attimo in più prima di parlare. E in quel tempo – sospeso, digitale, umano – prova a raccontare chi siamo, quando ancora non sappiamo come dirlo.

  • Quando a parlare è il cane abbandonato: Ciaro emoziona e scuote le coscienze

    C’è un momento, ogni anno, che si ripete con drammatica puntualità. Con l’arrivo dell’estate, come un rituale crudele, le città si svuotano, mentre le strade e le campagne si riempiono di silenzi assordanti. Ma qualcuno resta. Resta a guardare una porta chiusa, un’auto che si allontana, portando con sé una bugia travestita da amore. Sono gli animali abbandonati. Quelli che aspettano, senza sapere cosa hanno sbagliato.

    È da questa straziante attesa che nasce “Non lasciarmi qui”, il nuovo singolo di Ciaro, al secolo Giulia Ciaroni, che sarà presentato in anteprima assoluta domenica 29 giugno a Torino, durante una speciale giornata dedicata alla lotta contro l’abbandono degli animali – tra testimonianze, musica e impegno collettivo – e sarà reso disponibile su tutti i digital store lunedì 30 giugno.

    Il brano, scritto dal punto di vista del cane, è un grido d’aiuto. È la voce spezzata di chi non può parlare, ma può solo aspettare. Guardare. Soffrire.

    È lui che parla. È lui che resta fermo, lì dove l’hanno lasciato.
    Non giudica. Non serba rancore. Chiede solo di non essere dimenticato. E di essere amato.

    Non è la descrizione dell’abbandono: è l’abbandono. Lo vive, lo attraversa, dall’inizio alla fine.

    Nato dall’urgenza di sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle piaghe più dolorose del nostro tempo, il brano – primo singolo del collettivo Almae Music – sceglie di dare parola a chi solitamente resta fuori da ogni racconto: chi subisce.
    Non chi lo osserva, non chi lo combatte.
    Ma chi resta, fermo, dove l’hanno lasciato.

    Scritto da Giulia Ciaroni (Ciaro) e Francesca Pogliano, con la produzione di Giacomo Bertozzini per Almae Music, le edizioni di Victoria Music e accompagnato dal videoclip ufficiale – disponibile dal 4 luglio – diretto da Livia Lavagno per Leevia Production, “Non lasciarmi qui” è una finestra sulla solitudine.
    Dall’attesa alla delusione. Dal ricordo al vuoto.

    L’abbandono degli animali domestici è una tragedia che ogni estate si ripete con numeri allarmanti e in costante crescita. Secondo i più recenti dati raccolti da ENPA, nel corso del 2024 sono stati accuditi oltre 274.000 animali abbandonati, un aumento del 55% rispetto ai 176.633 registrati nel 2023.
    Una tendenza che nel 2025, già nei primi mesi, mostra segnali preoccupanti di continuità.

    In Italia, ogni estate, vengono abbandonati in media 130.000 animali domestici, tra cani, gatti e altre specie, con una stima di oltre 380 animali al giorno. Molti finiscono in strada, altri vengono ceduti ai rifugi già sovraffollati, pochi riescono a trovare una nuova casa.
    I più, semplicemente, spariscono dal radar della coscienza collettiva.

    L’abbandono resta un reato punibile per legge, ma la sua diffusione capillare e spesso invisibile lo trasforma in una violenza normalizzata.

    Una ferita che si riapre ogni estate, senza mai rimarginarsi davvero.

    Ma per far sì che un messaggio non sia solo un effimero slogan, non basta indignarsi. E non basta nemmeno scriverlo o cantarlo: bisogna portarlo dove può fare la differenza.

    È così che nasce l’evento benefico del 29 giugno a Torino – presso la Cittadella NIDA in Via degli Ulivi 11, a partire dalle ore 16:00 – pensato per trasformare lo sdegno in responsabilità, consapevolezza e impegno, e la musica in un gesto concreto.
    Una giornata aperta a tutti, in cui parole, esperienze e volti si intrecceranno per raccontare ciò che spesso resta ai margini: la vita di chi è stato abbandonato.

    Tra i protagonisti della giornata, personaggi noti e influencer che hanno aderito senza esitazione, mettendo a disposizione la propria presenza e sensibilità. Tra i tanti: Diego e Klea, Gabriele Genovese, Letizia Petris (Finalista Grande Fratello 2024), Elisa De Angeli (Toelettatrice/influencer), Mirko Darar (Italias Got Talent- il mio cane parla- comico/educatore cinofilo), Dott. Diego Rendini (comportamentalista – Università di Torino), Maris Noorhani (addestratrice cinofila E.N.C.I.), Dott.ssa Adriana Tugnoli (psicologa) e il celebre Dj Bruno Power.

    Insieme a loro, numerosi rifugi, canili, associazioni e professionisti del settore. Tra le realtà a livello nazionale, spicca l’adesione di AICAS, impegnata da anni nella tutela e nella difesa degli animali.

    A unire la musica al gesto, resta la voce di Ciaro:

    «Ho scritto questa canzone – dichiara -, cercando di mettermi nei panni di chi non può raccontare il dolore che prova. Volevo che a parlare fosse il cane, con la sua attesa, con il suo sguardo. Non è un brano realizzato per commuovere, ma per far pensare. Se anche una sola persona, ascoltandola, si fermerà prima di andarsene… allora sarà servito a qualcosa.»

    Ciaro ci invita a riflettere, a provare empatia. Perché a volte, basta poco per cambiare le cose: un’azione, una scelta, una presa di coscienza.

    E la musica, ancora una volta, si conferma uno degli strumenti più immediati per arrivare al cuore. Per dare voce, in prima persona, a chi voce non ne ha.

    “Non lasciarmi qui” è una canzone, sì. Ma è anche un movimento.
    Uno spazio sicuro per chi non può difendersi.
    Un atto d’amore.
    Perché l’amore vero… non abbandona, mai.

  • Un pezzo di storia della musica guida le nuove generazioni su GRP: Miki Del Prete e il format “Talent”

    Un’occasione rara per ascoltare storie di musica vissuta, ma anche per farsi ascoltare: da sabato 8 giugno, Miki Del Prete – autore di alcuni dei brani più iconici della musica italiana – sarà ospite fisso di Music “Talent”, il programma condotto da Donato Riva ogni sabato sera dalle 20:30 su Radio GRP.

    Dopo una carriera leggendaria come autore Tv, produttore discografico, paroliere e manager al fianco del Molleggiato – e non solo -, Del Prete torna a parlare di musica come ha sempre fatto: con passione, ironia e occhio critico. Ogni settimana commenterà i brani in gara con Efrem Sagrada e Marco Sacco, condividendo aneddoti e offrendo consigli preziosi ai giovani artisti in ascolto.

    Nato da un’idea di Efrem Sagrada e Marco Sacco Markino Dj, in collaborazione con Superstar Records, Seven-Holding London e Radio GRP, il progetto “Talent” rilancia un format creato oltre 15 anni fa da Efrem Sagrada – allora ex a.d. della Giack Celentano’s-Club Srl -, che oggi viene rinnovato per offrire visibilità concreta a cantanti e band emergenti. In palio: una produzione discografica con distribuzione.

    Autore di hit come “Il ragazzo della via Gluck”, “Nessuno mi può giudicare” “La coppia più bella del mondo”, “Impazzivo per te”, Storia D’ Amore”,

    Miki Del Prete ha attraversato 60 anni di musica italiana con uno stile inconfondibile. Con Music “Talent”, sceglie di rimettersi in gioco al microfono, questa volta per ascoltare.

    Efrem Sagrada: produttore musicale e televisivo, manager e organizzatore di eventi in Italia ed estero, inizia il suo percorso nel 1993 accanto a Giacomo Celentano. Dal 1994 collabora con Miki Del Prete, dando vita a una lunga sinergia professionale, dal 1997 al 2000 divide gli uffici oltre che con Del Prete anche con Giancarlo Spezia ex Phillip Morris (Muratti – Marlboro). Tra il 2000 e il 2009 cura tour promozionali per brand come Campari, Stock, Illy Caffè e altre multinazionali di food e beverage tramite Master Consulting, oltre a produrre dischi per volti noti della televisione. È stato cofondatore con Miki Del Prete della Giack Celentano’s Club Srl, ha organizzato grandi eventi internazionali con Artisti del calibro di Al Bano e Romina Power, Andrea Bocelli, Mike Tyson e tanti altri, oggi guida Seven-Holding London– con sedi a Londra e Milano – occupandosi di produzioni musicali, televisive, concerti, eventi, promozioni e strategie di marketing per artisti e aziende.

    Cantanti e band possono candidarsi gratuitamente inviando il proprio materiale a: management@seven-holding.com i casting sono gratuiti e si terranno a settembre 2025 presso gli studi Tv di Video Project in Via Santa Maria 93/95 Cologno Monzese, la data sarà comunicata 15 giorni prima tramite social e pagine casting tipo: passionecasting o seven london.

    «Ho scritto canzoni per chi ha fatto la storia della musica italiana. Ora voglio ascoltare chi la farà domani» – Miki Del Prete.

    Al progetto collaborano:

    Donato Riva:
    Speaker di Radio GRP, la musica lo ha fatto avvicinare al mondo della radio già in adolescenza, quando tutti ambivano alle grandi realtà nazionali radiofoniche, il suo più grande desiderio era condurre un programma su Radio.
    Il suo motto? La Musica è Vita e ” Talent” è Musica.
    Con oltre 392.000 ascoltatori settimanali e copertura capillare tra Torino, Cuneo, Biella, Alessandria e Valle di Susa, Radio GRP è il punto di riferimento per la musica pop dagli anni ’80 a oggi. Un partner ideale per dare voce al talento.

    Marco Sacco Markino Dj: E un DJ e producer torinese, inizia la carriera a metà anni ’90 firmando produzioni dance per etichette nazionali e internazionali. Con il tempo amplia il proprio stile, spaziano tra chill out, pop, rap e musica italiana. Ha collaborato con numerosi artisti sia italiani che stranieri, costruendo un’identità sonora versatile e riconoscibile.

  • Roma lo conosce già, ora è il momento di ascoltarlo davvero: DannyZ torna con “Tutto mio”

    C’è chi rappa per moda, chi per sfogo, e poi c’è chi lo fa perché non ha altra scelta. DannyZ, classe 2004, non è mai stato il tipo da scorciatoie. Quando a 11 anni gli hanno detto che avrebbe dovuto reimparare a camminare, non ha chiesto quanto ci avrebbe messo. Ha abbassato la testa e ha iniziato. Passo dopo passo, terapia dopo terapia. E ora che ha imparato a stare in piedi, “a camminare due volte”, nessuno lo farà più sedere.

    Così lo hanno definito giornali, radio e tv.
    “Il rapper che ha imparato a camminare due volte.”
    Un appellativo che non è solo una formula riuscita, ma una verità che ha fatto il giro dei media e si è fatta strada tra un pubblico sempre più vasto.
    Perché la storia di DannyZ – romano, cresciuto tra tutori e fisioterapia – è una di quelle che non si dimenticano, se la ascolti davvero. E ogni volta che torna, non lo fa per occupare spazio. Lo fa per guadagnarselo.

    Con “Tutto mio”, il suo nuovo singolo disponibile in tutti i digital store, DannyZ non bussa. Entra. E lo fa con il peso di chi ha qualcosa da dire. Il suo è un rap che cerca conferme, le brucia. Un rap che non è alla ricerca di consensi: li affronta di petto e li mette da parte.

    Dopo “Sempre Più Su”, brano che raccontava il suo percorso fisico e interiore come un campo di battaglia, il giovane artista capitolino torna con un pezzo viscerale, diretto, privo di alibi. Un pezzo che non fa sconti, che non ha paura di dire le cose come stanno. E in cui ogni rima pesa quanto un metro di asfalto percorso a fatica. È il suono di chi ha mangiato amaro, e ora si prende tutto. Senza chiedere permesso.

    Nelle barre di “Tutto mio”, DannyZ mette in chiaro da che parte sta:

    «Non voglio il flex, voglio il rispetto»

    Non si tratta di uno slogan ben costruito, ma di una sorta di mantra, da tenere stretto per affermarlo in faccia al mondo. Una linea netta tra chi ostenta e chi resiste. Un confine tracciato a voce ferma, quando tutto intorno ci ha abituati a far rumore per non dire niente. Perché certe frasi non basta scriverle: succedono. E quando succedono, non hanno bisogno di spiegazioni.

    Nato prematuro a 25 settimane, cresciuto tra corsie d’ospedale, tutori e fisioterapia, DannyZ ha fatto del suo corpo una prova vivente di volontà. Ogni movimento che oggi riesce a compiere è frutto di fatica, e ogni sua release porta il segno di quella strada.

    La disabilità non è un tema che “affronta”: è parte della sua storia. Non la esibisce, non la nasconde. Fa quello che tutti dovremmo imparare a fare: viverla con naturalezza, senza trasformarla in un’etichetta. E fa anche ciò che molti evitano: la tratta per quello che è — una parte di sé, non la sua definizione.

    In “Tutto mio” non c’è l’ostentazione, né il bisogno di compiacere. Non è rap d’intrattenimento.
    Non ci sono catene d’oro, solo catene spezzate.
    Non c’è bling bling, ma cicatrici esibite allo stesso modo, come medaglie.

    C’è rabbia, sì. Ma non quella sterile.
    È lucidissima, pulita, necessaria.

    Il beat spinge, ma è la voce che comanda: cruda, vissuta, mai artefatta.

    Nelle barre c’è fame. Ma non di hype, fame vera. Di riscatto, di concretezza, di verità.

    «Non cerco flash, non cerco gloria.
    Voglio che il mio nome resti nella storia.»

    Non è un’ambizione da rotocalco: è la voce di chi ha scelto di restare in piedi, anche quando sarebbe stato molto più semplice sedersi e lasciarsi andare — e lo ha fatto con il doppio della fatica degli altri.
    Di chi scrive ogni singola parola sul terreno che ha già calpestato.
    E che ora pretende solo una cosa: essere ascoltato per ciò che è, non per ciò che appare.

    In una scena dove l’immagine pesa più della parola, DannyZ rallenta e mette a fuoco.
    Ricorda che il rispetto non si compra, si guadagna.
    Che i like non valgono una mano tesa, uno sguardo sincero, qualcuno che resta quando gli altri spariscono.
    E che essere se stessi – oggi – è forse l’atto più street e rivoluzionario che ci sia.

    “Tutto mio” è una pagina. Ma non di quelle scritte al computer: di quelle scritte sulle ossa. Di quelle che raccontano chi siamo stati e tracciano la traiettoria verso chi vogliamo diventare. È un pezzo che non cerca lacrime né applausi, ma vuole solo farsi sentire da chi è disposto ad ascoltare. Perché chi ha imparato a camminare due volte non ha più paura di inciampare.

  • Roma ospita il debutto di AETERNA Academy: tra editoria e audiovisivo

    Imparare a raccontare una storia non è solo un esercizio creativo: è un atto culturale. E in un’epoca in cui narrare significa anche orientare, emozionare, connettere, nasce AETERNA Academy, il ramo formativo di AETERNA S.r.l. – realtà già attiva nel mondo dell’audiovisivo come creative media studio e oggi anche promotrice di corsi, masterclass e residenze in tutta Italia.

    Un progetto pensato per unire progettualità e mestiere, portando nelle aule l’esperienza concreta di professionisti che operano ogni giorno nel cinema, nella scrittura e nello storytelling contemporaneo.

    Il primo appuntamento si terrà a Roma il 12 e 13 luglio, con lo “Storytelling Workshop” guidato da due professionisti della scena narrativa contemporanea: Alessio Posar (sceneggiatore, editor e docente alla Scuola Holden) e Paula Boschi, sceneggiatrice e responsabile sviluppo live-action per Colorado Film che ha supervisionato l’adattamento cinematografico de “Il Fabbricante di Lacrime”.

    «Non siamo solo un Creative Media Studio: organizziamo masterclass, corsi e residenze in tutta Italia per offrire a studenti, appassionati ed esperti la possibilità di apprendere dai migliori – spiega Matteo Raffaelli, founder di AETERNA S.r.l. -. Pensiamo che il sapere pratico, condiviso da chi esercita realmente una professione, sia oggi più che mai necessario. È da questa visione che nasce AETERNA Academy.»

    Il workshop – aperto a soli 18 partecipanti – si concentrerà sull’arte del racconto: come strutturare una trama, costruire personaggi credibili, creare tensione narrativa e rendere un’idea una storia efficace, sia per il cinema che per la narrativa. Due giornate intensive nella suggestiva Sala Margana (Piazza Margana 41, Roma), per un totale di 10 ore di formazione pratica.

    A condurre il laboratorio sarà Alessio Posar, autore e editor, che da anni lavora a fianco di scrittori e sceneggiatori, oltre che insegnare alla Scuola Holden. La masterclass finale sarà affidata a Paula Boschi, figura di riferimento per l’adattamento cinematografico in Italia e co-autrice – con Posar – della serie editoriale “Giulietta e Romeo Untold”.

    Il workshop si rivolge a chi ha una storia in mente ma non sa da dove partire, a chi ha già cominciato ma ha bisogno di strumenti concreti per completare e revisionare il proprio progetto narrativo. Che si tratti di un romanzo, una sceneggiatura o una serie, l’obiettivo è dare struttura, direzione e consapevolezza al processo creativo.

    Le iscrizioni sono aperte fino al 3 luglio 2025, tramite email all’indirizzo: academy@aeternamedia.it

    Un’occasione formativa preziosa, che inaugura il percorso di AETERNA Academy con un segnale chiaro: investire sulle storie, oggi, è investire sul futuro.

    INFORMAZIONI DI SERVIZIO:

    Date: 12 e 13 luglio 2025
    Luogo: Sala Margana – Piazza Margana 41, Roma
    Orari: 10.00–13.00 e 14.00–16.00
    Monte ore: 10 ore totali
    Posti disponibili: max 18 iscritti
    Iscrizioni: entro il 3 luglio scrivendo a academy@aeternamedia.it