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  • Pausa pranzo con Break in Jazz dal 19 al 22 maggio nel cuore di Milano

    COMUNICATO STAMPA

    Pausa pranzo con Break in Jazz
    dal 19 al 22 maggio nel cuore di Milano

    Dopo diversi anni, piazza San Fedele torna a ospitare gli appuntamenti della storica manifestazione organizzata dallassociazione culturale Musica Oggi e dai Civici Corsi di Jazz: quattro giorni di concerti con gli allievi e i docenti della scuola in programma dalle ore 13 alle ore 14. Ingresso libero

    MILANO – Torna in piazza San Fedele, nel cuore di Milano, dove tutto è iniziato, la rassegna musicale Break in Jazz, organizzata dall’associazione culturale Musica Oggi e dai Civici Corsi di Jazz di Milano con il patrocinio del Comune di Milano. Giunta alla XXV edizione e in programma da lunedì 19 a giovedì 22 maggio, da sempre Break in Jazz è una delle manifestazioni più amate dai milanesi, ma anche dai tanti turisti che affollano il centro e le piazze più belle della città: un po’ perché i concerti si svolgono quando scatta la pausa pranzo, cioè dalle ore 13 alle 14 (nella fascia oraria che dà il titolo alla rassegna), un po’ perché gli appuntamenti sono tutti gratuiti e un po’ perché i luoghi che li ospitano (per molti anni, in passato, la manifestazione si è svolta in piazza Mercanti e poi in Piazza Tre Torri, nel quartiere emergente di Citylife) sono di grande fascino e richiamo.
    Quest’anno i quattro giorni di programmazione precederanno la nuova edizione di Piano City Milano (dal 23 al 25 maggio) e il Concerto di Radio Italia (il 30 maggio in Piazza Duomo): una collocazione temporale ideale per creare una significativa sinergia di eventi musicali pubblici nel capoluogo lombardo.
    Come sempre, i protagonisti di Break in Jazz saranno alcuni dei migliori studenti dei Civici Corsi di Jazz affiancati dai loro docenti. Si partirà lunedì 19 maggio con un omaggio a Count Basie a cura della Civica Jazz Orchestra (la big band formata dagli allievi della scuola) diretta da Luca Missiti che, oltre a essere docente di arrangiamento, composizione e musica d’insieme, è anche il coordinatore didattico dei Civici Corsi di Jazz.
    Martedì 20 maggio si esibirà il gruppo d’insieme guidato da Marco Vaggi che con The Real McCoy proporrà un itinerario nella musica del grande pianista e compositore McCoy Tyner. Il giorno successivo, mercoledì 21 maggio, sono in programma due concerti: durante il primo, gli studenti che fanno capo al chitarrista e docente Dario Faiella presenteranno il progetto Da Coltrane agli anni ’80, mentre la seconda esibizione, intitolata Miles to Deep Purple, vedrà la partecipazione della formazione diretta da Marco Mariani, docente di strumento, Ear Training e Musica d’insieme nonché presidente dell’associazione culturale Musica Oggi.
    Infine, giovedì 22 maggio, per l’ultimo appuntamento di Break in Jazz, andrà in scena Bop Meets Afro-Latin, a cura del gruppo di allievi diretti dal trombonista peruviano Humberto Amesquita, docente di strumento e di musica d’insieme dei Civici Corsi di Jazz.
    Afferma Luca Missiti: «Sono molto felice che questo appuntamento storico per il jazz milanese ritorni in piazza San Fedele, dove tutto è iniziato, più di venticinque anni fa, da un’idea di Enrico Intra. Come da tradizione, si esibiranno i gruppi di musica d’insieme dei Civici Corsi di Jazz, diretti dai docenti che li hanno preparati durante l’anno. Questa rassegna rappresenta una bellissima opportunità per i milanesi di ascoltare, in pausa pranzo e in pieno centro, una varietà di stili e di repertori che attraversano l’intera storia del jazz».

    Nati nel 1987 in collaborazione con l’associazione culturale Musica Oggi fondata da Enrico Intra, pianista, compositore, arrangiatore e direttore d’orchestra tra i più importanti nella storia del jazz europeo, e dal musicologo Maurizio Franco, i Corsi Civci di Jazz fanno parte da molti anni dell’offerta formativa della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado. I corsi, che rappresentano una vera e propria eccellenza nella didattica musicale italiana e che sono una delle più importanti realtà europee per l’insegnamento del jazz, hanno sempre coniugato l’attività di formazione e quella concertistica, impegnando studenti e docenti in progetti musicali comuni dall’alto livello artistico.

    BREAK IN JAZZ – Il programma della XXV edizione
    Dal 19 al 22 maggio 2025, piazza San Fedele, Milano
    Dalle ore 13 alle ore 14, ingresso libero

    Lunedì 19 maggio
    Atomic Basie
    CJO – Civica Jazz Orchestra (big band degli allievi dei Civici Corsi di Jazz)
     
    Luca Missiti, direzione
    G. Otoya, M. Vertua, L. Cortinovis, M. Spizzi, trombe
    M. Campi, K. Bonilla, E. Cremonesi, S. Capitaneo, tromboni
    S. Viglietti, A. Migliorati, A. Pinese, A.D. Alfieri, R. Piccaluga, A. Barzelatto, sassofoni
    S. Lindo, E. Sjoberg, pianoforte
    C. Miraglia, chitarra
    R. Loda, A. Lorusso, basso elettrico/contrabbasso
    T. Allen, L. Baldetti, A. Profeti, batteria
    A.C. De Piccoli, C. Faroni, V. Zanuso, voci

    Martedì 20 maggio
    Gruppo di musica d’insieme di Marco Vaggi
    The Real McCoy – Un itinerario nella musica di McCoy Tyner
    Isabella Lavanga, Giulia Lazzerini, voci
    Domenico Alfieri, Alessandro Barzelatto, Sabrina Ferrara, Alessio Migliorati, sassofoni
    Lorenzo Audisio, Dario Spezia, chitarre
    Samuele Lindo, Emil Sjoberg, pianoforte
    Claudio Brivio, Antonio Lorusso, basso
    Enrico Cremonesi, Pietro D’Ambrosio, Mattia Trovato Saluzzo, batteria

    Mercoledì 21 maggio
    Primo concerto – Da Coltrane agli anni ’80
    Gruppo di musica d’insieme di Dario Faiella
    Maddalena Cortesi, voce
    Mattia Primon, sax tenore
    Marco Mottadelli, Matteo Bianchi, chitarre
    Paolo Carugati, pianoforte
    Riccardo Loda, contrabbasso
    Marcello Repola, Riccardo Cotti, batteria

    Secondo concerto
    Gruppo di musica d’insieme di Marco Mariani
    Miles to Deep Purple
    Cristina Balestriere, voce
    Martino Merati, Massimiliano Spizzi, trombe
    Ferruccio Perrone, chitarra
    Giaso Cancelliere, pianoforte
    Dario Spezia, basso
    Enrico Cremonesi, batteria

    Giovedì 22 maggio
    Bop Meets Afro-Latin
    Gruppo di musica d’insieme di Humberto Amesquita
    Isabella Lavanga, voce
    Alessio Migliorati, sax alto
    Matteo Vertua, tromba
    Samuele Lindo, pianoforte
    Caterina Crucitti, basso
    Alessio Profeti, Marcello Repola, batteria
  • Tra jazz e ritmi caraibici, esce il 7 maggio Canción Bolero, l’album d’esordio della cantante Sabina Di Paolantonio

    La vocalist abruzzese esplora il repertorio della canzone romantica di tradizione caraibica, fondendolo con le sonorità tipiche del jazz. Insieme a lei quattro musicisti di talento: Emanuele Di Teodoro (basso), Arturo Valiante (pianoforte), Fabrizio Mandolini (sassofoni) e Niki Barulli (batteria e percussioni)
     

    Esce mercoledì 7 maggio, su tutte le piattaforme digitali, Canción Bolero, l’album di esordio di Sabina Di Paolantonio pubblicato dall’etichetta PlayCab e registrato negli studi Faremusika di Teramo. Disponibile anche in formato fisico, il disco nasce dal desiderio di esplorare il repertorio classico della canzone romantica caraibica e fonderlo con le sonorità e i colori del jazz, in un incantevole viaggio nell’essenza del bolero. I nove brani che lo compongono sono stati arrangiati con l’obiettivo di rivestirli di tonalità jazz, pur mantenendo la dolcezza e il forte romanticismo di appartenenza. Senza mai scivolare nella teatralità, i classici brillano grazie a una freschezza interpretativa che ne esalta l’essenza e svelano storie che accendono immagini vivide ed emozioni profonde nell’animo di chi li ascolta. 

    Il progetto è frutto di una stretta e profonda collaborazione con uno dei migliori bassisti emergenti sulla scena nazionale, Emanuele Di Teodoro, che è anche uno dei più giovani docenti di musica jazz nei conservatori italiani. Oltre ad aver arrangiato tutti brani, Di Teodoro è anche coproduttore dell’album, insieme a Morgan Fascioli. Alla realizzazione dell’album hanno contribuito tre musicisti jazz di indiscusso talento: Arturo Valiante al pianoforte, Fabrizio Mandolini ai sassofoni e Niki Barulli alla batteria e alle percussioni.

    Nata a Teramo, Sabina Di Paolantonio si è avvicinata al canto jazz una decina di anni fa, diplomandosi al Conservatorio G. Braga della sua città dopo aver studiato chitarra classica sin da ragazzina. Appassionata di musica in tutte le sue forme, ha seguito masterclass e seminari di approfondimento con cantanti e musicisti rinomati del panorama jazzistico italiano quali Maria Pia De Vito, Tiziana Ghiglioni, Barbara Casini, Ada Montellanico, Ramberto Ciammarughi, Daniele Mencarelli, Max Ionata, Maurizio Giammarco e Bebo Ferra.  Inserita da tempo nel contesto jazz del suo territorio, Sabina fa del proprio linguaggio musicale un veicolo di sentimenti ed emozioni in chiave romantica.

    L’artista descrive così il suo progetto: «L’incontro con il bolero è avvenuto in modo inaspettato, ma determinante. Ho avvertito immediatamente un richiamo profondo, come se quell’universo musicale fosse parte di me. Con il trascorrere del tempo è nata in me la voglia di trasformare questo viaggio di scoperta in un’opera discografica. Scavare nelle origini di questi brani e ridare vita a tutte le storie che li hanno ispirati è stata una meravigliosa avventura, un’esperienza di crescita sia dal punto di vista musicale sia umano. Mi auguro di trovare conferma di tutte queste sensazioni in chi ascolterà questo lavoro». Le fa eco Di Teodoro: «L’arrangiamento è stato calibrato sulle qualità vocali di Sabina, che si rivela un’interprete di notevole sensibilità». 

    Il brano che apre l’album è stato anche il primo singolo pubblicato lo scorso febbraio: si tratta di Cuando vuelva a tu lado, scritto da María Grever nel 1934 e affermatosi come standard jazz con il titolo What a difference a day makes. La seconda traccia (nonché secondo singolo pubblicato) è Esta tarde vi llover, opera del compositore messicano Armando Manzanero, uno tra i più importanti creatori di bolero moderno. Seguono il famosissimo Tú me acostumbraste, del cubano Frank Domínguez («Pezzo che racchiude un universo di sentimenti» afferma Di Paolantonio), e Veinte años, di Maria Teresa Vera, riarrangiato e proposto in chiave ironica e provocatoria. Il quinto brano, La Mentira, è un bolero di Alvaro Carrillo che fu riarrangiato anche da Duke Ellington per la sua big band e interpretato da Frank Sinatra con il titolo di Yellow daysNosotros, del cubano Pedro Junco Jr., precede il celeberrimo Bésame mucho, scritto in età giovanile da Consuelo Velàsquez e qui riproposto in un arrangiamento fresco ed esuberante, con un cambio ritmico di tempo in 5/4. Chiudono l’album Voy a apagar la luz, un’altra storica composizione di Manzanero, che ha segnato un punto di svolta proiettando il bolero verso nuove sonorità e nuovi ritmi, e Historia de un amor (il terzo singolo, pubblicato il mese scorso) del panamense Carlos Eleta Almarán.

  • Concerti, danze, performance, silent disco ma non solo: i Notturni accendono di magia Monza Visionaria venerdì 9 e sabato 10 maggio nel Roseto, nel Teatro di Corte e alla Villa Reale

    Quest’anno lo spettacolare format ideato da Musicamorfosi triplica, offrendo agli spettatori un ricchissimo palinsesto di eventi: tra le novità spicca la tripla silent disco, in programma sabato 10 maggio fino a notte fonda nel Cortile d’Onore della Reggia


    MONZA – I Notturni ricominciano da tre: il format site-specific di Musicamorfosi, che da sempre caratterizza il festival Monza Visionaria, quest’anno triplicherà e verrà ospitato, venerdì 9 e sabato 10 maggio, non solo nell’inebriante atmosfera del Roseto Niso Fumagalli della Reggia di Monza, ma anche nel Teatro di Corte e nei dorati ambienti della Villa Reale. Due serate, anzi due maratone di eventi tra musica live, danze, performance, dj set, installazioni di luci e suoni, profumi di rose e molto altro alla ricerca dell’oro interiore (il leit motiv della XIII edizione di Monza Visionaria è, per l’appunto, L’estasi dell’oro), alla (ri)scoperta dei tesori che ci circondano. Come sempre, gli spettatori saranno liberi di muoversi, guardare, curiosare, ascoltare, ballare e abbandonarsi alla musica e ai tanti stimoli offerti dagli artisti che prenderanno parte ai Notturni.
    Il programma di quest’anno, ricchissimo, è tutto incentrato sulla danza: da osservare, da vivere e da praticare insieme ma anche da soli. Il palinsesto di eventi è pensato, in particolare, per attrarre i giovani con i sontuosi balli in stile Regency (immortalati nella fortunata serie tv  Bridgerton), guidati dai docenti della Società di Danza di Monza e Brianza, all’interno del Salone da Ballo della Villa Reale; con la danza estatica, da praticare insieme alle insegnanti Anna Inferrera e Camilla Vigorelli, in mezzo ai profumi del Roseto insieme alla musica tribale di Gennaro Scarpato; con la danza aerea nella performance L’estasi del tempo sospeso della compagnia La Clè de l’Art con Clelia Fumanelli, Ho Jung Park e Antonio Palladino; con la danza e i tamburi giapponesi e il live di Sanbiki feat. Ventu, per perdersi nella ricerca dell’oro “interiore”; con la danza afro, per scatenarsi con i ritmi degli Olaïtan, una stupefacente brass band in arrivo dal Benin (per la prima volta in Europa). Senza dimenticare la musica, come sempre di altissimo livello, con il trio Freak Machine del trombettista Giovanni Falzone, nome di punta della scena jazz nazionale, e con le esibizioni al piano nobile della Villa Reale, tra gli spazi della mostra Reggia Contemporanea, del pianista Raffaele Garramone e dell’Østrik Quintet, talentuosi musicisti che partecipano al progetto Prodjgi dedicato alla promozione dei giovani jazzisti italiani grazie al bando Siae “Per Chi Crea”.
    Quest’anno, per la prima volta, sono previste anche performance e installazioni accessibili in LIS, la lingua italiana dei segni: per scoprire i segreti e le meraviglie della Villa Reale (in particolare le sue pendole, d’oro ovviamente) e una nel Roseto, dove una videoinstallazione riproporrà lo storico discorso (“I have a dream”) tenuto da Martin Luther King nel 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington alla fine di una manifestazione per i diritti civili.
    Si partirà, come detto, venerdì 9 maggio alle ore 18.30 con i Notturni in Reggia (fino alle ore 22) e con i Notturni al Teatro di Corte (sempre fino alle ore 22); poi, dalle 21.30 a mezzanotte, ci si sposterà nel Roseto Niso Fumagalli. In questa prima giornata dei Notturni si potrà assistere nel Teatro di Corte alle prove aperte (dalle ore 18.30 alle 22) dell’Orchestra Canova diretta da Enrico Pagano, che il giorno successivo sarà protagonista del doppio concerto intitolato Quattro modi per sorridere (alle ore 18.30 e 20.30; ingresso a partire da 5 euro; biglietti in prevendita su https://www.mailticket.it/evento/47221/quattro-modi-di-sorridere–%231 e https://www.mailticket.it/evento/47222/quattro-modi-di-sorridere-%232): nel primo set verranno eseguite musiche di Mozart e Campogrande, nel secondo composizioni di Haydn e Campogrande, con la presenza del pianista Gabriele Strata, giovane e premiato pianista vicentino per la prima volta a Monza.
    Il programma dei Notturni verrà replicato nella giornata di sabato 10 con l’aggiunta di un’imperdibile chicca: la Trilogia Disco, ovvero la tripla silent disco che andrà in scena dalle ore 23 a notte fonda nel Cortile d’Onore della Villa Reale. Ci saranno due dj set e un dj set live per ballare silenziosamente (grazie alle cuffie wireless), “perdendosi nell’oro”. In particolare, il live set è dedicato all’oro di Mompracem, quello del mitico Sandokan, a cura di Gennaro Scarpato (percussioni) & Fana, mentre gli altri due dj set riproporranno indie/happy music e disco/latin house/house/electro house.
    I biglietti d’ingresso ai Notturni costano 15 euro e sono in vendita sul posto e online su https://www.mailticket.it/evento/46902/notturni. In caso di pioggia improvvisa, a silent disco avviata, l’evento verrà interrotto, così come saranno interrotte le performance al Roseto. 
    In caso di pioggia prevista durante la giornata, prima dell’inizio degli eventi al  Roseto, le performance saranno spostate all’interno della Villa Reale. In caso di maltempo non è previsto il rimborso di biglietto.
    Il calendario completo, le modalità di accesso agli eventi ed eventuali variazioni al programma della XIII edizione di Monza Visionaria online qui: www.monzavisionaria.it 
  • Viviana Picchiarelli uscita con il suo quinto romanzo “Il confine dei silenzi”: una storia intensa per dare voce alla sordità, ai silenzi che escludono e al coraggio delle donne che rifiutano ruoli imposti

    La scrittrice umbra Viviana Picchiarelli è tornata in libreria dal 7 aprile con il nuovo romanzo Il confine dei silenzi edito da Bertoni Editore: una storia intensa e attuale, dove le battaglie personali si intrecciano a quelle sociali, tra identità negate, sfide di potere e voglia di riscatto.

    Pagine nate dalla consapevolezza che la sordità non è solo assenza di suono. È il limite che gli altri ti impongono, lo sguardo che ti riduce, il confine che non hai scelto.

    A Terravecchia del Monte, Clara Rossetti, psicoterapeuta sorda, sfida la famiglia Cairoli, una potente dinastia di politici e imprenditori che da decenni tiene il paese sotto scacco. Sostenuta dall’amico di sempre, Dario, e dal padre Attilio, si candida a sindaco con l’intento di smantellare un sistema corrotto e oppressivo. Ma Leonardo Cairoli, sindaco uscente, non ha alcuna intenzione di cedere il potere. Richiama da Milano sua figlia Glenda, costringendola a candidarsi contro Clara e scavalcando il primogenito Federico. Estromesso e umiliato, quest’ultimo trama nell’ombra per sfruttare la candidatura della sorella e distruggere la credibilità di Clara, pur di non perdere il controllo.

    Mentre la campagna elettorale si inasprisce, Clara, Glenda e Dario sono costretti a confrontarsi con le ferite del passato. Il legame interrotto tra Glenda e Dario riaffiora tra esitazioni e rancori irrisolti, mentre Clara, trascinata nel vortice dello scontro politico, si trova faccia a faccia con i pregiudizi sulla sua sordità, con le divisioni interne alla comunità sorda e con un vissuto drammatico che ha tentato invano di lasciarsi alle spalle.

    Sullo sfondo di una provincia immobile, dove il potere si tramanda come un’eredità inevitabile e gli echi della guerra in Siria si intrecciano con le lotte personali, tutti i protagonisti devono fare i conti con il peso del silenzio: imposto, scelto o subito.

    Quando l’editore mi ha proposto di scrivere una storia sulla sordità, ho esitato – ha confessato l’autrice. Il rischio di banalizzare, se non addirittura di strumentalizzare un tema così delicato, era reale. Ma una volta accettata la sfida, mi è stato chiaro che l’unico modo per raccontarla era allargare lo sguardo: non fermarsi alla disabilità in sé, ma esplorare come viene percepita, imposta, travisata. Così l’ho intrecciata ad altri silenzi: quelli che proteggono, che pesano, che separano. Ne è nata una storia di identità, potere e resistenza. E di donne che non lasciano ad altri la prerogativa di definirle.”

    Questa storia affronta la disabilità senza ridurla a etichetta, ma come una delle tante barriere che i personaggi devono superare – ha replicato l’editore Jean Luc Bertoni. Parla di potere, di eredità ingombranti, di donne costrette a lottare per affermarsi. Sapevo che per raccontarla serviva una voce incisiva e autentica. Per questo ho scelto Viviana Picchiarelli. Pubblica con Bertoni Editore dal 2011 e ha sempre saputo trattare temi complessi con rispetto e precisione, senza mai cadere in sterili semplificazioni. Le ho affidato questa storia perché sapevo che le avrebbe dato l’anima che meritava.”

    Potere e resistenza, identità e riscatto, ambizione e fragilità finiscono così per amalgamarsi e attraversano le barriere dell’apparenza, per dare voce a chi è sempre stato costretto a lottare per essere ascoltato.

     

    Dati tecnici:

    Autore: Viviana Picchiarelli

    Editore: Bertoni

    Collana: Narrativa

    In commercio dal: 07 aprile 2025

    Pagine: 293 p., Brossura

    Prezzo: Euro 19,00

    EAN: 9788855358859

     

    L’autrice:

    Nata ad Assisi nel 1979, Viviana Picchiarelli fa parte del gruppo letterario WOMEN@WORK. Laureata in Scienze della Comunicazione, ha conseguito un master di primo livello in International Business and Intercultural Context e due di secondo livello in Scienze della Pubblica Amministrazione e Risorse Umane e Organizzazione. Ha frequentato corsi e seminari di scrittura creativa e cinematografica, tra cui il Corso di Alta Formazione – Il piacere della scrittura presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Vincitrice di uno dei contest settimanali della gara dei racconti di Rai Radio1 Plot Machine (edizione 2017), ha iniziato a scrivere nel 2011 per varie case editrici. Per Newton Compton Editori ha pubblicato La locanda degli amori sospesi (2018) e Il giardino della locanda dei libri (2019). Con Bertoni Editore ha dato alle stampe Il rubino intenso dei segreti (2016), spesso ai vertici delle classifiche Amazon, e Prima del buio in sala (2021), più volte premiato in vari concorsi letterari.


  • Tra meme e maschere, Ruggero Ricci cerca l’amore in un mare di squali, anzi: di “Pescicani”

    «Mi sono svegliato morto, in equilibrio sui binari». Non è un’immagine dark da effetto speciale, ma l’istantanea di uno stato mentale: quello di chi vive sospeso tra il bisogno di sentirsi vivo e la stanchezza di doverlo dimostrare. È così che si apre “Pescicani” (Snow Records/ADA Music/Warner Music Italy), il nuovo singolo di Ruggero Ricci. A metà tra flusso di coscienza e immaginario pop, il brano si muove su ritmi indie-reggae, con suggestioni visionarie e sfumature ironiche, facendo luce sul disorientamento identitario dei venti-trentenni di oggi.

    “Pescicani” è il ritratto, volutamente instabile, di una generazione che galleggia tra scroll compulsivi, relazioni interrotte e una voglia sottile ma feroce di sparire per reinventarsi. Un carosello di emozioni spiazzante, lucidamente caotico.

    Il titolo rimanda a figure ambigue, opportuniste, predatrici. Ma nel mondo narrativo creato da Ruggero, i “pescicani” diventano il simbolo grottesco di una festa in cui si balla per dimenticare, si ride per fuggire e si finge per sopravvivere. Una festa che sembra essere diventata il teatro abituale dei giovani adulti: un luogo di evasione, alienazione, performance.

    «Ho voglia di fingermi un santo, ho voglia di essere un mostro». Un desiderio duplice e antitetico, che riassume bene lo stato d’animo del protagonista: spinto a cambiare forma, identità, linguaggio, senza mai davvero trovare una direzione. In “Pescicani”, non c’è una narrazione lineare: il testo è un quadro frammentato, dove il tempo si rompe, i toni saltano da un’estremità all’altra, e ogni singola parola può diventare una maschera da indossare o un grido trattenuto. Il senso di alienazione si traduce in parole che non cercano coerenza, ma aderiscono al disordine – emotivo, esistenziale, comunicativo -, in cui non è difficile riconoscersi.

    Tra i temi centrali: la crisi identitaria, l’incomunicabilità, il bisogno di evasione. «Navighiamo tra cuori di plastica, se ci sei, tu dimmi che ci sei»: un verso che è la sintesi di legami che sembrano sempre più vuoti, finti, svuotati di senso. Quello di Ruggero è un diario interrotto, fatto di tentativi, fughe immaginate e parole lasciate a metà. Un racconto senza morale né soluzione, in cui la confusione non è un ostacolo ma il paesaggio naturale di chi cresce cercando legami, connessioni, in un mondo fatto di distanze.

    In un tempo in cui l’identità è sempre più uno spettacolo da condividere e i ruoli cambiano al ritmo degli algoritmi, “Pescicani”, prodotto da Massimiliano Giorgetti (Majorizm Lab) e Tia Snow, attraversa il rumore di fondo di una generazione che scorre tra maschere digitali e silenzi mai davvero vuoti, quelli di chi cerca se stesso tra scroll compulsivi, inseguendo un punto fermo in mezzo al caos.

    Il brano gioca con riferimenti alla cultura pop, tra tormentoni e cliché affettivi e linguistici del presente: «Tieniti pronto per entrare a Hollywood», «Dire, fare, baciare, ghostare», «bla bla bla bla pubblicità». Ma sotto la superficie ironica, resta l’amaro di chi si guarda vivere, consapevole di stare sempre un po’ in scena. Si intravede il disagio di un presente in cui tutto sembra recitato — anche la fatica di esserci davvero — e prende forma una domanda implicita: cosa resta di noi, nel rapporto costante con i social, la spettacolarizzazione, il bisogno di interpretare un ruolo?

    «In tutte queste settimane ho avuto voglia di smettere di recitare – dichiara Ricci -. Ho scritto “Pescicani” come se fosse un sogno febbrile: ci ho messo dentro immagini che mi hanno attraversato mentre provavo a capirmi. Non volevo dare risposte, solo far vedere il disordine con sincerità.»

    Nel testo compaiono sogni surreali, come il bungee jumping tra le scuse di una storia finita, e scene quotidiane – «hai parcheggiato fuori mano» – che si mischiano a derive dai toni poetici, visioni che sembrano venire da un dormiveglia inquieto, con uno stile che preferisce la contraddizione alla coerenza. La voce dell’artista diventa quella di molti che, in un presente frammentato, cercano di affermarsi anche quando non sanno chi sono, di esistere anche senza sapere esattamente chi stanno diventando.

    «Mi piace pensare che questa canzone possa essere accolta anche da chi ogni tanto si sente fuori posto, o ha voglia di sparire per poi reinventarsi – conclude l’artista -. Non ho scritto per spiegarmi, ma per condividere quel momento assurdo in cui ti rendi conto che non ti riconosci più.»

    “Pescicani”, accompagnato dal videoclip ufficiale in uscita martedì 13 maggio per la regia di Andrea Artioli e la fotografia di Bronny, è un piccolo caos ragionato, un disordine lucido, un affresco contemporaneo tra malinconia e urgenza di essere ascoltati, capiti. Un ritratto onesto e irriverente di chi si sente perso e lo dice ad alta voce, di chi si vede fuori asse e sceglie di dirlo senza paura. Più che spiegare una condizione, la canzone ne mette a nudo la forma: quella di un presente che sembra sempre sul punto di rompersi, o di ricominciare.

  • “Don’t worry… you’re dead!” è il nuovo singolo di Buonarroti

    Da venerdì 9 maggio 2025 è disponibile sulle piattaforme digitali “Don’t worry… you’re dead!” (Overdub Recordings), il quinto singolo di BUONARROTI, estratto dal nuovo EP “KOMOREBI” di prossima uscita.

    “Don’t worry… you’re dead!” è un brano che si apre con un piano ascendente, quasi a suggerire una veste classica. Ma l’ingresso deciso di batteria e basso riporta subito il pezzo su coordinate post-industriali. Alla materialità dell’intermezzo subentrano poi le sonorità eteree dei synth, che evocano una sorta di espiazione.

    Commenta l’artista a proposito del brano: “È come se l’ascoltatore fosse catapultato in un futuro distopico, dove le vestigia del passato si mescolano con la freddezza della tecnologia.”

    Biografia

    Leggi Buonarroti e pensi immediatamente a Michelangelo. Ma ti sbagli perché è Filippo, meno noto cospiratore rivoluzionario.

    È su questa ambiguità che nasce Buonarroti, side project del batterista del trio Chaos Conspiracy, stavolta alle prese con atmosfere più intime e malinconiche. Per sua stessa natura il progetto non abbraccia una forma unica e definitiva ma si presenta come molto eterogeneo e in divenire. Pur partendo da un approccio prevalentemente elettronico e strumentale, non disdegna collaborazioni, anche vocali, con altri artisti.

    Il primo EP ufficiale, Inhibitions, mixato e masterizzato da Filippo Buono presso il Monolith Recording Studio è stato pubblicato dalla Overdub Recordings nel maggio del 2023. L’artista ha poi collaborato in tre occasioni con la vocalist Simona Giusti, con la quale ha pubblicato i singoli Idiot, Distance e Guiding light.

    Dopo “Intro”, “Komorebi”, “Age of paranoia” e “Homesick”, “Don’t worry… you’re dead!” è il quinto singolo di BUONARROTI estratto dal nuovo EP “Komorebi” di prossima uscita, pubblicato da Overdub Recordings disponibile sulle piattaforme digitali di streaming da venerdì 9 maggio 2025.

     

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  • “Goditi la scena” è il nuovo singolo di Edoardo Fabbretti

    Dal 2 maggio 2025 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale “Goditi la scena”, il nuovo singolo di Edoardo Fabbretti.

    “Goditi la scena” è un brano che nasce in un periodo confuso, in cui l’artista preferiva tenere gli altri a distanza, lontani da un vortice quasi tossico di dubbi. La canzone racconta anche quelle relazioni destinate a finire – dopo poche ore, giorni, mesi o anni – legami che, fin dal principio, portano con sé la consapevolezza della loro fine. Attraverso la musica, emerge la fragilità nel resistere a se stessi, mentre la solitudine, pur necessaria, si rivela pericolosamente difficile da affrontare: imporsela può trasformarsi in un gesto di estremo masochismo.

    Spiega l’artista a proposito del brano: “Come la maggior parte delle mie canzoni il ritornello ha iniziato a girarmi in testa così per caso mentre facevo altro. Col tempo si è sviluppata ma la stesura è venuta quasi da sé così anche come l’arrangiamento. Racchiudere il mio lavoro in un genere musicale credo sia artisticamente fastidioso. Mi piace prendermi la libertà di dare a ogni canzone la veste naturale che più merita e l’atmosfera che più si avvicina a quello stato d’animo. È una canzone scritta diversi anni fa per cui non so nemmeno se la tematica mi rappresenta più. Sono convinto che però, una volta scritte, le canzoni abbiano senso di esistere al di là dell’autore. Le parole possono assumere un ruolo nelle storie di qualcun altro o rappresentare immagini di esperienze magari mai vissute ma sognate. Sono affascinato da questa cosa che ogni ascoltatore inventa la storia che vuole su quello che scrivo”.

    Biografia

    Edoardo Fabbretti è un batterista e cantautore italiano, la cui carriera musicale è iniziata a soli 13 anni, quando si è innamorato della batteria. Affascinato dalla potenza ritmica dello strumento, ha intrapreso un percorso di studi rigoroso, perfezionando la sua tecnica sotto la guida di maestri esperti e ispirandosi a batteristi di fama mondiale. Già durante l’adolescenza ha cominciato a esibirsi in piccoli eventi locali, mostrando una forte energia musicale.

    Nel corso della sua carriera, ha collaborato con numerose band e artisti di generi diversi, tra cui i Brahamanelporto, Santiria e Matteo Sacco. È noto per essere il batterista degli Hotel Supramonte, una band tributo a Fabrizio De André, con cui ha condiviso il palco con importanti artisti come Ellade Bandini e Michele Ascolese, esibendosi anche in teatri di rilievo nazionale. Suona anche in progetti come Lenny Arancio & Border Lime e Le Pulci, oltre a lavorare come insegnante di batteria in vari centri musicali del centro Italia.

    Nonostante il suo ruolo consolidato come batterista, Edoardo ha sempre nutrito una profonda curiosità verso altri ambiti musicali, dedicandosi alla composizione e agli arrangiamenti. La sua voglia di esprimersi in modo completo lo ha portato, negli ultimi anni, a intraprendere un nuovo capitolo artistico come cantautore.

    Le sue canzoni uniscono testi ed emozioni attraverso una produzione curata, con minimi dettagli sonori, grazie anche alla collaborazione con Alfio Scoparo. Ogni brano è il risultato di un processo creativo in cui Edoardo interpreta la sua musica in modo poliedrico, cantando e suonando con passione e autenticità. La sua abilità nel creare groove unico e nell’integrare il ritmo in modo creativo nelle sue canzoni lo distingue come un artista completo.

    Con una carriera solida e una nuova direzione artistica, Edoardo Fabbreti si presenta come un talento versatile, capace di emozionare e sorprendere attraverso la sua musica. La sua storia è quella di un artista in continua evoluzione, che unisce tecnica, passione e una visione artistica personale e innovativa.

    “Goditi la scena” è il nuovo singolo di Edoardo Fabbretti già disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale da venerdì 2 maggio 2025.

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  • “Vicoli Oscuri” è il nuovo romanzo di Lorenzo Malvezzi

    Disponibile in libreria e nei principali store digitali “Vicoli Oscuri” il nuovo romanzo di Lorenzo Malvezzi, pubblicato da Fratelli Frilli Editori. Un noir ambientato a Genova, teso e inquietante, dove le ombre dei vicoli nascondono mostri e verità sepolte.

     

    Commenta lo scrittore a proposito del libro: “Con la scrittura oltre ad intrattenere il lettore, cerco di metterlo davanti ad uno specchio. Mi piacerebbe fargli prendere una posizione sugli accadimenti e i personaggi narrati nei miei romanzi, non lasciarlo indifferente. Quando un romanzo è buono chi l’ha letto si conosce meglio. Questo per me è il compito della letteratura”.

    SINOSSI

    Un maniaco si aggira per i vicoli di Genova, usando la GHB, la droga dello stupro, per stordire le sue vittime e lasciarle con un vuoto nell’anima e ricordi frammentati. La polizia è impotente, bloccata da procedure e mancanza di prove. Tito Laremi, per puro caso, diventa l’uomo sbagliato nel posto giusto, finendo coinvolto in un’indagine ufficiosa che lo porterà a confrontarsi non solo con il mostro che si nasconde nelle ombre della città, ma anche con un passato oscuro che non lo ha mai veramente lasciato andare.

    “Vicoli Oscuri” è un romanzo che unisce tensione narrativa e riflessione interiore, con uno stile diretto e senza sconti. Perfetto per chi ama le atmosfere cupe, i personaggi tormentati e i misteri che scavano dentro.

    BIOGRAFIA

    Lorenzo Malvezzi è un autore, musicista e sviluppatore informatico. Dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, si trasferisce a Milano dove inizia la sua carriera nel mondo della musica, lavorando come artista e produttore per un’etichetta discografica. Questa esperienza lo porta a collaborare con svariate agenzie di eventi, che lo fanno viaggiare per il mondo. Tornato a Genova, Malvezzi si dedica alla composizione di colonne sonore per programmi Rai e alla produzione musicale, vincendo numerosi premi per la musica d’autore. Durante la pandemia, si avvicina all’informatica e crea contenuti multimediali per il canale “GoodMorning Genova”. Attualmente lavora come programmatore informatico. Vicoli oscuri è il suo secondo romanzo. Scrive Zena Reticoli, una serie di racconti sulla nascita delle più avvincenti storie e leggende genovesi, pubblicati con cadenza settimanale on-line da “Il Secolo XIX”. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Un cane, un omicidio e una puttana.

  • “Non è colpa di nessuno” è il nuovo singolo della band Lingue

    Dal 25 aprile 2025 è disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale “Non è colpa di nessuno”, il nuovo singolo della band LINGUE.

     

    Il nuovo singolo “Non è colpa di nessuno” anticipa il prossimo album delle Lingue, segnando un punto di svolta nella loro evoluzione artistica. Il brano esplora temi profondi come l’accettazione della fine, mescolando nostalgia e amarezza mentre la mente si perde nei ricordi e nei rimorsi. Questo lavoro segna anche un passo avanti nella maturità compositiva e nella scrittura della band, che si prepara per il terzo album in studio.

    La band commenta così la nuova release: «Spesso pensiamo che “dare la colpa” a qualcuno o a qualcosa ci aiuti a superare un dolore, un ostacolo, un trauma, ma a volte c’è solo da prendere una cosa per quella che è, a volte anche le storie più belle si interrompono bruscamente, che sia una morte improvvisa, che sia la fine di una relazione o di un’amicizia, che sia un cambiamento esistenziale. Non cercare un colpevole può aiutare a digerire meglio il sapore sgradevole del dolore e può farci aprire gli occhi e pian piano può farci tornare ad apprezzare un respiro, un momento, un dettaglio».

    Nel video di “Non è colpa di nessuno” si raccontano due storie che potrebbero essere la stessa, viste da due prospettive diverse. La protagonista è una donna che ha vissuto tra gioie e dolori, ma conserva ancora il desiderio di stupirsi. Un giorno trova un mazzo di fiori sul tavolo, accompagnato da un biglietto che la emoziona, come se la vita le stesse chiedendo un altro ballo. Si prepara, si guarda allo specchio e si sente pronta, mentre fuori c’è il mare d’inverno e un sole timido.

    Nel frattempo, due ragazzi vivono la loro storia d’amore, fatta di inseguimenti, dolori e speranze. In pochi minuti attraversano tutte le fasi di un rapporto: l’innocenza, la crisi e il sogno di un futuro insieme.

    Alla fine, rimane una panchina, il mare e il bisogno di fermarsi a riflettere. La protagonista si chiede se quella panchina e quella coppia non siano la stessa storia, che si ripete in un momento di pace. Perché, a volte, l’unico modo per andare avanti è accettare che non c’è un colpevole, ma solo la vita che cambia.

    Guarda il videoclip su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=m7yFFP0AOSY

    Biografia

    Lingue è un progetto musicale italiano. È la ricerca continua di una connessione tra suoni e parole, la necessità di scavare dentro le proprie anime. È l’emergenza di comunicare.

    Lontani dalle mode, dentro quello che ci piace.

    Federico Vittorini, Marco Fontana, Valerio Scarsella, Valerio Giuliani.

    “Non è colpa di nessuno” è il nuovo singolo della band Lingue, disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale dal 25 aprile 2025.

     

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  • Una macchina a diesel col pieno di benzina: Acudo e la metafora della generazione bloccata

    «Scrollando il mondo da lontano, senza un vero scopo». C’è chi passa le giornate così: scrollando vite che non gli appartengono, rimandando tutto a domani, con la sensazione di essere fermo mentre il resto va avanti. È così che ci si sente quando si guarda la vita scorrere da uno schermo, senza parteciparvi davvero. Uno stato d’animo sempre più diffuso, lo specchio in cui si riflette una generazione intera, iperconnessa eppure scollegata da se stessa. Ed è da qui che parte “Fuori dal mondo” (Mendaki Publishing/Orangle Records), il nuovo singolo di Acudo: una canzone che racconta cosa succede quando ti perdi dentro i giorni, e ogni cosa intorno sembra andare avanti senza di te. E quella forza che, quando arriva, non ti chiede nulla: ti prende e ti rimette in piedi.

    L’artista senza volto, nato a Latina e cresciuto musicalmente tra le influenze di Subsonica, Linkin Park, Modà e Pinguini Tattici Nucleari, torna con un brano che non descrive soltanto la fatica di restare a galla, ma suggerisce, senza retorica, che un’alternativa è possibile, lasciando intravedere una via d’uscita. “Fuori dal mondo” attraversa il punto tra isolamento e salvezza, tra una quotidianità vissuta da osservatori esterni e il momento, inatteso, in cui qualcosa o qualcuno ci riporta con i piedi per terra.

    «Mi sentivo in pausa. Bloccato. Come se tutto scorresse troppo in fretta e io fossi rimasto indietro – racconta Acudo -. Questa canzone nasce da lì, da quel vuoto. Poi è arrivata una forza, non so bene cosa fosse, forse una persona, forse solo un momento giusto, ma mi ha svegliato. E mi ha ricordato che anche quando ti senti fuori dal mondo, puoi ancora rientrarci.»

    Il brano segue questo stesso movimento: parte piano, trattenuto, come chi non sa se ripartire o restare dov’è. Poi si apre. E lì cambia tutto. Il ritornello — «E poi arrivi tu che mi svegli dal sonno, forte come una gru, mi sollevi sul mondo» — è la fattura. Il momento che rompe il ritmo, che spezza l’equilibrio e rimette tutto in discussione. Un’immagine che non consola ma spinge. Qualcosa o qualcuno che irrompe e ti rimette in asse, quando meno te lo aspetti. Una visione dirompente che scuote il torpore e restituisce prospettiva.

    In un’epoca in cui, secondo i dati ISTAT, quasi un giovane su due in Italia si definisce spesso solo, “Fuori dal mondo” intercetta un’esperienza che molti riconosceranno, senza indulgere in facili consolazioni. Il protagonista del brano si rifugia dietro lo schermo del cellulare, osserva la vita degli altri senza parteciparvi, rinvia le decisioni, resta fermo al “primo step”, eppure, qualcosa cambia. Ed è in quel cambio di passo, in quella fessura di luce, che si gioca il senso del pezzo. Non quando tutto si risolve, ma quando si riapre lo spazio per ripartire.

    «Una macchina a diesel con il pieno di benzina», canta Acudo nel primo verso, raccontando con amara ironia la dissonanza tra ciò che siamo e ciò che il mondo ci chiede di essere. Una corsa continua che lascia indietro chi ha bisogno di tempo, di silenzio, di una tregua. Ma anche chi ha solo bisogno di qualcuno che lo guardi davvero.

    Con “Fuori dal mondo”, Acudo prosegue la direzione intrapresa con “TRS”, mantenendo la scelta radicale dell’anonimato. Nessun volto, nessuna identità pubblica. Solo musica e parole. Una decisione controcorrente, che oggi appare quasi politica, in un panorama musicale dominato dall’immagine e dalla sovraesposizione. Ma è proprio questa sottrazione a renderlo riconoscibile: una voce che non ha bisogno di apparire per farsi sentire.

    “Fuori dal mondo” è un richiamo sottile ma impossibile da ignorare a non abituarsi alla disconnessione da se stessi e dagli altri. A cercare, anche nei giorni più spenti, quella forza che ci solleva. A credere che, anche quando tutto sembra sospeso, qualcosa o qualcuno può ancora catapultarci nella vita vera.