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  • Il jazz di Franco D’Andrea, tra Monk ed Ellington, sabato 8 febbraio alla Camera del Lavoro di Milano

    

    L’Atelier Musicale ospita il piano solo del jazzista italiano, figura di spicco della scena europea: tra rigore e libertà espressiva
    D’Andrea proporrà alcune delle pagine più meditative dei due grandi autori americani, aggiungendo alle loro anche le proprie composizioni

    MILANO – Franco D’Andrea torna all’Atelier Musicale, la rassegna di jazz e classica contemporanea organizzata dall’associazione culturale Secondo Maggio, con un piano solo di grande rilievo in cui affronterà un percorso nella musica di due tra gli autori che ama di più: Thelonious Monk e Duke Ellington, aggiungendo alle loro anche le proprie composizioni.
    La sua performance è in programma sabato 8 febbraio alla Camera del Lavoro di Milano (inizio live ore 17.30; ingresso 10 euro con tessera associativa di 5/10 euro) e, diversamente da quanto avveniva in passato, D’Andrea non affronterà più i brani in lunghi medley, ma approfondirà il significato di ognuno di loro, privilegiando le pagine più meditative e portandole all’interno del proprio mondo sonoro. Un’operazione che prosegue il suo lungo rapporto con la musica dei due giganti americani del jazz, di cui è tra i pochi (soprattutto per per quanto riguarda Monk) a saper veramente tradurre il pensiero compositivo in una musica personale quanto coerente con le pagine originali.
    Nato a Merano, ma residente a Milano sin dagli anni Settanta, D’Andrea è stato un enfant prodige del jazz italiano, ha guidato formazioni prestigiose come i suoi celebri quartetti e il Modern Art Trio, ha partecipato alla storica esperienza del Perigeo, ha collaborato con tanti grandi artefici del jazz nazionale e internazionale (tra cui Enrico Rava, Paolo Fresu, Aldo Romano, Ernst Reijseger, Dave Douglas, Aldo Romano e tantissimi altri) e ha svolto un’attività didattica di enorme rilievo, che ancora oggi lo vede impegnato come docente dei Civici Corsi di Jazz di Milano.
    Maestro assoluto del piano solo, affronta lo strumento con una concezione orchestrale, unendo le caratteristiche del linguaggio moderno e contemporaneo alla grande tradizione del pianismo jazz delle origini, esattamente come i due musicisti sulla cui musica costruirà la performance dell’Atelier.
    L’eccezionale padronanza ritmica del suo modo di suonare, la capacità di sviluppare una concezione armonica che unisce aspetti diversi della storia del piano jazz, oltre all’utilizzo di elementi seriali, fanno del suo linguaggio un vero unicum della scena pianistica, in grado di unire rigore e libertà espressiva. Un concerto di Franco D’Andrea è, quindi, sempre una “lezione” sull’arte del pianoforte nel jazz.

    ATELIER MUSICALE – XXX stagione
    Sabato 8 febbraio 2025, ore 17.30
    Franco D’Andrea – Per Duke e Monk
    Franco D’Andrea (pianoforte).

    Programma:
    Percorso musicale a sorpresa attraverso le composizioni di Thelonious Monk, Duke Ellington e Franco D’Andrea.

    Introduce Maurizio Franco.

    Dove: Camera del Lavoro, auditorium G. Di Vittorio, corso di Porta Vittoria 43, Milano.
    On line: www.secondomaggio.org
    Ingresso: biglietto (10 euro) con tessera ordinaria (5 euro) o di sostegno (10 euro).
    Per informazioni: 3483591215; email: secondomaggio@alice.iteury@iol.it
    Direzione e coordinamento artistico: Giuseppe Garbarino e Maurizio Franco.
    Organizzazione: associazione culturale Secondo Maggio.
    Presidente: Gianni Bombaci; vicepresidente: Enrico Intra.
  • Eventi per bambini e famiglie: la fiaba musicale “L’elefante e la pioggia” in scena sabato 1 febbraio al Bosco delle Querce di Seveso e Meda (Mb)

    Il rispetto della natura e di tutti gli esseri viventi è il messaggio del nuovo spettacolo prodotto dall’associazione culturale Musicamorfosi e presentato in anteprima a Seveso nell’ambito del progetto Insieme per il Bosco, promosso dall’associazione FARE. La vera protagonista è l’acqua: narrata, evocata e danzata ma soprattutto suonata, grazie all’utilizzo di particolari percussioni di origine africana e asiatica 

    SEVESO (MB) – Un imperdibile appuntamento per i bambini , a partire dai quattro anni di età, e per le famiglie, ma più in generale per tutti, è in programma sabato 1 febbraio a Seveso (in via Ada Negri): il centro visite del Bosco delle Querce di Seveso e Meda ospiterà in anteprima, alle ore 16.30 (ingresso libero con prenotazione consigliata a ilboscodellequerce@gmail.com), lo spettacolo “L’elefante e la pioggia”, tratto da una fiaba Masai e prodotto dall’associazione culturale Musicamorfosi, protagonisti Nicoletta Tiberini (voce cantante e recitante), il percussionista Gennaro Scarpato (i due hanno realizzato anche le musiche originali) e la danzatrice Clelia Fumanelli. Andrea Taddei firma la regia, le scene e i costumi, le luci e il suono sono a cura di Andrea Pozzoli, mentre le maschere sono state realizzate nel laboratorio creativo per la terza età dell’associazione La Tartaruga, presso il Centro Polivalente San Zeno di Pisa.
    A chi appartengono l’aria, il sole, la pioggia? Qualcuno può pensare di dominare la natura a proprio vantaggio? Sembra proprio che l’elefante di questa antica fiaba africana somigli al genere umano, che si crede il padrone della Terra e che usa la forza per difendere, con la complicità di guardiani addomesticati, una risorsa che non gli appartiene. Lo spettacolo nasconde una metafora semplice e una morale efficace: l’acqua scende dal cielo per tutti e tutti ne possono essere bagnati e dissetati. L’acqua è nutrimento, l’acqua è vita.
    “L’elefante e la pioggia” è una fiaba musicale e poetica pensata per i più piccoli, ma stimolante e appassionante anche per gli adulti, con un messaggio universale che comprende il rispetto per la natura e per tutti gli esseri viventi che popolano il nostro piccolo pianeta. Vera protagonista dello spettacolo è l’acqua: narrata, evocata e danzata, ma soprattutto suonata grazie alla presenza delle percussioni ad acqua di origine africana e asiatica. L’incredibile tazza taoista e il kalabash africano fanno parte della collezione (960 pezzi unici provenienti da ogni angolo del mondo) della Fondazione Luigi Tronci di Pistoia, nata nel 2008 come Museo della musica e degli strumenti musicali a percussione e centro di documentazione, in mostra permanente presso il Conservatorio di Pistoia.
    Lo spettacolo si svolge nell’ambito del progetto Insieme per il Bosco, promosso dall’associazione FARE in collaborazione con il Circolo Legambiente Laura Conti di Seveso e in progettazione con la rete delle realtà associative territoriali. Per i prossimi due anni queste realtà si impegneranno nello sviluppo di iniziative che volgeranno il loro sguardo sul Bosco e la sua storia, la sua conoscenza, la sua memoria: laboratori e spettacoli di arti performative per le giovani generazioni affinché possano cogliere il suo respiro e costruire nuovi equilibri ecosistemici; conferenze, dibattiti, concerti e mostre che possano restituire all’intera collettività il potente messaggio che il Bosco lancia al nostro presente e al nostro stare in relazione con e nella natura.


  • “Il rito del jazz” alla Cascina Cuccagna di Milano dal 4 al 25 febbraio con l’Østrik Quintet, Nicoletta Tiberini & Daniele Pozzi, il Nomad Silence e il quartetto di Francesco Sensi

    MILANO – Sono quattro gli appuntamenti della rassegna “Il rito del jazz”, organizzata dall’associazione culturale Musicamorfosi in collaborazione con I-Jazz e con il patrocinio del Municipio 4 del Comune di Milano, in programma nel mese di febbraio alla Cascina Cuccagna di Milano. Come sempre, gli eventi ospitati dal Cuccagna Jazz Club, presso il ristorante un posto a Milano, sono a ingresso libero (prenotazioni: www.unpostoamilano.itemail: info@unpostoamilano.it) e la formula è quella consolidata del doppio set (ore 19.30 e 21.30).
    Si comincia martedì 4 febbraio, protagonista l’Østrik Quintet, formazione in cui spicca la presenza di due trombonisti (Simone Capitaneo e Oliseh Obiarinze). Il gruppo, completato da Christian Scaffidi (basso elettrico), Raffaele Garramone (pianoforte) e Nicola D’Auria (batteria), presenterà il progetto “Full of Curtis”, omaggio all’album “Groovin’ With Golson” del sassofonista Benny Golson e, al tempo stesso, tributo al trombonista Curtis Fuller, pioniere del periodo hard bop. Tra i fondatori del Jazztet (con Benny Golson e Art Farmer), Fuller ha collaborato con i più grandi jazzisti della sua epoca, da Dizzy Gillespie a Art Blakey, da John Coltrane a Count Basie, distinguendosi per il suono fluido e il fraseggio sciolto. Non a caso, il trombonista statunitense, oltre che leader di alcune formazioni, è stato anche uno dei più appezzati sideman nella storia del jazz e ha sempre capito come entrare nella mente dei compositori e dei suoi compagni di viaggio. Ne è un esempio lampante proprio il disco “Groovin’ With Golson”, in cui ha dato il meglio di sé. I brani rivisitati verranno presentati dall’Østrik Quintet in una chiave più moderna, mettendo in risalto le melodie iconiche dei soli di Fuller.
    Martedì 11 febbraio, per il secondo appuntamento del mese, spazio a Nicoletta Tiberini (voce e ukulele) e Daniele Pozzi (chitarra), che porteranno in scena il progetto “I love standards”. Gli amori illusori, a senso unico, gli incontri e gli sguardi sono alcuni dei temi che si trovano nei testi delle canzoni proposte da questo duo, nato nel 2016. Tiberini e Pozzi mescolano in modo spontaneo sonorità jazz e brani originali con influenze dalla tradizione italiana del cantautorato e dal musical. Il repertorio, scritto in buona parte dai due musicisti, ha un sapore quasi teatrale, talvolta melodico e raffinato, talvolta moderno, con l’improvvisazione che gioca sempre un ruolo centrale.
    Martedì 18 febbraio si esibirà il Nomad Silence Jazz Project, quartetto formato da Claudio Niniano (chitarra e voce), Jonathan Norani (sassofono tenore), Luca Caiazza (basso) e Marco Zacco (batteria). Il gruppo, che è nato nelle aule dei Civici Corsi Jazz di Milano e che si è già esibito su palcoscenici prestigiosi come quello di JAZZMI e del festival City of Guitars di Locarno, presenterà per lo più brani originali composti da Claudio Niniano e poi arrangiati dalla band al completo, in un dialogo continuo tra pagina scritta e improvvisazione.
    Infine, martedì 25 febbraio, per l’ultimo concerto del mese, riflettori puntati sul quartetto guidato dall’emergente chitarrista e compositore Francesco Sensi. Formatosi prima presso il Conservatorio F. Morlacchi di Perugia e poi al Conservatorio G. Verdi di Milano, dove ha completato gli studi, Sensi ha pubblicato l’anno scorso il suo album d’esordio “In Abstracto”, lodato dalla critica e dagli addetti ai lavori. I brani originali del disco sono influenzati, in gran parte, dalla scena jazz newyorkese di fine anni ‘90. I principali punti di riferimento per i quattro giovani musicisti della band sono artisti come Aaron Parks e Kurt Rosenwinkel: l’idea del gruppo (completato da Davide Cabiddu al pianoforte, Enrico Palmieri al contrabbasso e Marcello Repola alla batteria) è quella di trovare un punto d’incontro tra il jazz moderno e altri generi musicali, mantenendo sempre un legame con la tradizione.

    CUCCAGNA JAZZ CLUB – IL RITO DEL JAZZ
    Un posto a Milano, Cascina Cuccagna, via Cuccagna 2/4, Milano.
    Ingresso libero. Informazioni: tel. 025457785; email: info@unpostoamilano.it
    Prenotazioni: www.unpostoamilano.it

    I CONCERTI DEL MESE
    Martedì 4 febbraio, ore 19.30 e 21.30
    FULL OF CURTIS – ØSTRIK QUINTET
    Simone Capitaneo, trombone
    Oliseh Obiarinze, trombone
    Christian Scaffidi, basso elettrico
    Raffaele Garramone, pianoforte
    Nicola D’Auria, batteria

    Martedì 11 febbraio, ore 19.30 e 21.30
    I LOVE STANDARDS
    Nicoletta Tiberini, voce e ukulele
    Daniele Pozzi, chitarra

    Martedì 18 febbraio, ore 19.30 e 21.30
    LOVE SONGS – NOMAD SILENCE JAZZ PROJECT
    Claudio Niniano, chitarra e voce
    Jonathan Norani, sax tenore
    Luca Caiazza, basso
    Marco Zacco , batteria

    Martedì 25 febbraio, ore 19.30 e 21.30
    FRANCESCO SENSI QUARTET
    Francesco Sensi, chitarra
    Davide Cabiddu, pianoforte
    Enrico Palmieri, contrabbasso
    Marcello Repola, batteria
  • “Both Sides Now”: la Monday Orchestra e Simona Severini  omaggiano Joni Mitchell mercoledì 22 gennaio al Blue Note di Milano

    “Both Sides Now”: la Monday Orchestra e Simona Severini omaggiano Joni Mitchell mercoledì 22 gennaio al Blue Note di Milano

    La big band diretta da Luca Missiti e la vocalist Simona Severini di nuovo sul palco del jazz club milanese per un tributo alla poetessa della West Coast

    MILANO – A un anno di distanza dal doppio sold out fatto registrare in occasione del concerto-tributo a Nina Simone, la Monday Orchestra diretta da Luca Missiti e la vocalist Simona Severini saranno di nuovo insieme sul palco del Blue Note di Milanomercoledì 22 gennaio, per un omaggio a Joni Mitchell, icona della musica americana. Il concerto, intitolato “Both Sides Now”, inizierà alle ore 20.30 (ingresso 27-32 euro;  prevendita on line su www.bluenotemilano.com/evento/concerto-monday-orchestra-simona-severini-22-gennaio-2025-milano).
    Cantautrice di estrazione folk, nel corso della sua lunga e fortunata carriera Joni Mitchell ha pubblicato album memorabili (tra cui Ladies of the Canyon, Court and Spark, Hejira e Blue) e un’infinità di canzoni meravigliose (A Case of You, Big Yellow Taxi, Both Sides Now, River,  Help Me, The Circle Game, Ladies of the Canyon solo per citarne alcune) e ha esplorato diversi generi musicali, dal jazz al pop fino alla sperimentazione elettronica, coltivando anche la passione per altre forme d’arte come la la pittura. In ambito jazzistico, l’artista canadese (nata a Fort Macleod nel 1943) ha condiviso esperienze e progetti con musicisti del calibro di Charles Mingus, Wayne Shorter, Jaco Pastorius, Pat Metheny, Herbie Hancock e Peter Erskine. Il repertorio che la Monday Orchestra e Simona Severini eseguiranno al Blue Note esplorerà, in particolare, la collaborazione tra la Mitchell e Charles Mingus, che si concretizzò nell’album Mingus del 1979.
    Afferma Simona Severini«Joni Mitchell è l’artista a cui più di tutte mi ispiro e quella che più mi ha influenzata. Ancora oggi, dopo tanti anni, quando ascolto una sua canzone rimango incantata dalla profonda bellezza e dall’onestà della sua musica. Ogni nota, ogni parola, ogni accordo sono parti di complessi quanto splendidi affreschi sonori e la sua musica ha la vitalità e la concretezza di un dipinto». Le fa eco Luca Missiti, il direttore della Monday Orchestra«Siamo molto felici di tornare a collaborare con Simona dopo il concerto dello scorso anno che ruotava intorno alla figura di Nina Simone. Siamo doppiamente felici di proporre, questa volta, un repertorio dedicato a Joni Mitchell, esplorando in particolare il suo lato più jazzistico, quello della collaborazione con Charles Mingus, di cui proporremo una rilettura del celebre brano “Goodbye Pork Pie Hat”, oltre ad alcune famosissime canzoni della stessa Mitchell come “Big Yellow Taxi” e “Both Sides Now”».

    Fondata da Luca Missiti nel 2006, la Monday Orchestra si è affermata come una delle realtà più interessanti del panorama jazz italiano. In quasi vent’anni di attività ha collaborato con musicisti del calibro di Randy Brecker, Bob Mintzer, Mike Mainieri, Sarah McKenzie, Emanuele Cisi, Gianluigi Trovesi, Tullio De Piscopo, Daniele Scannapieco, Franco Ambrosetti, Pietro Tonolo e Maurizio Giammarco e ha pubblicato cinque album: l’ultimo, intitolato “Un Poco Loco – The Music of Bud Powell” (con la presenza di due solisti d’eccezione quali Fabrizio Bosso alla tromba e Rosario Giuliani al sax), è stato presentato la scorsa primavera proprio al Blue Note di Milano.

    Chitarrista di formazione classica, diplomata in canto presso i Civici Corsi di Jazz di Milano, di cui è ora docente, Simona Severini ha collaborato con noti musicisti e compositori italiani nell’ambito del jazz e del cantautorato, tra i quali Pacifico, Enrico Pieranunzi, Giorgio Gaslini e Gabriele Mirabassi. Ha cantato in prestigiosi festival in tutta Europa (tra cui il London Jazz Festival, Umbria Jazz e il Festival dei Due Mondi di Spoleto) e con il progetto “Fedra” si è esibita alla Cappella Paolina del Quirinale e in alcune rassegne di musica classica. Il Presidente Sergio Mattarella l’ha nominata Cavaliere della Repubblica Italiana.


  • L’India, lo yoga e la musica di Ravi Shankar   mercoledì 22 gennaio al Polillo ARt COntainer di Milano

    L’India, lo yoga e la musica di Ravi Shankar mercoledì 22 gennaio al Polillo ARt COntainer di Milano

    Musica e meditazione con Flavio Minardo (sitar), Luca Russo (flauto bansuri) e l’insegnante di yoga Elisabetta Salerio, che daranno vita 
    alla serata-evento “Y come YOGA”, dedicata al grande compositore indiano, in occasione del nuovo appuntamento della rassegna “Alfabeto di PARCO”

    MILANO – È dedicato al grande compositore Ravi Shankar e alla musica indiana il nuovo appuntamento di “Alfabeto di PARCO”, la rassegna sugli artisti che hanno rivoluzionato il Novecento ideata e organizzata da Antonio Ribatti e Roberto Polillo negli spazi di PARCO, il Polillo ARt COntainer, centro polifunzionale e multidisciplinare e aggregatore culturale situato in via Binda 30 (zona Barona), a Milano.
    L’evento, intitolato “Y come YOGA”, è in programma mercoledì 22 gennaio (inizio live ore 20.30, contributo artistico 15-20 euro; biglietteria on line su www.mailticket.it) e sarà un viaggio nella cultura indiana con la partecipazione di Flavio Minardo (sitar) e Luca Russo (flauto bansuri), tra i massimi esperti italiani di musica indiana, Elisabetta Salerio, insegnante di yoga che da anni studia le culture e i riti ancestrali per elaborare nuove modalità di pratica e meditazione, e ospiti a sorpresa.

    Virtuoso del sitar (strumento a corde pizzicate simbolo della musica classica indiana, simile al liuto), fondatore dell’Orchestra nazionale indiana e ambasciatore della cultura del suo Paese nel mondo, Ravi Shankar ha avuto un ruolo decisivo nel far conoscere all’Occidente il grande patrimonio musicale dell’India. Le sue straordinarie improvvisazioni al sitar e la sua personalità carismatica, fuori dagli schemi e dalle convenzioni, hanno richiamato l’attenzione, tra gli altri, di celebri gruppi pop e rock (a partire dai Beatles e dalla sua storica collaborazione con George Harrison), star del cinema (come Peter Sellers) e jazzisti di fama mondiale (fra cui John Coltrane).

    La musica indiana e lo yoga condividono un profondo legame, radicato nella filosofia e nella cultura dell’India. Entrambe le discipline sono state coltivate per millenni e sono considerate strumenti potenti per la crescita spirituale e il benessere individuale. Partendo da questo assunto, i protagonisti di “Y come YOGA” daranno vita a un evento in cui alcune delle più celebri composizioni di Ravi Shankar e altri brani della tradizione musicale indiana si mescoleranno a racconti, aneddoti, curiosità e a un’esperienza immersiva e meditativa, a cura di Elisabetta Salerio, che inviterà i partecipanti a chiudere gli occhi e percepire la musica come un flusso energetico.

    Nel corso della serata sarà attivo il bar, aperto dalle ore 19 e gestito da 10gradinord, storico locale radicato nel quartiere Barona, specializzato in birre artigianali italiane e cibo sostenibile di qualità. Prima dello spettacolo, infine, ci sarà spazio per il dj set Psycophono, selezione di vinili (world music, folk, psichedelia, rock, funk, soul e jazz dagli anni ’50 agli anni ’80) provenienti da diversi angoli del mondo.

    La nuova stagione della rassegna Alfabeto di PARCO, che gode del patrocinio del Municipio 6 del Comune di Milano, proseguirà fino alla prossima estate con altri imperdibili appuntamenti: il prossimo, in programma mercoledì 19 febbraio, sarà G come GIAMAICA”ovvero “Bob Marley e la rivoluzione Reggae”, protagonisti Vito War alla consolle e Pierodread & Real Vibes Band sul palco.

    ALFABETO DI PARCO, stagione 2024/2025
    Direttore artistico: Antonio Ribatti.
    Ingresso con contributo artistico di 15-20 euro.
    Prevendita: www.mailticket.it 
  • Da Festival internazionale del doppiaggio a tutta la sua vita, giù la maschera per Elena Andreoli

    Da Festival internazionale del doppiaggio a tutta la sua vita, giù la maschera per Elena Andreoli

    Con grande piacere diamo il benvenuto a Elena Andreoli , artista poliedrica che ammalia l’Italia intera con la sua fenomenale voce. Recentementepremiata al Festival internazionale del doppiaggio, condividiamo con piacere l’intervista a Elena Andreoli , grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti artistici, musicali e di vita, Elena Andreoli si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, musicali e televisive, le esperienze, e i progetti futuri. Ma largo ai convenevoli, diamo un caloroso benvenuto a Elena Andreoli!

    Com’è nata tua la passione per il doppiaggio?
    Mi trovavo a Roma, molti anni fa. Lavoravo in teatro come aiuto regista. La mia prima intenzione infatti, dopo il diploma al liceo classico è stata quella di diventare una regista. Ho seguito infatti anche un corso di regia cinematografica alla NY University. Avendo già una base come attrice e un diploma all’Accademia di Arte Drammatica, mi sono proposta a una società di doppiaggio per fare l’assistente. Mi prendono, e come primo lavoro mi trovo Federico Fellini che fa la direzione del doppiaggio de “La Voce della Luna”. Niente male come inizio! Fellini non era un direttore del doppiaggio “ortodosso”, anzi. Nonostante gli attori avessero già recitato in italiano, i suoi film passavano sempre in post produzione audio; aveva dei ripensamenti sulle battute e decideva spesso di cambiarle in post produzione. Così, durante quel periodo, ho visto non solo cosa succedeva tecnicamente e come si svolgono le sessioni di doppiaggio, ma anche un grande genio al lavoro, la cui creatività sgorgava continuamente, un po’ come Dario Fo, altro genio dalla creatività inarrestabile con cui ho lavorato a lungo, affiancando Franca Rame come coprotagonista in due tournée.

    Chi e’ Elena Andreoli? Descriviti con 3 aggettivi
    I tre aggettivi che mi rappresentano sono senz’altro: creativa, determinata, sveglia.
    Io posseggo la stessa natura dei due mostri sacri che ho appena citato.
    In loro ho riconosciuto la mia stessa creatività inarrestabile, indomita e incontrollabile, la mia stessa incapacità di essere fino in fondo una persona con i piedi per terra. Bisogna rimanere un po’ bambini, un po’ incoscienti, un po’ visionari. Questa è una cosa che fa parte del carattere, non la puoi decidere. E’ per questa consapevolezza che ho studiato duramente e sono riuscita a fare bene tante cose in diverse discipline, dalla recitazione al canto, dal doppiaggio alla scrittura, fino alla regia. Perché ci vuole molta applicazione e serietà per fare arte.
    E’ proprio una questione di DNA. Esprimermi attraverso le arti è un’urgenza, un modo di essere. Ma, dopo lo studio, che è fondamentale, l’arte esce sotto forma di qualcosa che è privo di regole, in accordo con un inconscio che arriva in superficie sotto forma di idee, interpretazioni, scrittura, all’improvviso. Già bell’e fatto.

    Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
    Ho appunto iniziato in teatro come aiuto regista, assistente al doppiaggio, e poi ho fatto difficili selezioni per entrare all’Accademia d’Arte Drammatica di Milano “Filodrammatici”, che si trova di fianco alla Scala di Milano, la scuola più antica d’Europa e dunque del mondo. Basti dire che ne diplomano 7 all’anno e la scuola è molto dura e impegnativa, di certo non ha nulla a che fare con le scuole per ballerini e cantanti che trasmettono in tv.
    Ho studiato e vinto borse di studio come attrice che mi hanno portata all’estero, Londra e New York. Lavoro da molto tempo, dagli anni 90, in teatro, nel cinema, in TV come attrice e doppiatrice, e come autore e art director, e infine nella musica jazz, componendo anche pezzi miei.
    Non credo nelle etichette perché tutti questi mestieri sono complementari e non si escludono l’uno con l’altro.

    Quali sono le tue influenze artistiche?
    Mi sono formata, e ancor oggi è fonte di ispirazione, con la musica classica, Debussy, Beethoven, Mozart; letture di classici soprattutto di autori russi come Tolstoj e Dostojevskij, per le arti visive sono cresciuta osservando le opere dei pittori e in particolare modo gli autori del ‘600 come Caravaggio (avendo la fortuna di abitare per un periodo, quello della mia prima formazione/imprinting a Roma dove molte opere sono esposte), e dove oggi vale assolutamente la pena fare un salto alla imperdibile mostra di Guercino presso le Scuderie del Quirinale.
    Amo un grande videoartista recentemente scomparso e di cui ho seguito in giro per il mondo le installazioni, Bill Viola.
    Credo che il neorealismo e il cinema italiano fino agli anni 60 sia stato il miglior cinema al mondo.
    Ascolto, leggo e osservo molto. I miei sensi sono come “prensili”: sono affamata di arte, suoni, immagini. Ho imparato ad ascoltarmi: il nostro mondo interiore è altrettanto grande quanto quello esterno. Ma anche il finestrino di un treno mi dà molti spunti.
    Ho viaggiato molto, imparato dalle culture e dalla sensibilità di popoli distanti da noi. Sudamerica, Sudafrica, Giappone, Turchia, Portogallo, Africa centrale, Centroamerica, Australia, i miei preferiti. In genere le idee mi vengono appena l’aereo decolla!

    Quali sono i lavori che piu’ ti hanno coinvolto e perche’?
    Ho amato molto un lavoro, per come è nato e per come è diventato strada facendo, un documentario che ho scritto e doppiato proprio all’inizio della mia carriera. Cinema Forever.
    Fu commissionato da Medusa film per seguire le varie fasi del restauro di pellicole cinematografiche di grandi registi come Antonioni, Germi, De Sica, Fellini, Rossellini, Lattuada e molti altri, da parte di un anziano artigiano, Enzo Verzini, che le stesse pellicole, anni addietro, aveva sviluppato e stampato, e che ora, durante le riprese, stava restaurando.
    Questo documentario è diventato un cortometraggio, con la regia di Alberto Traverso, ed è stato proiettato in anteprima al MoMa di NYC.
    Con Alberto, diventato poi mio marito, abbiamo fondato una agenzia di comunicazione e da 25 anni lavoriamo insieme a diversi progetti creativi. La creatività è il collante della nostra relazione e della nostra vita, poiché ho avuto la fortuna di trovare un’anima creativa e con cui continuare a giocare (in inglese il verbo è TO PLAY) per il resto della vita.

    Raccontaci di Elena la cantante… amiche o nemiche?
    Sono colleghe e complici. La doppiatrice sceglie intonazione e ritmo in sala di doppiaggio, mentre la cantante si concentra molto sulle parole e sulla interpretazione. Nonostante le tecniche siano molto diverse tra loro, posso dire che le due parti di me si sorreggono e si completano a vicenda mentre lavoro. Non ho problemi a passare dall’italiano al francese all’inglese e dunque anche cantare jazz in inglese per me è come cantare in lingua madre.

    Premio Anello d’Oro e non solo…
    Non solo. Il mio preferito è un premio importante, perché è un premio che ho preso per un’idea. Si tratta del Premio Cenacolo, conferito nel 2002 da Umberto Eco alla campagna televisiva, poi divenuta virale, che è Italia1!, idea che con Alberto Traverso abbiamo avuto quando lui era direttore creativo della rete e che dopo 24 anni è ancora in onda. Si tratta del primo User Generated Content, cioè contenuto generato dal pubblico, virale, quando ancora non esistevano i social.

    Cosa bolle in pentola, quali programmi e novita’ ci attendono?
    Mi vedrete al cinema in veste di attrice e cantante in primavera. Il film si intitola Stella Gemella, regia di Luca Lucini con Margherita Buy e Laura Morante. Il pezzo che canterò, in una scena clou del racconto, lo ho scritto io ed è, in parte, autobiografico, in parte racconta la storia della protagonista del film, Stella.
    Sto lavorando ad altri pezzi musicali originali, una pièce teatrale a cui tengo moltissimo, e poi ci sono le cose belle di routine come gli speakeraggi (tra poco comincio a doppiare l’ottava edizione di 4 Hotel) e i concerti in cartellone.
    Seguitemi sui miei social e sui miei siti per avere anticipazioni e novità in arrivo!
    IG Elena Andreoli voce
    www.elena-andreoli.it
    jazz.elena-andreoli.it

  • Pergolesi, Negri, Grieg, ma anche rap e suoni techno:  gli appuntamenti della rassegna “Musique Royale”  in programma dal 6 all’11 dicembre alla Villa Reale di Monza

    Pergolesi, Negri, Grieg, ma anche rap e suoni techno: gli appuntamenti della rassegna “Musique Royale” in programma dal 6 all’11 dicembre alla Villa Reale di Monza

    MONZA – Si concluderà nel mese di dicembre, con quattro date in programma alla Reggia di Monza, la prima edizione della rassegna Musique Royale, ciclo di appuntamenti in bilico tra classica e jazz (ma non solo) organizzato dall’associazione culturale Musicamorfosi in collaborazione con la Reggia di Monza e realizzato grazie al contributo di Regione Lombardia – nell’ambito del bando Partecipate – e al patrocinio del Comune di Monza.
    Si comincia venerdì 6 dicembre con un doppio evento (ore 10 e 11.30, Salone da Ballo) riservato agli studenti delle scuole medie e delle superiori e pensato per avvicinare i giovani all’opera lirica: il soprano Maria Eleonora Caminada, il baritono Giacomo Nanni l’ensemble dell’Orchestra da Camera Canova diretto da Enrico Saverio Pagano (che curerà l’introduzione all’ascolto) porteranno in scena “Livietta e Tracollo” di Giovanni Battista Pergolesi, probabilmente il più importante esempio di commedia dell’arte in musica, che continua a divertire il pubblico di ogni età a quasi tre secoli dalla prima esecuzione. Il libretto racconta le vicende, i travestimenti e i tentativi di truffa del goffo Tracollo, costantemente smascherato dall’astuta Livietta.
    Due giorni dopo, domenica 8 dicembre è in programma il “Concerto di Natale – Danze dal regno di ghiaccio” (ore 17, Salone da Ballo, ingresso 10 euro; prevendita su www.mailticket.it/manifestazione/L140/concerto-di-natale)l’Orchestra da Camera Canova eseguirà in prima esecuzione assoluta “Terpsichore Suite & Walking fuga”,  composizione scritta da Antonio Eros Negri su commissione della stessa Canova come omaggio alle danze del Rinascimento europeo. A seguire, la suite “Dai tempi di Holberg op. 40/1” di Edvard Grieg, dedicata al letterato Ludvig Holberg, norvegese di nascita ma danese di cultura e lingua. L’opera unisce l’ispirazione legata alle danze barocche a una raffinata e intrigante rivisitazione della musica norvegese di tradizione settecentesca, che Grieg contribuì notevolmente a diffondere in Europa. Tra venti glaciali, aurore boreali e atmosfere nordiche, il Salone da Ballo della Reggia di Monza si trasformerà così in una sorta di regno incantato dove passeggia pensierosa la Regina delle Nevi e, grazie alla raccolta di folksongs elaborata dal Danish String Quartet, gli spettatori si immergeranno nella musica popolare danese.
    Infine, si cambierà decisamente registro mercoledì 11 dicembre: il Salone da Ballo della Reggia (ore 21, ingresso 10 euro; prevendita on line su https://www.mailticket.it/manifestazione/QO40) ospiterà, infatti, l’evento intitolato “Techno Brass Composer”, protagonisti il rapper Vegas Jones, pseudonimo di Matteo Privitera, campione di ascolti su Spotify dalla solide radici hip hop che non si adegua alle mode, conosce la musica del passato e scrive brani pieni di contenuti, e l’irresistibile e irriverente fanfara urbana piemontese Bandakadabra: insieme porteranno in scena un progetto unplugged in cui il suono potente degli ottoni si fonde con il ritmo incalzante della techno e delle strofe del talentuoso rapper milanese, che presenta in questi giorni il suo nuovo lavoro discografico.

  • Festival internazionale del doppiaggio:  la speaker Elena Andreoli  premiata con l’Anello d’Oro  come miglior voce femminile della tv

    Festival internazionale del doppiaggio: la speaker Elena Andreoli premiata con l’Anello d’Oro come miglior voce femminile della tv

    In occasione della XXV edizione del festival “Voci Nell’Ombra”, la doppiatrice e attrice milanese Elena Andreoli è stata premiata come miglior voce femminile televisiva dell’anno (sezione programmi tv e d’informazione) per lo speakeraggio di “4 Hotel”, il talent show di Bruno Barbieri in onda su Sky. Un riconoscimento prestigioso
    per una professionista dello spettacolo che passa con disinvoltura dal cinema alla tv, dalla musica alla pubblicità

      

    GENOVA – È la doppiatrice, attrice e speaker milanese Elena Andreoli la vincitrice del premio “Anello d’Oro” come miglior voce femminile televisiva dell’anno (sezione programmi tv e d’informazione) per lo speakeraggio di “4 Hotel”, il seguitissimo talent show di Bruno Barbieri in onda su Sky. Il prestigioso riconoscimento le è stato assegnato dalla giuria della XXV edizione di “Voci Nell’Ombra”, il festival internazionale del doppiaggio che si è concluso domenica 1 dicembre con la cerimonia di premiazione nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, a Genova. Nel palmares di quest’anno c’è una novità, ovvero l’Anello d’Oro speciale 25ª edizione “Le stelle del doppiaggio italiano”, che andrà a Rodolfo Bianchi per la direzione del doppiaggio della serie “The Penguin” e a Roberto Chevalier per la direzione del doppiaggio del film “Megalopolis” di Francis Ford Coppola, mentre il premio alla carriera “Claudio G. Fava” verrà assegnato a Ennio Coltorti, doppiatore, tra gli altri, di Harvey Keitel in “Smoke”, Sam Shepard in “La promessa” e Patrick Stewart nei diversi film della serie “X-Men”.

    Speaker di “4 Hotel” da sette edizioni, nel corso della sua brillante carriera Elena Andreoli ha prestato la voce al cinema (“La voce senza volto” di Filippo Soldi, candidato ai Nastri d’Argento 2024), alla pubblicità (per gli spot Chanel N° 1, Mulino Bianco, Apple, Esselunga, Wolksvagen, Ikea e molti altri) e ai documentari (“Cinema Forever” di Alberto Traverso, presentato e proiettato al MoMa di New York). Dal 2022 è, inoltre, la voce istituzionale del Corriere.it, la versione online del Corriere della Sera, il più importante quotidiano italiano. Lo scorso maggio Elena ha recitato nello spettacolo “I miracoli del desiderio”, tratto dal testo teatrale “Amen” dello psicoanalista Massimo Recalcati, in occasione del festival letterario Moby Dick di Noli (Sv) e pochi giorni fa era sul set del film “Stella Gemella” del regista Luca Lucini nella parte di una cantante jazz (alle prese con un brano originale da lei scritto e interpretato). Il film – nel cast figurano come protagoniste Margherita Buy e Laura Morante – uscirà nella sale la prossima primavera. La musica, del resto, è una delle passioni e dei talenti che Elena coltiva da sempre: nelle scorse settimane si è esibita come vocalist (con due sold-out agli Arcimboldi di Milano) accanto al grande clarinettista Paolo Tomelleri in occasione dell’ultima edizione del festival  internazionale JAZZMI.

    Dotata di una voce estremamente versatile e ricca di sfumature, Elena Andreoli è un’attrice capace di passare con disinvoltura dal registro brillante a quello drammatico, dai toni ironici a quelli più intimi e delicati. Merito di una dura gavetta iniziata negli anni Novanta quando, dopo aver frequentato i corsi all’Accademia d’Arte Drammatica, alla Royal Shakespeare House di Londra e all’Actor’s Studio di Londra, ha girato l’Italia calcando i palcoscenici accanto a due mostri sacri come Dario Fo e Franca Rame (insieme alla quale è stata a lungo coprotagonista negli spettacoli “L’Eroina” e “Grasso è bello”). Per il cinema ha lavorato con Mario Monicelli al fianco di Philippe Noiret e, proprio nel doppiaggio, ha mosso i primi passi come assistente di Federico Fellini in “La voce della luna”. A proposito del regista de “La dolce vita”, Elena ricorda: «Fellini era solito doppiare tutti i suoi film, praticamente scriveva la sceneggiatura ex post e, quando veniva in sala a dirigere il doppiaggio, cambiava le battute che gli attori avevano pronunciato durante le riprese, a volte addirittura sacrificando il sacro synch sull’altare delle nuove battute, magari più corte o più lunghe, che non coincidevano più con il labiale degli attori. Ho sempre pensato che recitazione e canto fossero due attività distinte, invece proprio di recente mi sono resa conto che, quando sono su un palco o in sala di incisione, scelgo tonalità e ritmo prima di interpretare i testi. Viceversa, durante le prove di un concerto o nel bel mezzo di un’esibizione dal vivo, è la parte di me attrice che fa la differenza sull’interpretazione delle canzoni che eseguo. In ogni caso, e lo dico rivolgendomi ai giovani e a chi pensa all’intelligenza artificiale come a uno strumento che sostituirà speaker e doppiatori, per dedicarsi a questi mestieri occorrono tanto studio, voglia di approfondimento e molta serietà, perché l’arte richiede disciplina e rigore. È indispensabile lavorare su sé stessi per andare alla radice della propria natura, del proprio essere. Quando mi chiedono qual è il mio lavoro, mi diverte rispondere “I do voices”. Sì, faccio le voci. Ma una voce deve avere dietro un corpo, un cervello e un’anima».

  • Bis fuori programma per Eventi in Jazz: il Max De Aloe quartet mercoledì 4 dicembre  al Teatro Sociale di Busto Arsizio (Va)

    Bis fuori programma per Eventi in Jazz: il Max De Aloe quartet mercoledì 4 dicembre al Teatro Sociale di Busto Arsizio (Va)

    L’armonicista e fisarmonicista Max De Aloe festeggia i 25 anni dall’uscita del primo disco nella sua città natale alla guida della sua storica formazione: un evento speciale a ingresso libero che chiude la rassegna organizzata dall’associazione Area 101  

    BUSTO ARSIZIO (VA) – Si concluderà con un evento speciale, una sorta di bis fuori programma reso possibile grazie al contributo del Comune di Busto Arsizio (Va), la rassegna Eventi in Jazz, organizzata nel Varesotto dall’associazione Area 101 APS con la direzione artistica di Mario Caccia, che quest’anno ha visto la partecipazione di musicisti del calibro di Eugenio Finardi, Giovanni Falzone, Tino Tracanna, Andrea Andreoli, Roberto Olzer, Salvatore Bonafede, i Mandolinisti Bustesi, la Verdi Jazz Orchestra diretta da Pino Jodice ed Emanuele Cisi: mercoledì 4 dicembre, infatti, il Teatro Sociale Delia Cajelli di Busto Arsizio ospiterà l’esibizione del Max De Aloe Quartet a 25 anni di distanza dalla pubblicazione del primo cd (“La danza di Matisse”, realizzato per la Splasc(h) Records) del leader del gruppo. Il live inizierà alle ore 21 (ingresso libero con libera donazione).
    Originario di Busto Arsizio, dove ha visto per 38 anni (ora abita da Gallarate), Max De Aloe è uno più apprezzati armonicisti e fisarmonicisti della scena jazz italiana e guida il suo quartetto (completato da Roberto Olzer al pianoforte, Marco Mistrangelo al contrabbasso e Nicola Stranieri alla batteria) da 18 anni, con diversi album e centinaia di concerti all’attivo. Il gruppo ha vinto l’Orpheus Awards nel 2015 con il disco “Borderline” nella sezione jazz. Inoltre a Max De Aloe è stato assegnato il Jazz It Awards indetto dalla rivista specializzata Jazzit come migliore musicista italiano negli ultimi cinque anni nella categoria riservata agli strumenti vari.
    Personaggio istrionico e carismatico, De Aloe ha saputo ritagliarsi un ruolo a sé stante all’interno del panorama nazionale grazie a progetti musicali sempre coinvolgenti, in una felice commistione di arti e generi. Si è esibito in rassegne e festival prestigiosi in tutto il mondo, dalla Cina all’Australia, da Hong Kong al Sudafrica, dallo Zimbabwe al Mozambico, dal Madagascar al Brasile passando per il Cile, e in tutta  Europa. Ha suonato con alcuni dei più importanti jazzisti internazionali e italiani (Kurt Rosenwinkel, Adam Nussbaum, Eliot Zigmund, Michel Godard, Jesper Bodilsen, Niklas Winter, Mike Melillo, Don Friedman, Garrison Fewell, Enrico Rava, Enrico Pieranunzi, Paolo Fresu, Bruno De Filippi, Franco Cerri, Renato Sellani, Gianni Coscia, Gianni Basso, Dado Moroni ma non solo) e con alcuni protagonisti della scena pop italiana (tra cui Massimo Ranieri), oltre ad avere realizzato spettacoli in solo e colonne sonore per pièce teatrali e documentari e aver collaborato con poeti, scrittori e registi (tra cui Lella Costa, Marco Baliani, Giovanni Veronesi e Paolo Nori).

    Mercoledì 4 dicembre 2024
    Busto Arsizio (Va), Teatro Sociale Delia Cajelli, via D. Alighieri 20.
    Ore 21. Ingresso libero con libera donazione.
    Max De Aloe Quartet – Un concerto lungo 25 anni
    Max De Aloe (armonica cromatica e fisarmonica), Roberto Olzer (pianoforte), Marco Mistrangelo (contrabbasso), Nicola Stranieri (batteria).
    Informazioni: management@abeatrecords.com; cell: 3478906468.
  • Camp Winter Jazz: a lezione di musica, tra didattica, laboratori  e studio intensivo, dal 3 al 5 gennaio 2025 al CEMM di Bussero (Mi)

    Camp Winter Jazz: a lezione di musica, tra didattica, laboratori e studio intensivo, dal 3 al 5 gennaio 2025 al CEMM di Bussero (Mi)

    Lezioni di tecnica strumentale, musica d’insieme, workshop ma non solo: il CEMM di Bussero organizza tre giorni di studio 
    con alcuni dei più noti jazzisti italiani, da Pietro Tonolo a Dario Deidda, da Massimo Manzi a Walter Donatiello  

    MILANO – C’è tempo fino al 31 dicembre per iscriversi ai Camp Winter Jazz, organizzati come di consueto dal CEMM, scuola di musica tra le più note e prestigiose in Italia, in programma a Bussero, alle porte di Milano, dal 3 al 5 gennaio prossimo: tre giorni di lezioni e di studio aperti a tutti i musicisti, professionisti e amatori, e agli studenti iscritti alle scuole di musica, agli istituti musicali di alta formazione e ai Conservatori.
    Le lezioni, a cura di alcuni dei musicisti più preparati e qualificati della scena nazionale, come il batterista Massimo Manzi, il bassista Dario Deidda, il sassofonista Pietro Tonolo, il chitarrista Walter Donatiello e il pianista Valerio Silvestro, si svolgeranno dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17 nelle giornate di giovedì 3 e venerdì 4 gennaio, dalle ore 9.30 alle 12.30 sabato 5 gennaio. I corsi del mattino saranno rivolti allo studio dello strumento e al canto e comprenderanno anche alcuni laboratori. Ogni insegnante si focalizzerà sullo sviluppo di argomenti e aspetti del proprio strumento che generalmente non vengono affrontati durante le ore di lezione curriculare. Le sessioni pomeridiane saranno dedicate, invece, ai gruppi di musica d’insieme (gli studenti verranno suddivisi in gruppi omogenei in base al loro livello di preparazione). Come sempre, inoltre, nelle ore libere il CEMM offrirà agli iscritti la possibilità di usufruire degli spazi della scuola per chi vuole approfondire lo studio o, semplicemente, per suonare insieme agli altri allievi al di fuori delle lezioni. Alla fine dei Camp Winter Jazz, i partecipanti riceveranno un attestato di frequenza e i crediti formativi.
    Walter Donatiello è il direttore didattico e il fondatore del CEMM, realtà attiva da oltre vent’anni e in continua evoluzione. I dipartimenti della scuola sono strutturati e coordinati da musicisti provenienti da tutta Europa, che amano condividere le proprie esperienze, personali e professionali, e confrontarsi con gli studenti: «I Camp Winter Jazz sono, per così dire, la sessione invernale dei laboratori e dei workshop che ogni estate organizziamo, ormai da molti anni, a Bucine, in provincia di Arezzo, e che sono frequentati da un numero sempre crescente di partecipanti. La nostra offerta formativa coniuga lezioni di tecnica strumentale e di musica d’insieme. Inoltre garantiamo ai nostri iscritti la possibilità di trascorrere intere giornate accanto a grandi professionisti del settore, con lo scopo di favorire la didattica di specializzazione e l’approfondimento di aspetti fondamentali del fare musica quali la composizione, l’improvvisazione e l’interplay. Le giornate di studio intensivo che organizziamo consentono di approfondire argomenti a cui, durante le tradizionali ore di lezione, non viene dedicata la giusta attenzione».
    Il costo d’iscrizione ai Camp Winter Jazz è pari a 350 euro. Maggiori informazioni: www.cemmusica.comsegreteria@cemmusica.com; tel. 0295039675; 3471759854.