Category: Comunicati

  • “E Staje cu Mme” di Gianni Negri: una canzone che racconta il coraggio di restare

    Un abbandono totale all’amore. “E Staje Cu Mme”, il nuovo singolo di Gianni Negri (PaKo Music Records/Believe Digital), è la sintesi di ciò che, in fondo, non si può sintetizzare: la presenza dell’altro che diventa essenziale, il bisogno che non si dice, ma si riconosce.

    Un saluto trattenuto sulla soglia, le mani che non si lasciano, anche quando tutto attorno è in frantumi. Per la prima volta nella sua carriera, il cantautore e polistrumentista partenopeo scrive e interpreta un brano interamente in lingua napoletana, aprendo un nuovo capitolo della sua traiettoria artistica. Una scelta che non è solo stilistica, ma identitaria: un ritorno alle radici, un gesto affettivo, un’affermazione di appartenenza, di fedeltà a ciò che resta, anche quando il tempo e il rumore provano a mettere a tacere ciò che conta davvero.

    Con la produzione di Valerio De Rosa, “E Staje Cu Mmme” non si limita a raccontare un sentimento, ma lo attraversa e lo assume per intero: nella gioia, nella fragilità, nell’urgenza di esserci nonostante tutto. Una dedica intima a chi c’è, non per obbligo, ma per scelta. Un suono essenziale, capace di sostenere il testo senza spegnerne il respiro, senza invaderlo, accompagnandolo con equilibrio e misura, lasciando spazio al senso.

    «“E Staje Cu Mme” – spiega Gianni Negri – è una carezza che arriva dopo il rumore, dopo i giorni in cui si dubita perfino di sé. È il mio omaggio a chi c’è, a chi non si tira indietro anche quando sarebbe più semplice farlo.»

    Nel panorama odierno, dove i dati ISTAT confermano un calo costante dei matrimoni e un aumento delle separazioni (+31,2%), “E Staje Cu Mme” si impone come una contro-narrazione: un invito a custodire l’intimità non come rifugio ma come scelta consapevole. Una canzone che non celebra l’inizio dell’amore, ma la sua tenacia nel tempo, quando l’incanto iniziale lascia spazio alla realtà, e rimanere accanto a qualcuno diventa un atto di volontà e di cura. Scegliersi, dichiararsi necessari a vicenda non è solo romanticismo: è un gesto che, oggi, può considerarsi quasi rivoluzionario.

    In un tempo in cui i legami sembrano fragili, le relazioni sentimentali vengono spesso archiviate alla prima incrinatura, e molti brani raccontano l’amore come ossessione o salvezza, “E Staje Cu Mme” si muove su un piano più adulto: quello della presenza. Non c’è l’idealizzazione dell’altro, ma la presa di coscienza che amare davvero significa accettarne i silenzi, la distanza, le differenze. Questo brano suggerisce un’altra strada: un legame che si fortifica attraverso la fragilità, e trova senso proprio nel riconoscimento reciproco. Perché il silenzio, ancor di più delle parole, diventa il luogo dove si misura la mancanza:

    «Luntano a te nun sacc’ stà, pecchè o silenzio me fa chiagnere»
    («Lontano da te non so stare, perché il silenzio mi fa piangere»)

    Ma “E Staje Cu Mme” non è una risposta nostalgica. È un gesto presente, quotidiano. Una canzone che non mitizza, ma riconosce. E per questo arriva.

    «Pecché tu si na parte e me, pecché pur’ io so’ parte e te»
    («Perché tu sei una parte di me, e anch’io sono parte di te»)

    Dopo anni di pubblicazioni in italiano, Gianni Negri sceglie il napoletano per dire ciò che in italiano non suonerebbe allo stesso modo. Una lingua che scava, che trattiene, che sa toccare senza invadere:

    «Scrivere in napoletano è stato come tornare a casa – spiega l’artista -. Ogni parola ha un peso diverso, più viscerale. Alcune cose si possono dire solo così.»

    Negli ultimi anni, la lingua napoletana ha conosciuto una nuova primavera, anche grazie a fenomeni mainstream che l’hanno riportata al centro dell’industria discografica nazionale. Ma qui non si rincorre alcuna tendenza: “E Staje Cu Mme” è un ritorno necessario, non un calcolo.

    Una storia che parla a chi sa che amare non significa trattenere, ma esserci senza clamore. A chi ha imparato che il sentimento più sincero, genuino e profondo non sta e non si misura nelle promesse, ma nei gesti silenziosi che non chiedono, ma affermano. A chi ha capito che l’amore vero non è quello che accade, ma quello che si costruisce. Non si tratta di restare a ogni costo, ma di comprendere quando l’altro è parte di noi, anche nella difficoltà.

    «E nun me lass’ maje sti mane, pure si fora ’o tiempo è scuro e fa paura»
    («E non lasciarmi mai le mani, anche se fuori il tempo è buio e fa paura»)

    Un verso che non invoca, ma dichiara: anche nei giorni incerti, la vicinanza può essere una scelta, non una conseguenza.

    «Pecché tu si na parte e me, pecché pur’ io so’ parte e te»
    («Perché tu sei una parte di me, e anch’io sono parte di te»)

    Una frase che non serve spiegare. In poche parole, la definizione più semplice e disarmante dell’amore maturo: non qualcosa che si possiede, ma qualcosa che ci compone. Un riflesso condiviso. Un’identità che si crea insieme, nella continuità di una presenza che non cerca definizioni. Una fiducia che non cerca continue conferme. Una vicinanza che, anche nel buio, diventa appiglio.

    Un appiglio che non nasce dalla dipendenza, ma da quel tipo di amore che non ha bisogno di essere perfetto per essere vero. Una quotidianità che si regge sulla scelta di continuare a esserci anche nei momenti opachi, nei giorni che non brillano.

    Dopo aver duettato con Laura Pausini nella versione napoletana di “Durare” e una serie di pubblicazioni che ne hanno affinato il profilo autoriale, Gianni Negri si conferma come una delle voci che meglio stanno riscrivendo il cantautorato italiano contemporaneo, tra lingua, appartenenza e scrittura.

    È questo, forse, il messaggio più autentico di “E Staje Cu Mme”: l’amore che diventa solido non perché è perfetto, ma perché è condiviso anche nei giorni storti, nei silenzi, nelle esitazioni. Un brano che riporta l’attenzione su temi che riguardano la costruzione di un rapporto duraturo, fatto di presenza quotidiana, imperfezione condivisa, e dialogo silenzioso tra due anime che scelgono di riconoscersi ogni giorno. Perché restare, nonostante il buio, nonostante le crepe, è un atto di bellezza e resistenza. E in questo, la canzone ci suggerisce che l’intimità, oggi più che mai, è un atto rivoluzionario.

  • Chi aspetta ama due volte: Marino Alberti lo racconta in “Ho Aspettato”

    Ha calcato i palchi con Loredana Bertè, Emma Marrone, P.F.M. e Patty Pravo. Ha firmato brani prodotti con musicisti di livello internazionale come Faso (Elio e le Storie Tese), Lewie Allen (Sam Smith, Elton John) e Riccardo Kosmos (Achille Lauro). Oggi, dopo oltre 2,5 milioni di stream accumulati con i suoi ultimi lavori, Marino Alberti torna con un nuovo singolo che non celebra l’amore, ma lo mette in pausa. “Ho Aspettato” è una ballata sospesa, delicata e tagliente al tempo stesso, che racconta l’amore atteso, idealizzato, proibito – quello che, pur non accadendo, resta addosso e si sedimenta più di qualsiasi storia vissuta.

    Una canzone che non si concentra sul sentimento dichiarato, ma su quello trattenuto, inespresso. Che non parla di relazioni concluse, ma di quelle rimaste irrisolte, consumate solo in parte. Un brano che punta dritto a una domanda che molti evitano: quanto tempo possiamo restare fermi ad aspettare un ideale di amore che forse non arriverà mai?

    Una narrazione che si lega a un vissuto comune e trasversale: quello di chi, in un’epoca iperconnessa, si sente più solo che mai. L’amore come antidoto alla solitudine, che si proietta sull’altra persona, anche senza conoscerla davvero.

    Una forma di attesa silenziosa che, nella frenesia contemporanea, appare quasi paradossale, ma trova riscontro nei dati più recenti. Secondo l’Istat, infatti, oltre il 45% degli italiani tra i 30 e i 50 anni ha dichiarato di aver vissuto almeno una relazione immaginata o idealizzata, spesso mai concretizzata. Una tendenza che racconta molto del nostro tempo: connessioni sempre più virtuali, sempre più incerte, dove si finisce per amare un’idea più che una persona.

    In un periodo storico in cui anche pulsioni ed emozioni passano attraverso chat effimere e fantasie digitali, “Ho Aspettato” si interroga su quanto siamo ancora disposti a restare — anche da soli — davanti alla porta di un amore che non bussa.

    È in questo contesto che “Ho Aspettato” diventa un documento, uno spaccato attualissimo. Una voce fuori campo che non vuole e non pretende di spiegare, ma sceglie di dare spazio a ciò che spesso resta relegato ai margini: amori imperfetti, incompleti, non ricambiati. Non cerca di risolvere il paradosso, ma lo nomina. Lo attraversa, lo canta. E nel farlo, restituisce dignità a quell’amore “minore”, troppo spesso ignorato perché a senso unico.

    «Aspettare è una forma di amore che nessuno celebra – dichiara l’artista –. Non volevo raccontare una storia riuscita, perché quelle si raccontano da sole. Volevo volgere lo sguardo a chi ha aspettato in silenzio, amando senza sapere se sarebbe mai bastato. Forse è questo l’amore che ci segna di più: quello costruito nella mente e vissuto nel cuore, senza mai riuscire a portarlo alla luce. Un amore che non si chiude, che resta aperto. E forse, proprio per questo, insegna tanto, su di noi e sulla nostra capacità di donare senza chiedere nulla in cambio.»

    La produzione, firmata dallo stesso Alberti, conserva l’essenzialità di un brano scritto con pudore e urgenza. Una melodia circolare, che gira intorno a poche parole, a pochi accordi, come se lo scorrere del pezzo volesse imitare quello dell’attesa: lento, reiterato, sospeso.

    Da qui nasce anche il senso del testo, un testo per chi ha amato, ama o amerà. Un testo che non cerca di compiacere, di offrire risposte o verità assolute, ma accompagna. E in un tempo che chiede sempre certezze immediate, accettare l’incertezza è già una forma di libertà.

    Una canzone per chi ha amato in silenzio, per chi ha rimandato, per chi ha tenuto acceso un sentimento senza sapere se avrebbe mai avuto un seguito. Per chi ha cercato amore vero e non solo idealizzato. Per chi ha voluto credere, pur sapendo.

    Con questo nuovo progetto, accompagnato dal videoclip ufficiale diretto da Nicola “G. Man” Togni, Marino Alberti si conferma tra i cantautori italiani più attenti a ciò che accade dentro e fuori le canzoni.

    «La vita è un battito e non bisogna mai aspettare – conclude -. Ma una sola cosa al mondo vale davvero la pena di essere aspettata. L’Amore.»

    “Ho Aspettato” ci invita a riconoscere il valore delle attese, anche quando sembrano inutili. Perché, in fondo, tutti siamo stati lì: a sperare, a proiettare, a inseguire un sentimento che forse era solo nella nostra mente, ma che ci ha fatto sentire vivi.

  • Pop punk e amore vero: Comeilmiele presenta “Pazza di te”, inno di una generazione

    Disponibile dall’11 aprile su tutte le piattaforme digitali “PAZZA (di te)”, nuovo singolo dell’artista romana Comeilmiele: un manifesto di questa generazione contorta, dove è più facile dire “non ti odio” piuttosto che “ti amo”, dove rincorrersi è la regola, ma trovarsi è un lusso raro. Il brano che unisce il pop punk graffiante alle sonorità dell’indie-pop, raccontando senza filtri l’amore allo stato puro: folle, instabile, dannatamente vero.

    Una canzone nata da un’idea originale e speciale: un regalo di San Valentino diverso dal solito. In un mondo dove il regalo perfetto sembra sempre sfuggire, Miele ha trovato la risposta alla domanda: “Cosa si può regalare a un musicista se non una canzone?”“PAZZA (di te)” è dunque il risultato di un sentimento autentico, un gesto d’amore che si traduce in musica. Miele ha scritto questa canzone per Marco, il suo compagno nella musica, ma anche nella vita.

    “La canzone, intensa e delicata, racconta con sincerità le sfumature di una relazione partita da una profonda amicizia che si è evoluta nel tempo dopo sei anni di vita condivisa piena di emozioni e di sfide, tra alti e bassi, ma sempre con il cuore come guida. Un brano che celebra non solo l’amore romantico, ma anche la bellezza di un legame che ha radici solide nell’amicizia e nella complicità. Se anche tu hai mai amato così, allora questa canzone è per te”. – Comeilmiele.

    CREDITS
    Testo: Miele Gulli
    Musica e arrangiamento: Miele Gulli, Marco Savini 
    Produzione: NoSaintz
    Chitarre: Marco Savini
    Copertina e foto: Artemisia Group
    Label: Maionese Project/Matilde Dischi
    Distributore: Artist First

    CHI È COMEILMIELE?

    “Ciao! Piacere sono Miele. Sì, mi chiamo proprio così. No, non è un nomignolo e no, mia cugina non si chiama ‘marmellata’, sono l’unico alimento della mia famiglia. In arte però mi chiamo Comeilmiele, classe ‘98, Roma, Ostia per la precisione. Sono inciampata nel panorama musicale romano nel 2020 e da allora ‘armata di piano in spalla’ alla Venditti e di Lele il mio ukulele ho iniziato a condividere emozioni e parole. La mia musica è per chi non si fa buttare giù dalle salite o dalle buche (come a Roma) che trova sul percorso, ma che le avversità le prende a morsi”. 

    Comeilmiele è un progetto fresco che punta a strappare un sorriso a chiunque sia in ascolto. Ha iniziato a studiare musica a 5 anni, grazie a sua zia acquisita Paola, ha iniziato dal piano che non l’ha mai abbandonata. Ha sempre scritto canzoni, canzoni che però non cantavo lei, era troppo timida. Finché a 17 anni la cantante della sua band si sente male durante un live e io deve prendere il suo posto perchè era l’unica a conoscere le canzoni, avendole scritte. Da lì nasce l’amore odio per il canto. Amore/odio perchè avendo iniziato tardi a cantare ha dovuto addestrare e educare la sua voce, un po’ come un pantofolaio campione di serie tv che decide di diventare un atleta. Da lì a poco il primo palco, con le canzoni e il primo contatto con il pubblico, le loro emozioni e le sua. Fu amore a prima vista, i live sono diventati fondamentali per la mia musica e per condividere tutto ciò che sentiva.
    Alla fine la sua musica l’ha portata a sentirsi a casa anche su palchi come Largo Venue (Roma), ALCART in apertura a Francesca Michielin (2023), Giardini Margherita (Bologna), Ariston (per Area Sanremo 2022) Barbayenne (Bari), Stazione Birra (Ciampino), Sunday I’m in Love (tour calabrese).

    Formazione
    Miele Gullì: voce tastiera
    Marco Savini: chitarra

  • Martina Sergi si prende la scena con ‘One in a Lifetime’, un viaggio emotivo tra sogno e realtà”

    Martina Sergi si prende la scena con ‘One in a Lifetime’, un viaggio emotivo tra sogno e realtà”


    La cantante Martina Sergi torna a sorprendere il pubblico con il suo nuovo singolo One in a Lifetime, in uscita il 18 aprile. Il brano è un inno alla vulnerabilità e alla forza che nasce dal riconoscere l’unicità di certi momenti della vita. una scrittura intima e minimale. Martina si conferma una voce da tenere d’occhio nel panorama musicale emergente italiano e si conferma come una delle voci più autentiche della scena musicale italiana. Con il suo nuovo singolo ‘One in a Lifetime’, ci regala un brano intenso, ricco di emozioni e di un sound fresco che mescola pop e influenze indie. Un pezzo che invita a vivere ogni momento come se fosse unico. La sua voce calda e coinvolgente si fonde con una melodia orecchiabile, creando un brano che si ascolta e si riascolta con piacere. ‘One in a Lifetime’ è un titolo che rispecchia perfettamente il messaggio di unicità che l’artista vuole trasmettere. Con questa nuova uscita, Martina dimostra ancora una volta di saper scrivere canzoni che parlano al cuore. La produzione curatissima nel dettaglio curata da Andy Milesi, arrangiamenti di rara bellezza e classe curati nel dettaglio dal Maestro Giovanni Nicotera e il testo toccante rendono ‘One in a Lifetime’ un singolo destinato a lasciare il segno nel panorama musicale del 2025. La cantante ha anticipato che il brano nasce da un momento di riflessione personale, e si sente tutta questa sincerità nella sua interpretazione. 

  • ESCE IL 18 APRILE 2025 SU TUTTE LE PIATTAFORME DIGITALI L’ALBUM D’ESORDIO “POLISTIRENE” (Trip-hop / Industrial)

    Dopo la pubblicazione del primo singolo Esagramma 47, la band POLISTIRENE annuncia il disco d’esordio omonimo, in uscita il 18 aprile 2025 su tutte le piattaforme digitali di streaming musicale.

    Il progetto nasce dall’incontro tra Irene Cavazzoni Pederzini (voce e testi), Billy T. Cooper (chitarra, elettronica) e Paolo Palmieri (basso).

    Provenienti da esperienze musicali differenti ma affini, i tre musicisti danno vita a un sound che richiama gruppi come Nine Inch Nails e Massive Attack. Con una forte matrice trip-hop e industrial, i POLISTIRENE sperimentano contaminazioni dub, metal ed elettroniche, raggiungendo la loro forma definitiva grazie alla produzione di Luca “Vicio” Vicini (Subsonica).

    Il disco affronta tematiche complesse e attuali, esplorando il rapporto predatorio tra esseri umani, e la relazione profonda tra corpo e identità, dove il corpo è inteso come spazio di espressione politica e personale.

    I testi si muovono tra simbolismi ed evocazioni esoteriche: tarocchi, pantheon egizio, giochi di ruolo e riferimenti a culture alternative. Ogni traccia è una vera e propria “riflessione-ribellione”, un tentativo di liberarsi da una condizione di stallo e passività. Il nome stesso del gruppo e il titolo dell’album racchiudono questa tensione.

    (POLISTIRENE; credits: Snovonne @Sno Drake Design & Media)

    “Il POLISTIRENE è un materiale inerte,

    impotente di fronte al cambiamento.

    Da un lato, afferma il bisogno di liberarsi dall’apatia;

    dall’altro, esprime il desiderio di

    autodeterminazione, individuale e collettiva.

    Riconoscere il decadimento è il primo passo per trasformarlo.

    (POLISTIRENE)

    POLISTIRENE è anche un progetto visivo e multimediale: una distopia mediatica costruita con immagini generate tramite intelligenza artificiale e rendering 3D, ambientata in uno scenario in cui un volo PAN-AM con destinazione ignota diventa simbolo di smarrimento e riflessione. L’intento è quello di interrogarsi in modo creativo e critico sullo statuto di verità delle immagini nell’era digitale: per questo, è stato scritto un MANIFESTO-MUSICALE-SINTETICO.

    “POLISTIRENE”

    CREDITS

    Musiche di Irene Cavazzoni Pederzini, 

    Billy T. Cooper, Paolo Palmieri

    Testi di Irene Cavazzoni Pederzini

    Prodotto da Luca ‘Vicio’ Vicini presso Punto V Studio
    Masterizzato da Giovanni Versari presso La Maestà Studio

    ©&℗ POLISTIRENE 2025 Distributed by Mastafive/Believe

    POLISTIRENE BIOGRAFIA

  • Da lunedì 21 aprile 2025, disponibile il nuovo album ButNot 4 Trane sulle piattaforme digitali e in copia fisica

    Dato alle stampe dall’etichetta Wow Records, ButNot 4 Trane è il nuovo disco di un brillante quartetto formato da Aldo Milani (sax soprano e sax tenore), Raffaele Pallozzi (pianoforte), Franco Fabbrini (basso) e Dario Rossi (batteria), presente sulle piattaforme digitali e acquistabile anche in formato fisico da lunedì 21 aprile. Aldo Milani, Raffaele Pallozzi, Franco Fabbrini e Dario Rossi sono quattro valenti musicisti, di sicuro talento, che hanno dato vita a un progetto discografico fortemente ispirato a quattro figure leggendarie del jazz: Wayne Shorter, Herbie Hancock, Thelonious Monk e Steve Swallow. Un album che consta di composizioni originali autografate dal quartetto, improntato su una concezione moderna del jazz, senza mai perdere il senso dello swing. Even Eight, funk e non solo caratterizzano stilisticamente il CD, in cui ognuno dei componenti fornisce un apporto fondamentale sul piano delle sonorità e dei propri gusti musicali.

    Milani, Pallozzi, Fabbrini e Rossi raccontano la genesi e descrivono il mood dell’album: «ButNot 4 Trane si configura come un raffinato gioco linguistico e concettuale, in cui convergono le molteplici identità musicali del nostro quartetto. Il titolo si articola su più livelli: da un lato l’allusione a But Not (For Me), celebre standard di George Gershwin e simbolo di una tradizione jazzistica consolidata. Dall’altro, il numero 4, la sintesi numerica della formazione cameristica del quartetto. Infine la citazione di Trane, “pseudonimo” di John Coltrane, figura cardine e inesauribile fonte d’ispirazione per l’approccio improvvisativo e la poetica sonora che permeano il nostro lavoro. Al tempo stesso, nome del progetto e titolo dell’album, ButNot 4 Trane, diventa luogo simbolico d’incontro fra generazioni differenti, poetiche compositive eterogenee e visioni estetiche complementari. Il risultato è un’opera coesa, intensa e consapevole che restituisce all’ascoltatore l’eco di una ricerca autentica, profondamente radicata nella tradizione, ma orientata verso una costante tensione innovativa. Un esordio che, pur nel suo equilibrio formale, rivela una spiccata maturità espressiva e una chiara identità artistica».

  • “Mancanza” è il nuovo libro di poesie di Marziano Vicedomini

    È disponibile in libreria e negli store digitali “Mancanza”, il nuovo libro di poesie di Marziano Vicedomini, pubblicato da La Corte Editore.  Un viaggio tra assenze e attese, dove la poesia trasforma il dolore in parola e l’assenza in presenza. Ogni verso è luce e ombra, un frammento d’infinito che ci ricorda che, anche nel vuoto, resta sempre qualcosa da dire.

    Michela Tanfoglio, CEO & Founder dell’agenzia letteraria EditReal, commenta: “Un’opera di rara urgenza, in cui la parola si fa materia viva, pensiero, suono. La voce di Vicedomini è autentica, inquieta, attraversata da filosofia e radici mitologiche. Un amore feroce, parole gentili ma potenti: poesia che lascia il segno”.

    SINOSSI

    Mancanza è una raccolta poetica che nasce da un vuoto esistenziale, da una tensione profonda tra ciò che è e ciò che si desidererebbe fosse. Le poesie di Marziano Vicedomini sono frammenti di verità emotiva, affondi nell’anima, grida sussurrate e pensieri non detti che trovano forma in versi essenziali e potenti.

    Il libro non segue una struttura narrativa rigida: è un viaggio interiore, un percorso fatto di rivelazioni, contrasti, amore, dolore e desiderio di giustizia. Le parole di Vicedomini si muovono tra filosofia, introspezione e mitologia, restituendo al lettore una poesia che interroga e consola, che sfida e accoglie. Ogni componimento è una risposta possibile alla domanda che abita tutta l’opera: essere o avere?

    Mancanza non pretende di insegnare, ma di condividere. Di colmare uno spazio. Di dare voce a ciò che spesso resta inascoltato. È poesia che nasce dal bisogno profondo di comprendere e di esistere pienamente, in un mondo che spesso dimentica l’umano.

     

    BIOGRAFIA

    Marziano Vicedomini è nato a Gragnano (Napoli) nel 1972. Dal 2022 risiede a Castellammare di Stabia, dove esercita la professione di avvocato penalista con studio legale in loco. Si laurea in Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli nel marzo del 1998, intraprendendo sin da subito la carriera forense.

    Nel 2023 pubblica la sua prima raccolta poetica, Io, Due, Nessuno. Nel 2025 pubblica la sua seconda raccolta, Mancanza, edita da La Corte Editore. Il libro è stato proposto al Premio Strega Poesia 2025.

  • Scrivere anche quando nessuno legge: la rivoluzione di “Anche se piove (platinum version)”, il nuovo singolo della 17enne Shaza prodotto da Roberto Costa

    “Ti amo” ripetuto 14 volte senza pausa, come un mantra, come un urlo silenzioso. Sussurrato, urlato, scritto nell’acqua e cancellato dalla pioggia. Si apre così la platinum version di “Anche se Piove”, il nuovo singolo della giovane cantautrice comasca Shaza, che segna il suo esordio discografico ufficiale con Watt Musik Records, sotto la produzione di uno dei nomi più rilevanti della musica italiana: Roberto Costa.

    Una dichiarazione ostinata e fragile, un atto d’amore gettato nel vento, che in questa nuova veste prende forma grazie alla produzione di Roberto Costa: bassista, arrangiatore e produttore di riferimento della scena nazionale, che ha plasmato il suono di Lucio Dalla, al suo fianco per oltre trent’anni. Nel suo percorso anche Ron, Ivan Graziani, gli Stadio, Luca Carboni, Matia Bazar, Mina e Gianni Morandi. Una carriera che attraversa decenni di musica italiana, oggi al servizio di una nuova generazione.

    Quella di Shaza è la lettera mai letta di una ragazza che si sente invisibile. Lo si intuisce da un dettaglio, un inciso tra i versi lasciato quasi in disparte, eppure impossibile da ignorare: «Gli scrive una lettera ma l’acqua la scioglierà». È la voce di chi aspetta senza farsi notare, di chi ama senza clamore, senza essere visto. Una protagonista maldestra e disarmata, goffa e sincera, che rincorre un amore distratto e inciampa nel tentativo di spiegarsi, di farsi sentire. Le parole ci sono, ma si perdono. Come se non bastassero mai.

    «Anche se piove e scompaiono le mie parole, il mio amore per te non muore». Una dichiarazione che non chiede risposta, e che trova forza proprio nel silenzio. Perché anche quando tutto svanisce, l’amore resta. E scriverlo — anche se nessuno lo leggerà — è già un modo per non perdersi, per restare fedeli a ciò che si prova. Perché certe parole, anche se si dissolvono, dicono di più di chi le ha scritte che di chi le riceve.

    Con questa Platinum Version, Shaza rilegge una canzone già pubblicata nel 2023, affidandola alla sensibilità musicale di Costa. Ne nasce una ballata a mezz’aria tra esitazione e coraggio, dove l’arrangiamento lascia spazio al respiro del testo, senza forzarlo. È un passaggio di crescita, di maturazione consapevole, che racconta una diciassettenne capace di usare la musica per nominare ciò che non trova posto altrove. Con una nuova lucidità: quella di saper scegliere le parole, e il modo giusto per farle arrivare.

    In un’epoca in cui si parla di iperconnessione ma cresce l’isolamento tra i giovani, “Anche se Piove (platinum version)” diventa la voce di chi non viene ascoltato, portando al centro una dinamica fin troppo comune tra gli adolescenti: l’amore non corrisposto, l’invisibilità percepita, il bisogno di esprimersi anche quando non si attende una risposta. Secondo l’ISTAT, infatti, oltre un terzo degli adolescenti italiani tra i 14 e i 19 anni ammette di sentirsi spesso escluso nei contesti sociali. Un disagio che si acuisce ancora di più quando si parla di sentimenti.

    Un terreno comune che Shaza conosce bene:

    «Questa canzone nasce da quella sensazione di urlare qualcosa che però non viene ascoltato – racconta –. Ho sempre pensato che, anche se il mio messaggio si perdesse nella pioggia, valesse comunque la pena scriverlo. Perché certe parole servono prima di tutto a chi le dice.»

    “Anche se Piove (platinum version)” si fa simbolo di chi scrive lettere senza risposta, di chi ama senza far rumore, di chi lotta per un’emozione, anche quando tutto sembra suggerire il contrario.

    Shaza non è solo una cantautrice. Studentessa al liceo artistico di Appiano Gentile (CO), coltiva la musica parallelamente all’arte visiva, e questo approccio si riflette nella costruzione dei suoi brani: ogni parola è scelta come un colore su tela, ogni suono è un dettaglio che compone un’immagine.

    Questa visione attraversa anche il videoclip ufficiale del brano, prodotto da Antonio Isaldi per IsyFilm e diretto da Jordan BK, che trasla sul piano visivo quell’universo interiore fatto di attese, lettere sciolte dall’acqua, treni persi. Un’estetica che richiama la malinconia romantica di un certo cinema europeo, tra le atmosfere sospese di Kieslowski e i silenzi narrativi di Rohmer.

    È da questo intreccio tra musica e identità che nasce un percorso nuovo: a diciassette anni, Shaza firma con una label indipendente che scommette sul valore narrativo e creativo del progetto. Non un’operazione costruita a tavolino, ma l’inizio di un cammino che affonda le radici nella verità di chi scrive per orientarsi, anche perdendosi dentro il proprio disordine.

    «Non canto mai qualcosa che non ho provato davvero – spiega l’artista, in conclusione –. Per me scrivere è come trattenere il respiro finché non trovi la parola giusta. E quando arriva, senti che puoi ricominciare a respirare.»

    Con “Anche se Piove (platinum version)”, il messaggio arriva senza fragore, ma resta. Esistono ancora canzoni che non cercano di convincere, ma semplicemente di esserci. Anche se piove.

  • Laleza: dal 18 aprile sui digital store il nuovo singolo “Non vieni mai”

    Dal 18 aprile 2025 sarà disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale “NON VIENI MAI”, il nuovo singolo di LALEZA.

     

    “Non vieni mai” è un brano che affronta con sarcasmo una condizione ancora troppo poco discussa: l’anorgasmia, che colpisce non solo le donne, ma anche molti uomini. Un disturbo intimo che spesso è sia conseguenza che causa di un disagio psicologico profondo. Ma c’è di più: i giovani oggi sembrano vecchi prima del tempo, stanchi, apatici, anestetizzati da psicofarmaci e relazioni vuote. Non abbiamo più voglia di fare sesso, e forse neanche di sentirci vivi.

    Spiega l’artista a proposito del brano: “C’è chi mangia come un maiale e non ingrassa mai, c’è chi viene sempre e chi non viene mai. C’est la vie. Confessa, questo inno è anche un po’ tuo, è di tutti noi poveri sfigati nati stanchi, scatole di farmaci ambulanti, prossimi all’ RSA. Godiamoci almeno questa canzone, se il nostro sistema nervoso ci assiste.”

    Biografia

    “Stanca di prescrivere farmaci, ha cominciato a prenderli. Le sue canzoni ne sono la fatale conseguenza.”

    Medico atipico, cantautrice e autrice. Ha scritto per artisti italiani di spicco come J-AX e Donatella Rettore. A livello internazionale, ha lavorato nel mercato musicale francese e collaborato con artisti del mercato asiatico come SNH48 e Produce Pandas.

    Con il suo progetto LALEZA, la sua musica è stata inclusa nella serie globale The Kardashians, in onda su Disney+ e Hulu. Ha inoltre collaborato con Dolce & Gabbana e Mediaset Premium per le campagne musicali dei brand.

    Finalista come autrice al concorso Genova per Voi di Universal Music Publishing, attualmente si dedica al suo progetto artistico, continuando a contribuire a importanti progetti musicali a livello globale.

    I suoi pezzi, frutto di viaggi astrali e psicofarmaci, sono pronti per essere somministrati su larga scala, come un grande esperimento in vivo.

    “NON VIENI MAI” è il nuovo singolo di LALEZA disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale dal 18 aprile 2025.

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  • “C come Coltrane”: suoni, parole e immagini mercoledì 30 aprile a PARCO Milano nel tributo del sassofonista Dimitri Grechi Espinoza a John Coltrane

    Il Polillo ARt COntainer di Milano ospita, in occasione dell’International Jazz Day, un omaggio all’album capolavoro di John Coltrane nell’ambito della rassegna Alfabeto di PARCO: insieme a Dimitri Grechi Espinoza si esibiranno Tito Mangialajo Rantzer (contrabbasso), Aziz Señol Filiz (flauto ney) e Davide Ferrari (voce narrante)

    MILANO – L’International Jazz Day è la giornata in cui, in tutto il mondo, il 30 aprile si celebra il jazz, genere musicale che l’Unesco ha riconosciuto patrimonio immateriale dell’Umanità, in quanto arte capace di promuovere la pace, il dialogo tra le culture, la libertà di espressione e il rispetto per i diritti umani: in questa ricorrenza, il centro culturale PARCO Milano ospiterà l’evento intitolato “C come Coltrane”, sottotitolo “A Love Supreme, an unusual story”, tributo al genio di John Coltrane (inizio ore 20.30, ingresso libero con prenotazione obbligatoria su https://www.eventbrite.it/e/c-come-coltrane-a-love-supreme-an-unusual-story-tickets-1313251924859).

    Si tratta del nuovo appuntamento della seconda edizione della rassegna Alfabeto di PARCO, dedicata alle culture del mondo e agli artisti che hanno rivoluzionato il Novecento. I protagonisti di “C come Coltrane” saranno Dimitri Grechi Espinoza, tra i più originali e interessanti sassofonisti della scena italiana; Tito Mangialajo Rantzer, contrabbassista di lungo corso; il  turco Aziz Señol Filiz, virtuoso del flauto ney, strumento che viene spesso utilizzato nella meditazione e nelle pratiche spirituali; Davide Ferrari (voce narrante), che indagherà il rapporto tra le composizioni e le parole del grande jazzista americano. Inoltre, l’evento sarà impreziosito dalla proiezione di alcuni scatti (realizzati nel corso dell’unica rappresentazione pubblica di “A Love Supreme”, avvenuta ad Antibes) del fotografo Roberto Polillo, instancabile animatore del Polillo ARt COntainer di via Binda 30 (quartiere Barona) e grande appassionato di jazz.

    Considerato uno dei più grandi jazzisti di tutti i tempi, John Coltrane è stato anche una sorta di filosofo della musica, una guida spirituale, un riferimento per tutti coloro che intendono la musica come continua sperimentazione, formale e interiore. Ha cambiato la storia del jazz con album memorabili come My Favorite Things, Giant Steps e Live at the Village Vanguard e nel 1965, con la pubblicazione di A Love Supreme, ha innalzato ulteriormente l’asticella della sua ricerca, sonora e spirituale.  Come ha scritto Ashley Kahn, giornalista e produttore musicale tra i più influenti e autorevoli nel panorama internazionale del jazz, «”A Love Supreme” è il testamento di un’intera epoca, della quale Coltrane ha saputo interpretare tutte le tonalità emotive e sonore: la poliritmia africana propulsiva e catartica, i tempi dilatati del jazz modale, la litania meditabonda del folk orientale, le vampe del free jazz, il calore intimo del blues e la redenzione orgasmica del gospel. Il risultato è un magma incandescente e liturgico, in chiave minore, vertiginosamente preciso, sincronizzato, ma sempre sull’orlo dell’improvvisazione, dell’ignoto. È il jazz spirituale di Coltrane, il suo grido assoluto, una preghiera purissima di amore supremo verso Dio che ha stravolto con la musica le regole e i sentimenti delle generazioni successive, caricandoli di un’inaudita religiosità».

    A far rivivere la musica di Coltrane è stato chiamato il sassofonista Dimitri Grechi Espinoza, che nel corso della sua carriera ha approfondito lo studio della scienza sacra nelle culture tradizionali e la ricerca sul suono, con l’obiettivo di riscoprire il respiro profondo dei luoghi sacri. Afferma Antonio Ribatti, il direttore artistico di Alfabeto di PARCO«A sessant’anni dalla pubblicazione di “A Love Supeme”, cercheremo di comprenderne e interpretarne il significato più autentico attraverso un originale e inedito progetto multimediale, un tessuto di parole, suoni e immagini».

    Alle ore 19, prima dello spettacolo, è in programma un dj set e nel corso della serata sarà attivo il bar, gestito da 10gradinord, storico locale radicato nel quartiere Barona e specializzato in birre artigianali italiane e cibo sostenibile di qualità.
    La seconda stagione della rassegna Alfabeto di PARCO, ideata e realizzata da Antonio Ribatti e da Roberto Polillo, gode del patrocinio del Municipio 6 del Comune di Milano e proseguirà fino all’estate: il prossimo sarà “P come Polinesia”in programma il 21 giugno.

    ALFABETO DI PARCO, stagione 2024/2025
    PARCO, via Ambrogio Binda 30, 20143 Milano
    Ingresso libero.